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In Italia c’è un problema con la scuola dell’infanzia: le iscrizioni

bambino asilo generica

Sulle iscrizioni alla scuola dell’infanzia, l’Italia fa registrare una preoccupante inversione di tendenza. Lo denuncia oggi Tuttoscuola, analizzando come si sia passati “in pochi anni dalla vetta alla crisi di iscritti”. Una tendenza aggravata dal Covid, ma che ha origini precedenti da collegare alla crisi economica degli ultimi anni e non ha nulla a che vedere con il calo demografico trattandosi di dati in relazione sempre ai potenziali utenti. “Una decina di anni fa – scrive la rivista specializzata – il servizio sembrava essere arrivato al top, almeno sotto l’aspetto quantitativo: scolarizzazione quasi al 100% dei nati in età, incremento della frequenza per l’intera giornata, record di bambini iscritti. Education and training nel riportare gli obiettivi di Lisbona per i Paesi dell’Unione Europea indicava nel 2009 un tasso di scolarizzazione dei bambini italiani di età 4-5 anni del 99,8%.

La percentuale di scolarizzazione però è andata diminuendo di anno in anno per toccare nel 2019 il 94,9%, sotto l’obiettivo del 95% fissato dall’Unione”.

Quelli della frequenza della scuola dell’infanzia sono numeri scoraggianti: la stampa specialistica oggi riporta che “nel 2009-10 la percentuale di bambini che partecipavano alle attività educative e didattiche della scuola per l’intera giornata era del 90,4%, poi era andato invece crescendo il numero di bambini che si avvalevano soltanto di mezzo servizio senza nemmeno fruire della refezione e, conseguentemente, la percentuale di frequenza per l’intera giornata nel 2019-20 è scesa all’89,5%”. I motivi si riconducono, indubbiamente, alla “crisi economica che ha colpito soprattutto le famiglie meno abbienti (e spesso con situazione economico-sociale critica) in difficoltà per pagare le rette di frequenza e di mensa. Una difficoltà spesso rilevata soprattutto tra le famiglie straniere.

“La crisi quantitativa di quello che è un fiore all’occhiello della scuola italiana – continua Tuttoscuola – si è tradotta in un minor numero di classi (e quindi anche di docenti): -1.576 classi (-4%) rispetto all’anno 2013/14. Ma ha travolto anche le scuole: negli ultimi anni hanno chiuso circa 1.000 scuole dell’infanzia paritarie – un dato drammatico – ma anche 250 scuole statali dell’infanzia (per lo più monosezioni). I più colpiti sono stati molti piccoli territori, privati completamente del servizio, costringendo numerose famiglie a cercare l’iscrizione in scuole lontane (scuolabus permettendo) o a rinunciare del tutto al servizio”.

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Il problema è che “prima nessuno rinunciava a questo importante servizio, ora un 5% delle famiglie non riesce o non vuole avvalersene. Si alza lo spettro della povertà educativa sulle fasce più deboli della popolazione.
Scomponendo i dati, si può stimare che il crollo di -155 mila alunni rispetto a otto anni fa sia ascrivibile per circa -110 mila al calo demografico e per circa -45 mila ad altri fattori. Evidentemente incidono: fattori economici, sociali e di insufficiente elasticità dell’offerta statale e comunale rispetto al declino delle scuole non statali (che ancora oggi accolgono circa il 36% degli alunni).

Il danno ai giovani che non si avvalgono della scuola fra i tre e i sei anni è altissimo. In questa fascia d’età “si formano alcune delle competenze cognitive, emotive e comportamentali che consentono un positivo inserimento nella scuola primaria e condizionano, secondo alcune indagini longitudinali, anche il successo negli studi superiori e nel lavoro. Inoltre, per quanto ridotta, la percentuale di bambini che non frequentano la scuola dell’infanzia è costituita da soggetti che in larga parte non hanno avuto alcun intervento pedagogicamente significativo nella fascia 0-3, altrettanto decisiva per un equilibrato sviluppo delle competenze linguistiche di base. Si tratta di bambini a rischio di emarginazione prima scolastica e poi sociale”.

Anief continua a sostenere l’esigenza di intervenire. La mancata frequenza della scuola in tenera età è infatti in alto numero un preludio delle difficoltà formative e non di rado anche al favorire la dispersione scolastica. Per questi motivi diventa sempre più importante anticipare proprio a tre anni di età anagrafica l’accesso obbligatorio alla scuola, andando in questo modo a risolvere il problema alla base. Inoltre, viene da sé che sarà necessario adeguare gli organici del personale, però sganciandoli dal numero degli iscritti e legandoli alle esigenze specifiche del territorio, anche tenendo conto del tasso di disoccupazione e di dispersione, di emigrazione o immigrazione, delle difficoltà di raggiungimento di un luogo (montagne o piccole isole). Non bisogna più dire che ogni classe deve essere fatta da 22-25 alunni ma rimodulare il contesto in base alle esigenze.

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Sovraffollamento classi, la Gilda attacca il ministro uscente: “Nemmeno la pandemia è servita”

“Considerato che ci troviamo ad affrontare il secondo anno scolastico in pandemia, il minimo che ci saremmo attesi da parte del ministero dell’Istruzione era l’eliminazione delle classi pollaio. Un impegno assunto dalla ministra Azzolina in un incontro con i sindacati, avvenuto nello scorso luglio, durante il quale aveva comunicato la possibilità di derogare ai criteri sul numero di alunni per aula fissati dalla legge 133/08 che, imponendo l’innalzamento dei parametri, ha provocato il fenomeno del sovraffollamento delle aule. E invece tra pochi giorni gli organici saranno definiti esattamente con gli stessi criteri, cioè con classi che, soprattutto nelle grandi città, supereranno i 30 studenti”. A dichiararlo è Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti.

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Il coordinatore della Gilda degli Insegnanti Rino Di Meglio

“Ovviamente poco o nulla è stato fatto anche sul fronte dell’edilizia, che registra una drammatica carenza di locali idonei a consentire il necessario distanziamento. I mesi trascorsi finora dall’inizio dell’anno scolastico, insomma, non sono serviti a delineare interventi organici sulle principali criticità, ovvero spazi e organici che sono rimasti sostanzialmente immutati. A questo punto – conclude Di Meglio – vorremmo capire dove siano finiti gli investimenti sulla scuola sbandierati in continuazione dall’Amministrazione di viale Trastevere”.

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Test rapidi e distanziamenti per abbattere il Covid a scuola: lo studio Rockefeller

bambino mascherina scuola coronavirus covid

Praticare ogni settimana nelle scuole i test rapidi per lo screening delle infezioni da SarsCoV2 può dimezzare i contagi nelle superiori e ridurli del 35% nelle elementari e nelle medie: l’importante dato, ripreso dall’agenza Ansa, deriva da uno studio della Rockefeller Foundation e del ministero della Sanità degli Stati Uniti, condotto per tre mesi – da ottobre a dicembre 2020 – in 6 città degli Stati Uniti dove sono stati eseguiti 20.000 test rapidi. Lo studio ha anche evidenziato che la misura più efficace per far crollare i contagi nelle scuole fino all’ 88% appare comunque ancora quella del distanziamento sociale a più di due metri, cosa difficile da ottenere nelle classi e tra i più giovani.

Permettere agli studenti delle scuole superiori di sottoporsi ogni sette giorni al tampone di tipo rapido porta a una diminuzione dei nuovi casi Covid19 del 50%. Lo stesso test somministrato nelle scuole elementari-medie porta ad un calo di infezioni del 35%: una differenza dovuta, spiegano i ricercatori, al numero di interazioni e contatti tra amici negli studenti dai 14 anni in su.

Dalla ricerca prodotta dalla Rockefeller Foundation e dal ministero della Sanità statunitense è emerso anche che eseguire i test a una volta al mese fa scendere i contagi solo del 5%.

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Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief: “tutti gli studenti che frequentano le nostre scuole vanno messi con celerità nelle condizioni di essere monitorati, dando loro l’opportunità di effettuare i tamponi rinofaringei soprattutto negli istituti scolastici superiori. Esattamente come sostengono i ricercatori della Rockefeller Foundation e del ministero della Sanità degli Stati Uniti. Gli screening continuativi rimangono la migliore prevenzione rispetto alla diffusione del contagio da coronavirus. È bene anche che il nuovo Governo, come sembra, punti forte, con i fondi del Recovery Plan, sull’aumento del numero di scuole, di aule e delle loro dimensioni. Quindi di organici e su un rapporto numerico più umano docenti-studenti”.

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Quando scade Carta del Docente? La prossima data è ad agosto

Sappiamo ormai che la Carta del Docente ha una scadenza naturale fissata all’incirca a due anni dall’erogazione del bonus di 500 euro. Sarebbe bene, per i docenti in ruolo, segnare sul calendario le date entro cui perdono il residuo non speso.

La prossima scadenza, infatti, è per il 31 agosto 2021. Entro quella data, se non utilizzati, i docenti perderanno dai loro portafogli elettronici il residuo relativo alla Carta del Docente 2018/2019.

Carta Docente scadenza

Cosa vuol dire? Vuol dire che, se nel nostro portafoglio elettronico ci sono più di 1000 euro dopo l’accredito delle Carte del Docente 2019/20 e 2020/21, la differenza è quanto non abbiamo speso della 2018/19 e quella differenza verrà persa. Più in generale, tutto quello che non abbiamo usato dei 500 euro erogati tre bonus fa sarà irrimediabilmente perso al 31 agosto.

Dove spendere Carta del Docente sui siti del gruppo Matacena

Puoi spendere Carta del Docente per comprare libri, PC, hardware e libri scolastici sui seguenti siti del gruppo Matacena:

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Cyberbullismo, Falco (Corecom Campania): “Numeri allarmanti, intervenire presto”

“I numeri sono allarmanti, occorre mettere in campo una strategia per proteggere i nostri ragazzi, bisogna fare presto!  Il 61% dei giovani italiani afferma di essere vittima di episodi di bullismo e cyberbullismo, mentre il 68% dice di avervi assistito”. E’ il commento di Domenico Falco, presidente del Comitato Regionale per le Comunicazioni della Campania alla lettura dei dati, sull’andamento del bullismo e del cyberbullismo in Italia, resi noti dell’Osservatorio indifesa di Terre des Hommes Italia in collaborazione con ScuolaZoo. 

corecom mimmo falco torre annunziata
Mimmo Falco (foto d’archivio)

“Si registra un indice alto anche degli adolescenti che dichiarano di non sentirsi al sicuro on line, in particolare su social media e app per incontri, ben sei su dieci. Il 7 febbraio prossimo, in occasione della ‘Giornata nazionale contro bullismo e cyberbullismo’, dovrà essere un’occasione di riflessione concreta e costruttiva”.  

“Il Corecom Campania – ha aggiunto Falco – da oltre tre anni, attraverso la campagna @scuolasenzabulli, è impegnato sull’intero territorio regionale, nei diversi plessi scolastici, in una proficua e concreta opera di sensibilizzazione e documentazione sui fenomeni di bullismo e cyberbullismo, offrendo ad alunni e genitori strumenti di conoscenza e soluzioni per scongiurare i pericoli della ‘rete’ sia in veste di vittima che di aggressore.  La risposta coinvolgente delle scolaresche ci spinge a ritenere che, rendere edotti sul fenomeno i giovani e le loro famiglie facendo sentire vicine le istituzioni e le forze dell’ordine, è la strada maestra”. 

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La Gilda rilancia la proposta dei “brevi periodi sabbatici” per la formazione degli insegnanti

“La professionalità di un docente non è valutabile unicamente in base alla metodologia didattica utilizzata. Quest’ultima, infatti, costituisce soltanto uno strumento che l’insegnante, nell’esercizio libero della sua funzione, come sancito dall’articolo 33 della Costituzione, sceglie di adottare. Certamente la formazione professionale è un fattore importante, ma bisogna costruire le condizioni affinché gli insegnanti possano dedicarsi all’aggiornamento in maniera seria e costruttiva. È con questo obiettivo che da anni proponiamo l’istituzione di brevi periodi sabbatici per la formazione degli insegnanti. La formazione, in ogni caso, deve essere sempre riconosciuta adeguatamente a livello stipendiale nel contratto e non può essere imposta senza esonero dal servizio”. Così Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, commenta la ricerca condotta dalla Fondazione Agnelli e dall’Invalsi in 207 istituti comprensivi su un campione di 1600 docenti di scuola primaria e secondaria di primo grado.

Rino di Meglio
Il coordinatore della Gilda degli Insegnanti Rino Di Meglio

Oltre alla necessità di investire seriamente sulla formazione, il coordinatore nazionale della Gilda sottolinea l’esigenza di disporre di soggetti con le competenze giuste per analizzare e valutare l’attività degli insegnanti: “Abbiamo sempre sostenuto di essere favorevoli alla valutazione, ma a condizione che i valutatori siano professionisti dell’insegnamento e non burocrati”, conclude Di Meglio.

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Covid-19 e vaccinazioni, dopo gli operatori sanitari e gli anziani “si evince toccherà alla scuola”

Insegnanti, assistenti amministrativi, tecnici, collaboratori scolastici, Dsga e dirigenti scolastici: dal calendario sulla somministrazione dei vaccini anti-Covid19 si evince che toccherà a loro. Dopo gli operatori sanitari e sociosanitari, residenti e personale dei presidi residenziali per anziani, seguiranno le persone di età avanzata e il personale che opera nei servizi essenziali: quindi docenti e personale Ata, forze dell’ordine, personale delle carceri e dei luoghi di comunità.

Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “è una buona notizia: dobbiamo fare in modo che i lavoratori della scuola siano protetti. Vale la pena ricordare che tutti gli alunni che frequentano le nostre scuole vanno messi con celerità nelle condizioni di essere monitorati, dando loro l’opportunità di fare i tamponi rinofaringei soprattutto negli istituti scolastici superiori. Tutti gli esperti e virologi concordano sul fatto che gli screening periodici rimangono la migliore prevenzione rispetto alla diffusione del contagio da Covid”.

vaccinazione bambini scuola

“Nel frattempo – continua il sindacalista autonomo – si dovranno attuare gli investimenti programmati con il Recovery Plan, così da migliorare le condizioni delle nostre scuole, aumentando il numero di istituti, di aule e delle loro dimensioni. Lo ripetiamo da mesi: è un’occasione unica per rilanciare il nostro sistema d’istruzione, a tutti i livelli, quindi anche universitari e di ricerca. Non possiamo permetterci di fallire”.

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Sciopero, l’accordo sulle norme di garanzia nello studio della Gilda

Il 12 gennaio scorso è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale l’accordo sulle norme di garanzia dei servizi pubblici essenziali e sulle procedure di raffreddamento e conciliazione in caso di sciopero nel comparto Istruzione e Ricerca, firmato il 2 dicembre 2020 all’ARAN da tutte le Organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative e dalle Confederazioni di riferimento.

Premesso che le norme contenute nell’accordo non si discostano molto da quelle precedenti, a nostro avviso sono due, in particolare, gli elementi che vanno sottolineati:

  • Il Dirigente scolastico invita il personale a dichiarare la propria volontà di aderire o di non aderire allo sciopero. La scelta del verbo invitare non configura, dunque, l’obbligo di comunicare la decisione o meno di partecipare all’astensione dal servizio. Da considerare che se per ogni sciopero proclamato nel settore scuola tutti i docenti e gli ATA (circa 1.200.000) rispondessero all’invito dei Dirigenti scolastici, le segreterie sarebbero sommerse di mail, con un enorme aggravio burocratico, spreco di tempo e risorse non indifferente
  • In base a quanto stabilito dal Protocollo d’intesa tra Aran e Confederazioni sindacali del 31 maggio 2001, l’accordo sullo sciopero non è oggetto di contrattazione da parte delle RSU a livello di singola istituzione scolastica, bensì da parte delle rappresentanze sindacali a livello territoriale.


Lo afferma la Gilda degli Insegnanti che sul suo sito ha pubblicato integralmente la Scheda Tecnica elaborata dal suo Centro Studi Nazionale.

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Alla Federico II un percorso post laurea inedito, per la formazione di professionisti di AFA per i pazienti cronici

E’ la prima volta in Italia che un Ateneo realizza un corso post-laurea per la costituzione di una nuova figura professionale specializzata nel supporto motorio alle persone con gravi patologie croniche. La  sfida è stata lanciata lo scorso anno, con successo, dal professore Guido Iaccarino, direttore del programma “Attività Fisica Adattata (AFA) per la Prevenzione e la terapia delle patologie degenerative croniche” dell’AOU Federico II.

Il docente, con l’ausilio di uno staff multidisciplinare, ha elaborato un protocollo clinico capace di identificare il fabbisogno sportivo di pazienti affetti da malattie croniche come il diabete, lo scompenso cardiaco oppure l’ipertensione e ha fornito loro un programma personalizzato di attività fisica. Per i soggetti che hanno aderito al programma i benefici  hanno superato di gran lunga le aspettative. I pazienti esaminati, infatti, dopo aver eseguito diversi test motori (flessibilità e potenza dei distretti muscolari, valutazione dell’equilibrio) e alcuni esami clinici (ECG di base, test da sforzo, saturimetria, bioimpedenziometria, spirometria), hanno aderito, su base volontaria, a un programma di attività fisica ad hoc. Ciascun malato cronico, scaricando l’app TELEREVALIDATIE sul proprio telefonino, ha praticato sport con il supporto di un allenatore specializzato, utilizzando anche, laddove richiesto, accessori domestici come  mobili, sedie, bottiglie, scale. I pazienti con una maggiore capacità motoria, invece, sono stati seguiti direttamente in palestra da personal trainer certificati e specializzati nelle specifiche  patologie. I risultati ottenuti dallo studio dei primi pazienti soggetti al protocollo hanno dimostrato che la qualità della vita e gli outcomes di salute sono nettamente migliorati, tanto da spingere il professore Iaccarino, insieme al suo staff di chinesiologi, a realizzare un percorso di formazione per allenatori specializzati che consentirà a un numero sempre più ampio di malati di aderire al programma.  Il corso si inserisce nel piano delle attività promosse dalla Cattedra Unesco dedicata alla “Educazione alla salute e allo sviluppo sostenibile” coordinata dalla professoressa Anna Maria Colao, primario in Endocrinologia e Direttore della Sezione autonoma di Neuroendocrinologia del Dipartimento di Endocrinologia ed Oncologia Molecolare e Clinica, Università Federico II di Napoli.

Per il primo corso in Italia così strutturato sono stati selezionati 7 preparatori atletici su 15 richiedenti. I partecipanti sono stati formati in “Progettazione e Prescrizione” di programmi di Attività fisica Adattata attraverso un percorso di 120 ore, erogate dai migliori Docenti  di “AFA” identificati a livello nazionale, sia in ambito universitario che sanitario. I corsisti hanno ottenuto anche il certificato internazionale in “Functional Aging”, grazie a una partnership con il Functional Aging Institute (functionalaginginstitute.com). Il corso, durato 7 mesi, si concluderà il prossimo 21 febbraio con un esame e il conseguente attestato di specializzazione. Il perfezionamento in AFA fornisce al medico prescrittore un nuovo collaboratore al quale fare riferimento per la gestione del paziente cronico, con il quale cooperare in maniera costruttiva ed efficace per il benessere del paziente. Questa nuova figura professionale estende il numero degli attori per la promozione della salute mettendo al centro il paziente cronico. L’intuizione del professore Guido Iaccarino prospetta interessanti scenari per professionisti del benessere del futuro nel mantenimento di un “Lifelong Wellbeing “.

Il prossimo bando per aderire al corso è già pubblico su http://www.unina.it/didattica/post-laurea/perfezionamento Potranno partecipare 30 studenti laureati con titolo magistrale in Medicina e Chirurgia o Scienze e Tecniche delle Attività Motorie Preventive o Adattate. La domanda va presentata entro le ore 12 del 29 marzo 2021 esclusivamente a mezzo pec: dip.scienze-biomedicheav@pec.unina.it indicando nell’oggetto la dicitura “Istanza di partecipazione al Corso di Perfezionamento– a.a. 2020/2021”.

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Nasce a Napoli F-Mag, il magazine dell’impresa e dell’editoria

È online da oggi 1 febbraio 2021 F-Mag, il sito d’informazione edito dalla start-up innovativa campana Fortress Lab. La testata giornalistica, raggiungibile all’url https://www.fmag.it, mira a diventare punto di riferimento per l’informazione legata al mondo dell’innovazione e dell’impresa, con una particolare attenzione a tutto ciò che riguarda finanziamenti, agevolazioni fiscali, digitalizzazione, intelligenza artificiale e opportunità messe in campo dalle Istituzioni. L’obiettivo ambizioso è quello di creare una community “4.0”, che sappia concorrere al raggiungimento di un nuovo modo di fare impresa, dove la trasformazione digitale possa essere volano di un modello sostenibile di vita sociale che sappia guardare oltre il lavoro e rimetta al centro l’uomo con le sue necessità e i suoi tempi.

“L’innovazione – afferma il CEO di Fortress Lab Alessandro Tateo, manager dell’Innovazione MISE – è alla portata di tutti, sembra essere democratica, sembra persino rendere il merito oggettivo, ma il modello che dovrebbe governare il momento qual è? Non è così veloce a ridurre le distanze, ad adattarsi al cambiamento, a dar luce a quella che dovrebbe essere la missione 4.0. Siamo ancora lontani. Forse serve una crisi, forse serve che ci rendiamo conto che nonostante si sia elevato il nostro quoziente professionale e le distanze ridotte, siamo costretti ad aumentare quelle affettive perché si è perso quell’equilibrio apparente tra lavoro e non lavoro, spesso sovrapposti”.

“Chissà se riusciremo – continua Tateo – a sovvertire la regola del modello vigente, chissà se riusciremo, in questo momento fortemente social a sovvertire il concetto del diritto al lavoro e quello di impresa. Con questo magazine, più che di impresa 4.0 vorremmo raccontarvi di una community 4.0, fatta di professionisti consapevoli che forse l’unico modo di raggiungere un nuovo equilibrio è quello di colmare il gap di profitto con una visione comune. Dove la corsa alla digitalizzazione non sia solo uno strumento fine a se stesso e un ulteriore elemento di distrazione, ma aiuti a sviluppare un nuovo modo di misurare il merito, superando il concetto classico di gestione del tempo, oltre il soggettivo, che tenga conto del valore rilasciato dal singolo individuo non solo per sé stesso ma per l’intera community al lavoro”.