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Sardinia Film Festival: un cortometraggio sull’uso degli smartphone vince nella sezione “Scuola”

Power off

Power Off altro non è che la storia di una bambina desidera tanto giocare all’aria aperta con la mamma. Ma tra lei e il suo obiettivo si frappone un tremendo nemico che ai giorni nostri sembra imbattibile: lo smartphone.

Un cortometraggio animato, realizzato da Mena Solipano, che tocca uno dei temi più delicati di questi tempi: l’invasività della tecnologia nella vita di tutti i giorni e nei rapporti umani. Ma lo fa dal punto di vista privilegiato del bambino.

Il premio

Power Off è stato premiato come miglior cortometraggio italiano alla XIII edizione del Sardinia Film Festival di Sassari – Sezione Scuola sotto 18 e ha, inoltre, ottenuto la Medaglia del presidente della Camera dei Deputati.

Un prodotto napoletano

Il cortometraggio, della durata di 3 minuti, è napoletano! È stato realizzato infatti nell’ambito del progetto “Scuola Viva” con l’I.C. 70 Marino-Santa Rosa di Napoli, ed è promosso da Arci Movie.

La Solipano ha affidato alle sole immagini – facendo a meno anche della voce narrante per scelta stilistica – il compito di raccontare quello che ha raccolto in prima persona dai ragazzi. “All’inizio del laboratorio didattico – spiega – ho chiesto agli allievi cosa non tollerassero del mondo degli adulti; la risposta è stata unanime: lo smartphone usato in modo improprio dai loro genitori. Ed è proprio questo che abbiamo raccontato in Power Off”.

L’autrice

Mena Solipano non è nuova al racconto della periferia orientale di Napoli: nel 2015 con il corto Il peso sull’anima conclude il suo master in Cinema e Televisione all’università Suor Orsola Benincasa. Dal 2009 collabora con ARCI Movies e dal 2010 è curatrice di laboratori di cinema e animazione cinematografica per bambini e ragazzi presso diversi istituti scolastici napoletani.

Nel corso degli anni ha realizzato circa cinquanta lavori di questo tipo, curandone sia la regia che la scrittura e il montaggio, conseguendo premi nei maggiori festival nazionali di audiovisivi per ragazzi.

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Alternanza scuola-lavoro, il Ministro: “Lavoriamo a nuove linee guida”

generica pallottoliere

Si può dire che Marco Bussetti, attuale Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, abbia detto dal primo giorno del suo insediamento nell’esecutivo gialloverde che “non tutto è da buttare”.

Una sorta di risposta a chi, soprattutto tra chi ha votato Movimento 5 Stelle e Lega Nord, avrebbe volentieri smantellato tutto il lavoro dei due precedenti esecutivi (quelli Pd guidati da Matteo Renzi e Paolo Gentiloni, per intenderci). Tra questi, la tanto criticata Buona Scuola.

Già in audizione al Senato il ministro Bussetti ha ribadito la sua volontà di non cancellare la Buona Scuola dove “c’è qualcosa di buono” e, dalle pagine del quotidiano Prealpina, ribadisce il concetto rispondendo a una domanda sull’Alternanza Scuola-Lavoro. Che, proprio nell’audizione al Senato, veniva commentata così dal responsabile del Dicastero:

“Uno strumento che può essere utile ma se visto come un’opportunità”

Le criticità di Alternanza scuola-lavoro

Perché non è visto come un’opportunità secondo Bussetti? Perché così come si è tradotta è un sistema inefficiente. Per garantirne invece il corretto funzionamento, bisogna puntare su standard di qualità superiori, e un sistema di controlli che permetta di verificare la bontà delle proposte lavorative che possano realmente migliorare la formazione dello studente. Combattere, insomma, l’idea di percorsi che “garantiscano” manovalanza a costo contenuto è una delle priorità di questo Ministero, se vogliamo leggere tra le righe.

Il ministro dell'Istruzione Marco Bussetti
Il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti

Nell’intervista a Prealpina, ribadendo quanto già detto a margine di un intervento alla Reggia di Portici dove Bussetti è stato invitato dall’Università Federico II di Napoli, il Ministro afferma difatti:

“L’alternanza è una forma d’orientamento che mette in contatto i giovani con le realtà del mondo del lavoro e delle imprese. In diversi casi è stata snaturata e si sono perse di vista le finalità formative e la qualità dei percorsi”.

La soluzione?

L’Alternanza scuola-lavoro di renziana creazione quindi resterà, almeno queste sono le intenzioni di Bussetti. Che però annuncia:

“Stiamo lavorando alla revisione delle Linee guida allo scopo di fornire un quadro di regole più definito per tutti gli attori coinvolti”.

Insomma, rivedere le regole per fissare dei paletti. E riprovarci.

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Decreto dignità, una boccata d’aria per i diplomati magistrali. Ma non è finita

palazzo chigi sede governo

Il Decreto Dignità, che entro 60 giorni da ieri in pratica deve essere convertito in legge dalle Camere, ha ottenuto lo scopo di rinviare il problema. L’obiettivo da sempre dichiarato del ministro dell’Istruzione Marco Bussetti era infatti quello di permettere “la regolare partenza dell’anno scolastico”, partenza che sarebbe stata notevolmente in salita con 50mila insegnanti senza laurea improvvisamente messi alla porta dai loro istituti. Cosa che accadrà. Ma la sentenza del Consiglio di Stato è tutt’altro che alle spalle.

Cosa comporta l’approvazione del Decreto Dignità?

L’escamotage con cui si è potuta congelare l’attuale situazione lo avevamo già spiegato in questo articolo di qualche giorno fa.

Il Decreto Dignità ha infatti esteso ai diplomati magistrali quanto previsto dal d.l. 669/96 che concede alle amministrazioni “di ottemperare all’esecuzione di provvedimenti giurisdizionali entro 120 giorni dalla data di comunicazione del titolo esecutivo”.

Quindi “equiparando” (passateci il termine) gli Uffici scolastici regionali alle amministrazioni. In pratica nulla è cambiato dalla sentenza del Consiglio di Stato che – in riunione plenaria – ha sentenziato che il diploma magistrale non è titolo valido per l’assunzione a tempo indeterminato.

Ma è stato preso tempo, 120 giorni: tempo necessario per rimettersi al tavolo e trovare una soluzione che risolva il problema.

Quale soluzione?

La più probabile soluzione che sembra pararsi all’orizzonte prevede un nuovo concorso pubblico. Un concorso che, vista la situazione che si è venuta a creare, potrebbe in qualche modo essere facilitato. Ma è ancora tutto da stabilirsi, anche perché la questione delle diplomate magistrali è delicata e si passa di carta in carta, di legge in legge, di cavillo in cavillo.

Cosa accade a chi è già stato licenziato?

Su qualcuno la mannaia del licenziamento era già calata: il primo caso nel Salernitano, seguito da analoghi provvedimenti nelle Marche e a Pistoia. Il decreto di fatto dovrebbe rendere nulli questi licenziamenti.

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Pensionamento docenti, arrivano le risposte dall’Inps

In merito alla spinosa questione del pensionamento docenti e degli altri dipendenti del comparto scuola, di cui abbiamo già scritto qualche giorno fa, nelle scorse ore sono arrivati i chiarimenti da parte dell’Inps, che da quest’anno ha la competenza dell’accettazione delle pratiche.

I numeri

L’Inps ha comunicato che sono 41mila circa le domande di pensionamento pervenute, il 30 percento in più rispetto all’anno 2017. l’Inps comunica anche che 36.700 domande sono state già accettate con decorrenza dal primo settembre.

E gli altri?

Le restanti 4.100 domande circa sono al momento al vaglio dell’Istituto che sta “provvedendo a ulteriori approfondimenti” insieme agli uffici ministeriali del Miur. Inoltre l’Inps rassicura sulla bontà del lavoro svolto che va a garantire anche il sorpassare di determinati problemi che si erano creati negli scorsi anni. Come riporta TGCom24:

[…] il passaggio dell’attività di certificazione, garantendo la piena certezza del diritto, assicura la coerenza tra diritto verificato in anticipo e diritto in sede di liquidazione della pensione, superando il problema dei disallineamenti che si sono verificato negli scorsi anni.

Resta comunque ad oggi il problema dei 4.100 dipendenti del comparto scuola che non sanno ancora se il giorno 1 settembre potranno finalmente godersi la meritata pensione.

Lo scontro Inps – Bussetti

Quella dell’Inps è – comunque – anche una replica al sapore di smentita alle parole di Marco Bussetti, ministro dell’Istruzione del governo gialloverde.

Sono due i passaggi che in qualche modo contraddicono le dichiarazioni del Ministro. Il primo riguarda le responsabilità dei ritardi nelle comunicazioni, che l’Inps rigetta così:

“Gli esiti delle verifiche sono stati comunicati al Miur, tramite invii dei files contenenti gli elenchi, a partire dal 30 aprile scorso, con contestuale aggiornamento sulle lavorazioni via via effettuate dalle strutture territoriali dell’Istituto”.

Ma non solo.

“Con riferimento alle notizie di stampa riguardanti le presunte diverse modalità di calcolo, si precisa che l’Istituto ha da sempre adottato il criterio dell’anno commerciale per la verifica del diritto a pensione. L’eventuale differente modalità di calcolo adottata dal Ministero in ogni caso può comportare esclusivamente limitate differenze con riferimento ai periodi pre-ruolo riconosciuti con provvedimenti di competenza del Miur”

Si tratta di affermazioni, diffuse nella nota dell’Istituto di previdenza sociale, che vanno a smentire le parole del Ministro di qualche giorno fa.

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Bussetti presenta le linee programmatiche Miur: ecco cosa accadrà

Il ministro dell'Istruzione Marco Bussetti

Nelle scorse ore il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Marco Bussetti in audizione al Senato ha presentato la sua idea di scuola e come intende “riallinearla” nei prossimi anni di mandato.

Il termine “riallineare” non è casuale. In un passaggio, infatti, il neoministro spiega:

“Le riforme recenti si sono susseguite a un ritmo tale che la nuova si affaccerebbe quando ancora non è stata completata la precedente. Più che una rivoluzione, serve un riallineamento”.

Ecco alcuni dei passaggi chiave dell’intervento di Bussetti al Senato sulle linee programmatiche del Miur.

L’accessibilità come mantra del nuovo esecutivo

La scuola deve essere di tutti. Questo è un concetto ribadito più volte durante tutto il discorso di Bussetti, e già anticipato notevolmente dai vari interventi sugli organi di stampa.

Al centro del lavoro del Ministero ci sarà l’abbattimento delle barriere (non solo fisiche) per permettere ai disabili di avere pari accesso all’istruzione e alle attività formative degli altri ragazzi. Per permettere agli allievi meridionali di avere lo stesso grado d’istruzione dei pari età settentrionali (si veda l’esito dell’ultima prova Invalsi per farsi un’idea della situazione attuale). L’utopia è quella di non avere più scuole di periferia e di non perdere i nostri ragazzi prima di una qualifica d’istruzione quantomeno di scuola superiore.

Mano dura con gli alunni violenti e aggressivi

Un frame del video virale che riprende l'aggressione del docente di Lucca (fonte: Google)
Un frame del video virale che riprende l’aggressione al docente di Lucca (fonte: Google)

Ridare centralità alla figura del docente è tra le priorità del nuovo esecutivo. I casi di aggressioni nei confronti dei docenti diventati virali in Rete (non ultimo ma sicuramente emblematico quello di Lucca) hanno difatti messo in luce un problema delicato: quello della mancanza di rispetto nei confronti della figura dell’educatore che in troppe occasioni rasenta o sfocia nel penale.

Sul tavolo del Ministero si studia la possibilità che lo stesso possa costituirsi parte civile nei procedimenti penali che vedono minori, genitori e docenti coinvolti.

L’alternanza scuola-lavoro

“Uno strumento che può essere utile ma se visto come un’opportunità”, questo in sintesi il pensiero del Ministro che non getta via quindi il lavoro pregresso svolto in tal senso. L’impegno del Miur è quello di rivedere l’alternanza scuola-lavoro soprattutto in termini di rispetto degli standard di qualità e sicurezza dei percorsi di introduzione al lavoro offerti ai giovani. Il ché, molto probabilmente, andrà tradotto in maggiori controlli.

Messa in sicurezza degli istituti scolastici

Già previsto dalla Buona Scuola di renziana memoria, il tema della messa in sicurezza delle strutture scolastiche è prioritario anche per il governo gialloverde. L’idea di Bussetti è quella di un piano pluriennale di interventi, finanziati con fondi comunitari e non. Gli ammodernamenti e le eventuali ristrutturazioni dovranno tenere conto di una scuola “a misura di studente” e che sappia essere tecnologicamente all’avanguardia.

E l’università?

L’argomento università è stato solo sfiorato in audizione, per ribadire concetti che possono voler dire tutto o niente. I buoni propositi ci sono: una riduzione totale dei costi per l’accesso e gli studi (con ampliamento di esenzioni totali e sburocratizzazione per l’erogazione delle borse di studio), un maggiore supporto ai dottorandi industriali, un “piano di rientro” dei cervelli in fuga e il potenziamento dei corsi di laurea dedicati alle Stem.

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Ora di religione? Sì, se non è l’ora di catechismo.

ora di religione scuola

Introdotta nel 1929 a seguito dei Patti Lateranensi tra Governo fascista e Santa Sede, e da allora mai cancellata, l’ora di religione cattolica può essere un’ora di crescita personale importante. Attorno ad essa da anni si sviluppa un dibattito importante, in cui le posizioni sono diametralmente opposte. Sono tanti, infatti, a non voler far avvalere i propri figli di questo insegnamento. Ad oggi, in un’Italia multiculturale e in cui il cattolicesimo perde terreno rispetto ad altre religioni, ha ancora senso l’ora IRC (Insegnamento della Religione Cattolica)?

Come funziona oggi l’IRC (Insegnamento Religione Cattolica)?

Attualmente, per quanto riguarda le disposizioni di legge, l’insegnamento di Religione Cattolica non è obbligatorio e chi decide che il figlio non debba avvalersene è consapevole – per obbligo di legge – che questa scelta non deve dar atto a discriminazioni. Si tratta di uno dei pochi aspetti che non è rientrato nella legge della cosiddetta Buona Scuola.

Non solo. ma una sentenza del Tribunale di Padova del luglio del 2010 destinata a fare giurisprudenza afferma che è obbligatoria:

l’attivazione dei corsi alternativi alla Religione Cattolica costituiscono “un obbligo”, che se disatteso pone in essere “un comportamento discriminatorio illegittimo fonte, questo, di responsabilità risarcitoria per l’Istituto Scolastico inadempiente

fonte: Edscuola.

Insomma, sono le scuole a dover garantire un’alternativa a chi non si avvale dell’insegnamento della religione cattolica. Alternativa che, però, spesso non è garantita per mere questioni organizzative.

E se facessimo lo stesso l’ora di religione?

In realtà sono anni che l’ora di religione non è più intesa in senso stretto come ora di religione cattolica. Sebbene viga ancora una certa discrezionalità da parte del docente in ruolo per l’insegnamento, i programmi che vengono proposti sono allargati solitamente a religioni e culture diverse. Insomma, l’ora di religione può diventare un volano per una riflessione più profonda che comprenda valori condivisi e imprescindibili comuni al buon vivere civile.

Questo se – sia chiaro – non si intenda come mera ora di catechismo.

Libri di religione

In catalogo Matacena Libri è possibile trovare una vasta scelta dei volumi per l’IRC di recente realizzazione e tarati sulle necessità dei tempi moderni.

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Iscrizioni scuola 2018/19 e vaccini: come funziona?

vaccinazione bambini scuola

Il Ministero della Salute guidato da Giulia Grillo, in sinergia con il Miur di Marco Bussetti, ha de facto messo mano alla Legge Lorenzin in qualche modo ammorbidendola. Per l’anno scolastico 2018/19 (e solo per questo) l’obbligo vaccinale per l’iscrizione a scuola potrà essere autocertificato dai genitori.

Come funzionava prima?

Il d.l. 73/2017, convertito poi in legge 119/2017, imponeva ai genitori la presentazione di una documentazione ufficiale dell’Asl sull’avvenuta vaccinazione dei figli al momento dell’iscrizione a scuola.

La legge ha sortito l’effetto di aumentare sensibilmente la copertura dei vaccini nella popolazione dei bambini; di contro, ha stressato le Asl che sono andate in sovraccarico di lavoro.

Come funziona ora?

A questa certificazione, ora, può essere sostituita un’autocertificazione realizzata direttamente dai genitori. Più precisamente, la circolare diffusa dal Ministero spiega che per i ragazzi compresi tra i 6 e i 16 anni che non sono alla prima iscrizione e che non devono fare nuovi vaccini e richiami vale la documentazione già presentata. Per i bambini fino ai sei anni invece l’autocertificazione è necessaria.

Le polemiche

Il ministro Grillo ha subito dichiarato che non si tratta di un provvedimento a favore dei “no-vax“, coloro che sono contrari alle vaccinazioni obbligatorie per i propri figli, in quanto l’autocertificazione resta un atto ufficiale e, quindi, in caso di non veridicità dello stesso comporta ripercussioni legali.

Non è stata stabilita, però, alcuna modalità di controllo della veridicità di tali dichiarazioni, il ché lascia qualche dubbio sulla bontà delle dichiarazioni stesse e sulla possibilità di individuare quelle false.

… e per il futuro?

Si tratta, come dicevamo in apertura di articolo, di una soluzione che dovrebbe essere temporanea. Il ministro Grillo ha difatti già messo insieme un gruppo di esperti capitanato da Vittorio De Micheli incaricato di analizzare a tutto tondo il tema vaccini (non solo da un punto di vista medico ma anche e soprattutto da un punto di vista sociale).

L’obiettivo finale del team è quello di fornire utili indicazioni per la revisione della c.d. legge Lorenzin che – comunque – dovrebbe essere uno dei temi dei prossimi mesi di Governo.

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Caos Miur – Inps: migliaia di pensionamenti a rischio

Venticinquemila docenti (quattromila in più rispetto allo scorso anno), 300 dirigenti scolastici e 8000 appartenenti al personale ATA. E le pratiche che passano, di competenza, dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (Miur) all’Istituto Nazionale Previdenza Sociale (Inps). Ma passano male, sembra. Perché spariscono anni di contributi, le comunicazioni non sono precise, e intanto in attesa di capire cosa è accaduto a settembre chi già pregustava il meritato riposo dovrebbe tornare in servizio a scapito di chi invece era stato assegnato al suo posto, che andrà quindi ricollocato.

Insomma, se non si provvede presto a sistemare la situazione, si preannuncia un inizio d’anno scolastico da brividi, completamente immerso nel caos.

Pensioni comparto scuola, cosa è accaduto?

Il passaggio di competenza per quanto riguarda i pensionamenti, da Miur a Inps, non è andato liscio come l’olio. Anzi.

Le richieste di pensionamento, da quest’anno, non vengono più esaminate dagli Uffici scolastici provinciali ma dall’Inps. Una situazione che già un mese fa era molto allarmante, al punto da far istituire a un appena nominato ministro Marco Bussetti un gruppo di lavoro tra Ministero e Inps per facilitare lo scambio di dati e – più in generale – il passaggio di consegne. Ad oggi però, come sottolinea La Repubblica in un articolo, circa 5000 domande sono state rispedite al mittente perché non rispondevano ai requisiti richiesti per il pensionamento. Domande che, a detta dei sindacati, sarebbero lecite e corrette. A mandare in tilt il tutto, quindi, è la nuova organizzazione.

Errori tecnici o umani?

Dicevamo, da quest’anno la palla passa all’Inps. Ma l’Inps, per le verifiche, si basa sulla banca dati del Miur. E la banca dati del Miur, ebbene, “non è sempre aggiornata dalle scuole”.

Quindi se da un lato si parla di problemi informatici, dall’altro comunque c’è la solita enorme mole di lavoro che in tempi di digitalizzazione anziché essere più snella resta tremendamente gravosa per i lavoratori del comparto scuola.

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Invalsi: arriverà la prova di Geografia?

La Prova Invalsi resta, anzi, raddoppia. In un’intervista al Corriere della Sera il ministro Marco Bussetti analizza i risultati dei test Invalsi 2018 e commenta: «Dobbiamo intervenire con estrema sincerità e realismo».

Il riferimento è al grande divario che hanno registrato le performance degli allievi tra nord e sud Italia. Sebbene gli allievi delle scuole primarie abbiano più o meno registrato risultati non troppo altalenanti tra le varie aree del Paese, il gap per le secondarie diventa una preoccupante frattura, con gli studenti campani, calabresi, siciliani e sardi che dal rapporto sull’Invalsi 2018 escono con le ossa rotte: “Una situazione preoccupante”.

Gli interventi

Per ora vaghe le parole di Bussetti che esprime un laconico: “Ci rifletteremo”. Un modo probabilmente per dire che gli esiti del rapporto sulle prove Invalsi 2018 sono ora arrivati sulle scrivanie del Miur e che meritano un’attenzione a parte in un momento di super lavoro da parte del nuovo ministro in quota Lega che in poco più di un mese di mandato si è trovato ad affrontare una serie di criticità non indifferenti, che vanno dal caso delle diplomate magistrali ai concorsi per dirigenti scolastici fino alle modifiche alla Buona Scuola di renziana memoria.

Il test Invalsi resta

Tra le poche certezze che però Bussetti ha dato inequivocabilmente c’è il fatto che il test Invalsi resterà. Amato e odiato al tempo stesso, è una misura importante – anche se non del tutto certa – per avere un termometro dell’attuale situazione educativa e – appunto – apportare le giuste modifiche.

… e raddoppia con la Geografia

Non solo, ma nell’intenzione del Ministro c’è quello di aggiungere al test Invalsi (che ora prevede italiano, matematica e lingua inglese) anche la geografia. Geografia che, però, scompare nel piano didattico di parecchi istituti superiori.

Prepararsi al test Invalsi

In attesa di scoprire come saranno i prossimi test Invalsi e se abbracceranno o meglio altre materie, riproponiamo una buona scelta di tomi didattici per arrivare il più possibile preparati al test:

 

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Test Invalsi 2018, risultati preoccupanti al sud Italia

Nelle scorse ore è stato pubblicato il Rapporto Prove Invalsi 2018 (le prime totalmente separate dagli esami di Stato) e, snocciolando i dati, sembra che esista ancora un gap abbastanza evidente tra nord e sud del nostro Paese, con alcune criticità evidenti in regioni come la Campania, la Calabria e le isole.

I numeri

Come citato dal rapporto, quest’anno hanno partecipato all’Invalsi:

  •  29.337 classi di seconda primaria (grado 2) per un totale di 551.108 alunni;
  • 29.520 classi di quinta primaria (grado 5) per un totale di 562.635 alunni;
  • 29.032 classi di terza secondaria di primo grado (grado 8) per un totale di 574.506 alunni;
  • 26.361 classi di seconda secondaria di secondo grado (grado 10) per un totale di 543.296 alunni.

L’analisi dei risultati

Se per le scuole primarie le differenze non sono particolarmente significative, per le secondarie invece i gap tra le macro aree diventano significativi. Citando testualmente la sintesi del rapporto, infatti, si evidenzia:

I risultati medi delle macro-aree tendono a divergere significativamente tra loro, tendenza che si consolida ulteriormente nella scuola secondaria di secondo grado, riproducendo il quadro che emerge anche dall’indagine internazionale PISA (Programme for International Student Assessment), dove il nord ottiene risultati superiori sia alla media italiana che alla media OCSE, il centro ha un risultato in linea con la media dell’Italia, più bassa della media OCSE, e il sud e le isole hanno risultati inferiori sia alla media italiana che alla media OCSE.

I risultati sono simili tanto per italiano e matematica quanto per la lingua inglese

Calabria, Campania, Sicilia e Sardegna: è allarme

Un’altro accento è posto sulle regioni a rischio: Calabria, Campania, Sicilia e Sardegna registrano difatti prestazioni bassissime. Ma non è solo questo: il rapporto evidenzia infatti che nel primo ciclo di istruzione la variabilità tra scuole e classi al Mezzogiorno è evidente rispetto al settentrione, e che allievi in condizioni socio-economiche peggiori fanno registrare i risultati peggiori.

Preparare alla prova Invalsi

Nel frattempo è sorta una discreta letteratura attorno alla prova Invalsi e esistono diversi libri atti a preparare al meglio ad affrontare questo test i nostri ragazzi.