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Veneto, per il buono libri necessario il certificato di possesso di immobili

aula scuola generica

Il contributo regionale per l’acquisto di buoni libro in Veneto, per i cittadini non comunitari, passa per il certificato sul possesso di immobilipercezione di redditi all’estero rilasciato dalle autorità del Paese di provenienza. Lo riporta Rai News.

Dopo il caso di Lodi

La notizia segue quella di Lodi dove l’amministrazione comunale aveva richiesto documenti aggiuntivi per l’accesso alla mensa scolastica dei figli di non comunitari.

Il nodo della questione

La singolarità del caso, però, sta nel fatto che questa tipologia di normativa non è presente nella delibera di Giunta né tantomeno nel bando per la concessione di contributi, ma soltanto nelle su citate “istruzioni del richiedente”.

La denuncia

I consiglieri regionali Francesca Zottis e Claudio Sinigaglia del Partito Democratico hanno presentato un’interrogazione alla Giunta Regionale: “La Giunta faccia chiarezza sui contributi per il buono libri: la documentazione richiesta ai cittadini non comunitari sta provocando ritardi e disagi”. La certificazione richiesta ai cittadini extra Ue è “un passaggio obbligatorio – spiegano Zottis e Sinigaglia – che compare solo nelle istruzioni delle procedure web per la validazione delle domande alla Regione. Tuttavia la documentazione non serve in presenza di un’apposita convenzione tra l’Italia e lo stato di provenienza: bastano delle semplici dichiarazioni sostitutive. Ma le amministrazioni locali neanche sanno quali sono i Paesi con cui sono stati firmati questi accordi, oltre ad aver scoperto in ritardo la necessità di un ulteriore passaggio in quanto non c’era alcuna traccia nel bando. Non si può scaricare ulteriori incombenze e responsabilità sui Comuni. Senza considerare che si rischia di tagliar fuori dai contributi una buona fetta di cittadini non comunitari che invece avrebbe bisogno di un sostegno”.

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Scuola, l’apertura di Di Maio: “Lavoriamo insieme”

luigi di maio m5s

Ha fatto scalpore la protesta degli studenti a Torino, in occasione della prima manifestazione degli studenti di un autunno che promette di essere caldissimo sotto questo punto di vista. Ancor più caldo quando i manifestanti hanno dato fuoco in piazza a due manichini raffiguranti il Ministro dell’Interno Matteo Salvini e il Ministro del Lavoro Luigi Di Maio, entrambi vicepremier.

Se Salvini, come suo solito, non le manda a dire…

… da Luigi Di Maio invece arrivano parole di apertura.

Rispondendo infatti a degli studenti della Rete della Conoscenza che dopo la manifestazione dello scorso 10 ottobre hanno dedicato un video al leader pentastellato, Di Maio ha postato su Facebook un video di risposta, direttamente da un matrimonio di un suo amico.

“Non bisognava reagire ai manichini bruciati facendo sermoni ai ragazzi – spiega il vicepremier – Sono cose che non servono a niente. Volevo parlargli, gli ho fatto un invito: vediamoci, incontriamoci e mettiamoci al lavoro sulle cose che servono alla scuola. Sono contento che mi abbiano risposto subito. Propongo di vederci al Ministero, dove le porte sono sempre aperte, o se volete in una scuola o università così che ci possano essere più studenti, non solo i delegati. Chiamerò il ministro per l’Istruzione Marco Bussetti e verremo assieme”.

“Loro chiedono due cose – spiega Di Maio – in primis un codice etico per l’alternanza scuola lavoro, e hanno ragione: avete visto i ragazzi che andavano a friggere patatine da McDonald’s? O il rischio di finire in delle aziende che hanno dei legami con le organizzazioni criminali? Il codice etico è il minimo. Secondo me va ripensata tutta l’alternanza scuola lavoro. E poi più soldi per il diritto allo studio. Possiamo fare tantissimo e lo possiamo fare soltanto insieme”.

“Un rappresentante degli studenti – conclude Di Maio – proclama lo stato di agitazione permanente. Io spero che dopo il nostro incontro si possa dichiarare lo stato di partecipazione permanente“.

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Insegnanti di educazione fisica, 12mila posti per il nuovo maestro

Palestre scolastiche

Cambia il maestro di educazione fisica. O meglio, questa è l’intenzione del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca che è pronto ad assumere 12mila insegnanti per le scuole italiane.

Ma l’obiettivo è di più ampio respiro e si inquadra nel più di largo respiro progetto di rendere le scuole vive e attive durante tutto l’anno e anche in orario pomeridiano. I nuovi insegnanti di educazione fisica infatti viene assunto perseguendo l’obiettivo di – parole del ministro Marco Bussetti – “consentire alle scuole, il pomeriggio e durante le vacanze, di diventare centri sportivi scolastici”.

Per raggiungere quest’obiettivo, afferma Bussetti, serviranno 12mila nuovi docenti e un concorso ad hoc.

Le figure professionali ricercate

Saranno quindi ammessi al concorso gli insegnanti di scienze motorie. Si andrà prima a pescare nell’incarico disponibile per reperire i 12mila insegnanti, tra quelli abilitati all’insegnamento per la primaria e in possesso delle competenze richieste. Poi si procederà a specifico concorso.

I docenti così assunti andranno a lavorare anche nel periodo estivo e nei pomeriggi, perseguendo l’obiettivo del Ministero di una scuola sempre aperta e che sia attiva al pari di un centro sportivo scolastico.

Scienze motorie e pedagogia

Nell’obiettivo a lungo termine del Miur c’è un percorso di laurea apposito (almeno così sembrerebbe secondo indiscrezioni) in cui il maestro di educazione fisica acquisisca durante la sua formazione anche i giusti elementi di pedagogia atti a insegnare, così come gli altri professionisti del comparto scuola.

Non è assolutamente escluso che al futuro concorso non sia chiesto agli insegnanti di scienze motorie quindi di integrare già le loro competenze in materia.

 

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Cultura, Italia fanalino di coda per gli investimenti e resta il divario sugli stipendi rispetto all’UE

ccnl comparto scuola soldi

Gli investimenti in istruzione e cultura sono fondamentali. Dal Parlamento con le Commissioni Cultura di Camera e Senato abbiamo chiesto che in legge di bilancio ogni risorsa e ogni spreco risparmiato dai ministeri competenti siano reinvestiti sempre in Istruzione e Cultura, perché in Europa siamo ultimi in investimenti in Cultura e terzultimi in investimenti in Istruzione. Cultura e Istruzione generano lo sviluppo dell’immediato futuro”.

Parole di Luigi Gallo, presidente della VII Commissione Cultura della Camera.

Il parlamentare dice la sua quindi nella querelle del DEF e dei preoccupanti tagli che potrebbero incidere ancora sul comparto scuola e istruzione.

Parole e fatti

Il punto della questione resta più o meno questo: alle parole a tutela degli investimenti nella scuola pubblica sembrano non seguire i fatti, ossia i provvedimenti reali. Ma il problema esiste e non è un caso che lo stesso ministro del Lavoro Luigi Di Maio affermi:

“C’erano soldi che non si spendevano per l’alternanza scuola-lavoro, perché molti dirigenti e docenti si rifiutavano di mandare gli studenti a friggere le patatine da Mc Donald’s e fare finta di fare Alternanza scuola-lavoro. Abbiamo preso una parte di quei soldi che non si spendevano e abbiamo scongiurato l’abbassamento degli stipendi agli insegnanti”

Gli stipendi italiani e quelli stranieri

Quello degli stipendi dei docenti italiani resta un altro tema di scottante attualità. Non è certo notizia di oggi la disparità di trattamento tra gli insegnanti del nostro Paese e quelli del resto d’Europa.

A tal proposito, Forza Italia ha depositato un disegno di legge. Simona Vietina afferma:

“Cogliamo con favore l’interesse del vicepremier Di Maio che afferma la necessità di equiparare gli stipendi dei docenti italiani a quelli dei colleghi europei. Affermazioni che arrivano proprio a seguito del deposito della proposta di legge, di cui sono prima firmataria, per l’istituzione del tavolo tecnico per l’adeguamento del trattamento economico dei docenti di ogni ordine e grado. Auspichiamo, dunque, alla luce delle sue affermazioni, che la proposta di legge venga al più presto calendarizzata”.

A favore di un aumento degli stipendi del corpo insegnanti italiano si è schierato anche Marco Bussetti, ministro dell’Istruzione.

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#IoLeggoPerché, dal 20 al 28 ottobre per le biblioteche scolastiche

io leggo perché banner

Arriva alla quarta edizione #IoLeggoPerché, l’iniziativa a sostegno delle scuole dell’infanzia, primarie, secondarie di primo e secondo grado per aiutarle a costruire la propria biblioteca scolastica.

L’iniziativa è organizzata dall’Associazione Italiana Editori.

Come funziona #IoLeggoPerché

Da sabato 20 a domenica 28 ottobre 2018, nelle librerie aderenti sarà possibile acquistare libri da donare alle scuole. Al termine della raccolta, gli editori contribuiranno con un numero di libri pari alla donazione nazionale complessiva (fino a un massimo di 100.000 volumi), donandoli alle biblioteche scolastiche e suddividendoli secondo disponibilità tra tutte le scuole iscritte che ne faranno richiesta attraverso il portale.

Le registrazioni per questa edizione per scuole e librerie aderenti sono chiuse.

La testimonial: Luciana Littizzetto

Luciana Littizzetto
Luciana Littizzetto (foto dal profilo ufficiale Facebook)

“Leggere è fichissimo… più leggi e più leggeresti!” . Con questa frase, che non lascia fraintendimenti sulla sua passione per la lettura, si presenta la nuova ambasciatrice di #ioleggoperché: Luciana Littizzetto.

La famosa conduttrice e comica si dice contenta e lusingata di far parte dei supporter della campagna in sostegno delle biblioteche scolastiche, che ha visto negli scorsi mesi già scendere in campo il conduttore Rudy Zerbi.

E noi non potremmo essere più felici di avere al nostro fianco un’ambasciatrice così entusiasta, tanto che ci sentiamo di condividere l’invito che, per l’occasione, la Littizzetto ha rivolto a tutti i ragazzi attraverso i social network: leggete perché “ogni libro è una fonte inesauribile di cose che si possono imparare”.

L’impegno di Libri Market e Matacena

“Abbiamo deciso di donare 500 libri. Questo perché l’iniziativa #IoLeggoPerché è perfettamente in sintonia con la nostra mission: quella di lavorare insieme per tornare a leggere. Una biblioteca variegata in una scuola vuol dire che un bambino o un ragazzo possono accedere alla lettura in maniera semplice e in un luogo adatto. Un bambino (o ragazzo) che legge oggi sarà un adulto migliore domani“.

Lo affermano sui loro portali internet il gruppo Matacena Promozioni Editoriali e il marketplace Libri Market.

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Arte e cultura, come rimetterla al centro attraverso altri percorsi didattici

Cultura, questa sconosciuta. Nell’ottica di una sempre più imperante digitalizzazione e con tantissimi proclami sulla professionalizzazione dell’insegnamento, nonostante qualche voce contro che esclama che l’educazione è un’altra cosa, la cultura rischia di giocare un ruolo marginale nella crescita dei nostri giovani e – quindi – delle future generazioni.

Diventa quindi importante per un educatore trovare lo spazio per dare qualche stimolo in più ai ragazzi. Che vada ben oltre la poesia che i nostri piccoli recitano a memoria a Natale per vedersi regalare qualche decina di euro dai nonni.

Nei percorsi di letteratura – ad esempio – la poesia può giocare un ruolo fondamentale se ben raccontata. Si prenda ad esempio Felici Approdi, testo didattico di Beatrice Galli Maria Letizia Quinzio. Le due autrici hanno dato vita a un percorso didattico inclusivo che a partire dall’educazione letteraria è in grado di stimolare l’allievo su diversi ambiti. Ed è arricchito di contenuti digitali integrativi che attualizzano la fruizione della didattica senza tralasciare però il valore intrinseco dell’opera.

Nello scegliere quindi i testi didattici per accompagnare la crescita del discente, si può quindi ipotizzare di scegliere percorsi che vadano ad attivare stimoli e curiosità extracurricolari. Questo vale tanto per la scuola primaria quanto per i licei e – ancor più – gli istituti tecnici.

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Alternanza scuola – lavoro, Unioncamere boccia Bussetti: “Non diminuire le ore”

Firenze, Galleria degli Uffizi (foto: Wikipedia)

Il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Marco Bussetti lo aveva annunciato, come intenzione più che altro, durante un question-time alla Camera. “Diminuiremo le ore di Alternanza scuola – lavoro“, auspicava il responsabile del dicastero dell’Istruzione. Citando quanto avevamo scritto lo scorso 20 settembre:

L’idea del Ministro, in sintesi, è quella di prevedere un numero minimo di ore di alternanza scuola lavoro differenziato tra istituto e istituto. Questo minimo potrà però essere ritoccato verso l’alto da parte della scuola stessa in funzione di valutazioni interne.

Nelle scorse ore, invece, è arrivata una secca bocciatura a questa idea. Si tratta di quella di Unioncamere.

La presa di posizione di Unioncamere

A definire un errore l’idea di ridurre le ore di Alternanza scuola – lavoro è Leonardo Bassilichi, presidente della Camera di Commercio di Firenzevicepresidente di Unioncamere.

“Secondo noi – chiosa Bassilichi – è un grande errore. Abbiamo chiamato il ministro a Didacta e vorremmo che chiarisse bene cosa fare dell’alternanza. Noi dimostriamo che l’alternanza, se fatta bene, con delle idee chiare, con degli interlocutori seri e affidabili, può essere uno strumento valido”.

Alternanza, Unioncamere e Uffizi

La dichiarazione a margine della presentazione di un importante accordo che porta Alternanza scuola – lavoro nella Galleria degli Uffizi, il celebre museo fiorentino.

Come riporta l’Ansa, gli studenti potranno visitare le aziende che si occupano di attività collegate a quelle dei musei visitati, e il prossimo anno saranno ospitati in alternanza a imprese dell’artigianato artistico, in modo da poter approfondire tecniche come l’intarsio e il mosaico e conoscere meglio i materiali utilizzati in questo ambito. Si tratta di un progetto di Alternanza di 140 ore che vedrà impegnate in via sperimentale sette scuole del territorio di Firenze.

“L’artigianato è una forma di conoscenza”

A favore della posizione di Unioncamere si schiera anche Eike Schmidt, il direttore degli Uffizi, che ha dichiarato ai giornalisti: “L’artigianato non è una forma minore di conoscenza e l’apprendimento delle tecniche metterà gli studenti in condizione di apprezzare e riconoscere l’arte che li circonda”.

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“Missione” insegnanti, viaggio nel napoletano – Centro Storico

spaccanapoli napoli centro storico insegnanti

Napoli è una delle città più complesse dove crescere. Lo dicono i rapporti, l’escalation della fenomenologia delle baby-gang, gli incontri e i piani straordinari che si sono susseguiti negli anni, lo dicono anche i risultati Invalsi che vedono la città partenopea come fanalino di coda dell’intera Nazione. 

Cosa vuol dire essere insegnante a Napoli e in provincia? Abbiamo deciso di metterci in macchina con Corrado Matacena, imprenditore dell’omonimo gruppo di promozioni editoriali, nei suoi giri per la città a visitare scuole e distribuire libri. 

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Il campanile del monastero di Santa Chiara, nel centro storico di Napoli (foto: Enrico Parolisi - Instagram)
Il campanile del monastero di Santa Chiara, nel centro storico di Napoli (foto: Enrico Parolisi – Instagram)

Consegnare libri al centro di Napoli per chi fa promozione editoriale è un’impresa. Arroccati in splendidi edifici nel cuore della zona a traffico limitato, o con ingressi in stretti vicoli che ricordano la Napoli raccontata di Matilde Serao, dove piccoli portoncini aprono gli occhi a immensi giardini o straordinari esempi di architettura. Studiare al centro di Napoli è un privilegio per gli studenti: si calpestano anni di storia e si respirano i fumi di una città dalla cultura millenaria, che oltre ogni suo atavico problema tiene ancora impregnato nelle pietre di tufo lo splendore che fu.

Paolo Barbuto, prima firma del Mattino che qui affonda le radici della sua storia, scriveva in un articolo del 2015 “le scuole di frontiera non stanno solo in periferia ma anche in pieno centro città”. E ha ragione da vendere: quelli che erano i palazzi nobili del “ventre” di Napoli svettano a ridosso dei quartieri popolari, un meltin’ pot tutto partenopeo che per anni ha visto mescolarsi i ceti sociali. Al centro studiano parimenti i figli di stimati professionisti e quei ragazzi che la scuola ha il dovere di strappare dalla longa manus della malavita organizzata. Non c’è differenza di ceto sociale, così come di colore, razza e religione. Napoli è un esempio di integrazione funzionale che parte proprio in tenera età, grazie al lavoro di insegnanti capaci e coraggiosi.

E riprendiamo sempre queste parole di Paolo Barbuto.

[…] abbiamo scoperto che in ognuno di questi luoghi esiste un manipolo di persone incapaci di arrendersi: professori, presidi, bidelli (ci scuserete se non utilizziamo il burocratese che ha attribuito altri nomi a queste categorie) che sono piccoli eroi quotidiani, capaci di affrontare questioni difficili in classe e genitori guappi fuori delle classi; pronti a spiegare l’onestà a ragazzi che hanno mamme e papà in galera, a portare la legalità nelle strade e nelle case che circondano la scuola; uomini e donne disposti a diventare artigiani per dipingere un muro o sistemare il parquet per far ballare le bambine. E ti capita sempre, invariabilmente, che alla fine della chiacchierata lunga e intensa, tu li scruti negli occhi e gli chiedi: «Scusate, ma voi che mestiere fate? Mica siete semplici professori…», e loro si guardano imbarazzati senza sapere cosa dire. Perché, per loro, fare certe cose speciali, eroiche, è normale.

Leggiamo queste parole e ci tornano a mente i volti di docenti come quelli dell’Istituto Comprensivo Statale Confalonieri, del 34esimo circolo Ristori, o della Foscolo – Oberdan. Non semplici insegnanti, ma factotum che sono chiamati a un compito ben più ampio di quello per cui vengono retribuiti, più di una volta costretti a sopperire alle carenze dello Stato che in alcuni vicoli sembra non arrivarci più.

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Venerdì 12 ottobre 2018, in tutta Italia studenti in sciopero

sciopero studenti 12 ottobre

Puntuale come l’arrivo dell’autunno arrivano le proteste studentesche. Quest’anno nel mirino c’è Marco Bussetti, ministro dell’Istruzione, e il governo gialloverde. Il governo del cambiamento che non sta “facendo alcun cambiamento” secondo le associazioni che promuovono le manifestazioni.

Si contano almeno 30 città in cui gli studenti in agitazione manifesteranno.

Gli appuntamenti nelle maggiori città italiane

Sciopero degli studenti a Milano

A Milano si comincia a sfilare alle 9.00, partenza da Porta Garibaldi.

Sciopero degli studenti a Roma

La chiamata a raccolta è a Piazzale Ostiense, sotto la Piramide Cestia, alle 9.00. A Roma lo sciopero degli studenti coinciderà con quello dei trasporti.

Sciopero degli studenti a Napoli

A Napoli gli studenti si raccoglieranno a Piazza Garibaldi alle 9.00

Sciopero degli studenti a Torino

L’appuntamento per gli studenti che vogliono manifestare a Torino è alle 9.00 a piazza Arbarello.

Sciopero degli studenti, le rivendicazioni

La Rete degli Studenti, sul suo sito internet, spiega così le motivazioni che portano gli studenti a manifestare.

Quello che doveva essere il Governo del “cambiamento”, il governo dei cittadini e del popolo, sta mostrando la sua vera faccia: un Governo che costruisce consenso sulle bugie e sulla propaganda, che chiama “risparmi” i tagli sulla scuola e “giustizia” i crimini contro i diritti umani.

Da decenni ormai la nostra generazione subisce le scelte sbagliate e dannose di una politica che ha paura di attuare l’unico vero cambiamento necessario: un investimento massiccio in scuola e università.

È ora di dire basta. Al Governo chiediamo: #CHIHAPAURA DI CAMBIARE? NOI NO!

L’UDUUnione degli Universitari, spiega invece:

Il nuovo governo si appresta a presentare la sua prima Legge di Bilancio alla Camera, incardinata per il 20 ottobre, ma già le indiscrezioni e le prime uscite fanno emergere le storture di una manovra che continua nel solco di condoni, di manovre spot di assistenzialismo e di incentivi alle imprese nella speranza della risoluzione della disoccupazione.

La sfida ingaggiata con le istituzioni europee per aumentare il deficit al 2,4%, invece di essere una manovra espansiva per aumentare gli investimenti pubblici in settori strategici come istruzione, infrastrutture e politiche attive al lavoro, si limita ad essere una semplice manovra elettorale in vista delle europee. Non si parla ai giovani, al futuro del paese e, forse, la bocciatura da parte dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio sulle previsioni di crescita nei prossimi anni del governo, definite ottimistiche, non è da considerarsi una casualità.

[…]

“Non investire in Scuola e Università significa non investire nelle nuove generazioni, non investire sul futuro di questo paese. I giovani continuano ad essere, anche a fronte di un cambio di governo, i dimenticati della politica. Non si investe nel formarli e nel prepararli ad una società in continuo mutamento, non si investe per risolvere il problema della disoccupazione giovanile, anzi il reddito di cittadinanza, da nuove indiscrezioni, diventerà una manovra diversa di incentivo alle assunzioni per le imprese, che tratterranno il reddito dei nuovi assunti. Siamo stanchi di essere relegati ai margini di una politica che vuole parlare per noi, ma non ci ascolta e ci dimentica finite le passerelle elettorali. Chi ha paura di cambiare? Noi no, il governo sembra proprio di sì. Per questo il 12 ottobre scenderemo in tutte le piazze di Italia per ribadirlo”.

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Aumento stipendi? Il CCNL è in scadenza ma nessuno ne parla. La denuncia di ANIEF

generica pallottoliere

Il preannunciato aumento degli stipendi del comparto istruzione in un primo momento ha fatto tirare un sospiro di sollievo, ma adesso desta preoccupazione.

E l’Associazione Sindacale Professionale ANIEF non ci sta: sono dure le parole di Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal, che in un comunicato stampa annuncia guerra aperta al Governo.

In un primo momento, infatti, il  vicepremier Luigi Di Maio, che ha “scongiurato il calo di retribuzione previsto dal vecchio governo individuando i fondi necessari affinché questa riduzione non ci fosse”. Anief però lancia un allarme: mancano nel DEF persino le risorse per adeguare i valori dell’indennità di vacanza contrattuale dal prossimo anno al 50% previsto dalla legge dell’indice di inflazione programmata, fermo ancora al 2010.

“Siamo, pertanto, certi che nonostante le ricerche e gli studi, i nostri insegnanti continueranno a essere umiliati rispetto a quelli dei Paesi più avanzati dell’area Ocse – spiegano. – Pensare di accontentarsi, a fronte di queste promesse, del mantenimento di uno stipendio che negli ultimi dieci anni è rimasto fermo, sarebbe un errore gravissimo. Anche perché i compensi del nostro corpo docente risultano in fondo alla classifica dei Paesi europei, superiori solamente ai Paesi dell’Est e quasi dimezzati a fine carriera rispetto a Germania, Austria e Olanda.

“Fa un certo senso lamentarsi per un copione già visto per tanti anni – spiega Pacifico- ovvero della mancanza cronica dei fondi utili al rinnovo contrattuale degli stipendi dei lavoratori pubblici, sprofondati nel frattempo di quasi 15 punti rispetto all’inflazione, per niente coperti da quel finto aumento del 3,48% previsto dal CCNL firmato lo scorso aprile”.

“Rimane il fatto – continua il presidente Anief– che per ovviare al mancato rinnovo contrattuale, dal 2019 va adottata l’indennità di vacanza contrattuale, in modo da coprire la metà del 14% di inflazione accumulata negli anni più il 50% dell’1,4% del tasso di inflazione programmata dal MEF per il 2019, per un totale del 7,7%: servono, a tale scopo, circa 3 miliardi di euro, di cui però nel Documento di economia e finanza propedeutico alla legge di stabilità non c’è traccia. Senza dimenticare l’adeguamento all’indice dei prezzi al consumo armonizzato per i paesi dell’UE a partire dal settembre 2015, anche questa non presente nel Def”.