Attualmente, per quanto riguarda le disposizioni di legge, l’insegnamento di Religione Cattolica non è obbligatorio e chi decide che il figlio non debba avvalersene è consapevole – per obbligo di legge – che questa scelta non deve dar atto a discriminazioni. Si tratta di uno dei pochi aspetti che non è rientrato nella legge della cosiddetta Buona Scuola.
Non solo. ma una sentenza del Tribunale di Padova del luglio del 2010 destinata a fare giurisprudenza afferma che è obbligatoria:
l’attivazione dei corsi alternativi alla Religione Cattolica costituiscono “un obbligo”, che se disatteso pone in essere “un comportamento discriminatorio illegittimo” fonte, questo, di responsabilità risarcitoria per l’Istituto Scolastico inadempiente
Insomma, sono le scuole a dover garantire un’alternativa a chi non si avvale dell’insegnamento della religione cattolica. Alternativa che, però, spesso non è garantita per mere questioni organizzative.
E se facessimo lo stesso l’ora di religione?
In realtà sono anni che l’ora di religione non è più intesa in senso stretto come ora di religione cattolica. Sebbene viga ancora una certa discrezionalità da parte del docente in ruolo per l’insegnamento, i programmi che vengono proposti sono allargati solitamente a religioni e culture diverse. Insomma, l’ora di religione può diventare un volano per una riflessione più profonda che comprenda valori condivisi e imprescindibili comuni al buon vivere civile.
Questo se – sia chiaro – non si intenda come mera ora di catechismo.
Libri di religione
In catalogo Matacena Libri è possibile trovare una vasta scelta dei volumi per l’IRC di recente realizzazione e tarati sulle necessità dei tempi moderni.
Intanto, suggeriamo agli insegnanti le Grandi Guide Raffaello per 1-2-3 in materia Religione.
L’utilizzo di smartphone e tablet è allarme social; il problema è da ricercare nell’uso improprio dei telefonini in classe. Per Anief l’uso sempre più massiccio di queste tecnologie, anziché elevare le conoscenze e in generale l’apprendimento, si sta rivelando un ostacolo all’evoluzione e al miglioramento
Come riporta La
Stampa, per quanto riguarda l’uso di smartphone e tablet è allarme social:
ne sono prove “lo scandalo dei tweet filo-nazisti del professore di Siena e il
cyberbullismo che dilaga tra i giovani. Giuristi ed esperti di formazione
studiano le cause dell’escalation e si dividono sui provvedimenti”. Il problema
è da ricercare nell’uso improprio dei telefonini in classe. “Sono trascorsi dodici
anni da quando una circolare del ministero della pubblica istruzione ha
formalmente vietato i cellulari a scuola durante le ore di lezione, ma da
allora la situazione è progressivamente finita fuori controllo tra atti di
bullismo prima ripresi con gli smartphone poi condivisi sui social network
e studenti sorpresi a copiare i compiti”.
Sempre a La
Stampa, il ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, ha affermato che
il cellulare in classe per copiare o studiare “è come un’arma in tasca”.
Dunque, c’è da indagare sulle opportunità e i rischi degli smartphone a
lezione. Il fatto è che cellulari, adolescenti e scuola, in Italia, “sono
tre parole per il momento ancora prive di un legame che non sia confuso, vago e
contraddittorio”. A partire dalla politica: i ministri che si sono susseguiti
hanno avuto idee discordanti. Valeria Fedeli del Pd, ad esempio, “quando era
ministra dell’Istruzione, voleva i telefonini nelle scuole e docenti preparati
per insegnare a usarli in modo consapevole e corretto: gli smartphone come
strumento didattico”.
Inoltre, si legge su Il Sole
24 Ore, i docenti “devono riprendere in mano la didattica, basandola sul
recupero delle relazioni umane e staccandosi dall’uso del digitale a tutti i
costi: per i ragazzi la tecnologia è completamente trasparente, deve tornare a
essere uno strumento, non un fine. Non c’è altra strada se non recuperare
l’umano”. È stato detto solo qualche giorno fa a Bergamo, nel corso degli Stati
generali della scuola digitale, promossi dal Centro studi ImparaDigitale.
Il parere
dell’Anief
Secondo il sindacato, l’utilizzo massiccio e invadente di queste tecnologie,
anziché elevare le conoscenze e in generale l’apprendimento, si sta rivelando
sempre più un ostacolo all’evoluzione e al miglioramento, soprattutto tra le
nuove generazioni. È stato dimostrato, infatti, che il telefono cellulare viene
utilizzato dagli studenti 70 volte al giorno e sono molte
le scuole ne hanno proibito l’uso. Anief ha chiesto di valutare di volta in
volta l’utilizzo dei dispositivi tecnologici soltanto ai fini didattici.
Il commento del presidente Marcello Pacifico
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, è consapevole che l’uso del
cellulare a scuola possa essere un’arma a doppio taglio: se è utile ai fini
formativi, può anche danneggiare l’attenzione e la normale educazione
scolastica. Per gli insegnanti in effetti lo strumento risulta davvero utile,
sia per preparare le lezioni sia per rendicontare le valutazioni e le lezioni
svolte. Pensare di inibirne l’uso solo perché vi sono casi che ci riportano un
pessimo utilizzo di smartphone e tablet è inammissibile. Pacifico ha affermato
infatti che “siamo favorevoli all’utilizzo dei dispositivi,
ovviamente solo per motivi didattici, come la ricerca dei dati, ma anche
per sperimentazioni e simulazioni”.
L’antica arte dell’orlatura si
tramandava un tempo da artigiano a apprendista. Il mercato del lavoro era –
chiaramente – diverso rispetto ad oggi. Di quelle figure professionali tipiche
del made in Italyperò la domanda è ancora altissima,
da parte delle più importanti maison
di moda del territorio nazionale e non solo. E a trovarne è davvero difficile.
L’agenzia di consulenza e formazione Form Retail, in collaborazione con Synergie, sulla
scorta di queste valutazioni ha promosso un corso, destinato ai giovani disoccupati sul territorio,
atto a formarli come tecnici
dell’orlatura.
Giovedì 12 dicembre a partire dalle 17.00 con la consegna degli attestati
si conclude il percorso che ha coinvolto 15 ragazzi selezionati che hanno tutti
terminato con successo la loro esperienza formativa. Previsti i saluti
dell’Assessore regionale al Lavoro Sonia Palmeri.
“Con la prima edizione di questo corso – spiega il CEO di Form Retail Tommaso Isernia –
andiamo da un lato a colmare un vuoto creato dalla scomparsa delle vecchie
botteghe artigiane intese come un tempo, dall’altro andiamo ancora una volta a
centrare l’obiettivo di creare lavoro concreto e reale là dove realmente esiste
una richiesta di manodopera qualificata. Queste opportunità si aprono solo
quando la formazione è in grado di intercettare le istanze che arrivano dal
mondo dell’impresa”.
Il corso, patrocinato dall’associazione nazionale di categoria Assocalzaturifici, è
finanziato da Forma.Temp
(Fondo per la formazione e il sostegno al reddito dei lavoratori in
somministrazione).
Chi saranno i cittadini di domani? Dove si progetta l’Italia del 2050? I palazzi in cui si decide sono solo quelli del Governo e del Parlamento o sono anche i licei, gli istituti professionali, le scuole? È la nuova campagna digital del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca dall’hashtag #Quellochesaremo. La campagna percorre i luoghi centrali in cui si forma il futuro della società.
A presentarla, ieri mattina al MIUR, il Ministro Lorenzo Fioramonti alla presenza della Vice Ministra Anna Ascani e della Sottosegretaria Lucia Azzolina.
Le classi in cui ogni giorno i nostri docenti insegnano con passione sono “l’aula più importante del Paese”, viene ricordato nel video della campagna. I team di ricercatori che in ogni ambito si distinguono a livello internazionale sono “la coalizione per il domani”. I “banchi in cui si decide il futuro” sono le scuole e le università. I giochi di “palazzo” su cui è focalizzato il lavoro del Ministero sono i momenti ludici e di crescita che i tanti bambini e ragazzi trascorrono tra gli edifici scolastici.
La campagna è costruita sull’affinità semantica che lega alcuni termini delle istituzioni scolastiche e di quelle democratiche. Lanciata oggi sui canali social del Ministero con un video, proseguirà con card social e con il coinvolgimento di influencer e della vasta community digitale del Ministero di Viale Trastevere.
Sentenza storica al Tar del Lazio: il test d’accesso per Medicina del 2015 non si è svolto in maniera regolare, violando l’anonimato dei candidati e mettendo dunque a repentaglio l’intera procedura selettiva. Così, dopo un lungo iter giudiziario, il Tar del Lazio ha definitivamente ammesso in sovrannumero tutti i ricorrenti assistiti dallo studio legale Leone-Fell.
“Una sentenza storica – dichiarano Francesco Leone e Simona
Fell, soci fondatori dello studio legale – che segna un punto di svolta per
tutti i ricorsi presentati dal 2015 ad oggi, essendo tutte le procedure
selettive degli ultimi anni caratterizzate dalla medesima violazione. Anche
l’ultimo test d’accesso, infatti, non ha garantito l’anonimato dei candidati.
Alla luce di questa sentenza, tutti possono proporre ricorso, a prescindere dal
punteggio ottenuto. Si tratta infatti di una gravissima irregolarità – spiegano
i legali – in quanto, come più volte affermato dai giudici amministrativi,
“nelle procedure concorsuali l’esigenza di assicurare il rispetto effettivo del
principio costituzionale del pubblico concorso e la regola fondamentale
dell’anonimato ad esso sottesa costituiscono la base di un dovere indefettibile
per l’amministrazione”. Siamo lieti che
le nostre battaglie stiano portando ai risultati sperati. Oggi anche i nostri
ricorrenti del 2015 potranno vedere riconosciuto un diritto fondamentale, quale
è quello allo studio. Ci auguriamo che adesso questa sentenza – concludono gli
avvocati Leone e Fell – possa fare da apripista per tutti i ricorsi successivi,
compreso quello avverso il test del 3 settembre 2019 e che non si debba
attendere tutto questo tempo per ottenere giustizia!”.
“Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione
Terza Bis) – si legge nella sentenza –
definitivamente pronunciando sul ricorso e sui relativi motivi aggiunti
lo Accoglie al pari dei motivi aggiunti e per l’effetto annulla la graduatoria
con essi impugnata, nei limiti dell’interesse dei ricorrenti. Accoglie la
domanda risarcitoria in forma specifica e per l’effetto dispone l’inserimento
anche in soprannumero dei ricorrenti tra i soggetti ammessi a frequentare i
corsi di laurea per cui è giudizio”.
Nello specifico, la prima violazione del principio
dell’anonimato si è prodotta nel momento in cui il Miur ha previsto che, una
volta aperto il plico con il materiale necessario allo svolgimento della prova
prove selettiva, ogni candidato dovesse “prioritariamente” compilare
la scheda anagrafica che non era precompilata, inserendo i propri dati e non
predisponendo alcuna busta per contenerla. Una volta compilata, quindi, la
scheda anagrafica è rimasta esposta sul banco durante tutto lo svolgimento
della prova, senza che fosse fornito alcuno strumento per sottrarla alla vista
del personale.
La presenza della scheda anagrafica “prioritariamente”
compilata, in luogo di un qualunque altro documento d’identità, ha dunque
consentito ai commissari di vedere l’abbinamento “nome candidato – codice
plico”, in quanto il nome del candidato era ricavabile dalla scheda
anagrafica, tenuta in vista sul banco; il “numero segreto” del codice
plico era leggibile sui fogli della prova di concorso su cui i candidati
dovevano lavorare (questionario, modulo risposte e foglio di controllo).
Un’altra violazione dell’anonimato si sarebbe prodotta per i
ricorrenti nel momento in cui sul modulo risposte del candidato è stato apposto
un codice plico prestampato (alfanumerico composto da 9 elementi fra numeri e
cifre) ed un codice alfanumerico (“Etichetta Miur”) che doveva essere
applicato dal candidato, prima della consegna dell’elaborato. I due codici
svolgevano funzioni differenti: il
primo, quello denominato “codice plico”, già stampigliato sui modelli
forniti ai candidati per lo svolgimento della prova, doveva servire ad abbinare
il questionario al modulo risposte, in modo da consentire la correzione
dell’elaborato, ma in realtà per svolgere tale funzione sarebbe bastato il solo
codice a barre senza l’aggiunzione di un ulteriore codice alfanumerico
sottostante; il secondo, quello denominato “etichetta Miur”, doveva
essere apposto al termine della prova, rispettivamente sulla scheda risposte e
sulla scheda anagrafica e serviva appunto a ricondurre l’elaborato all’identità
del candidato. Il primo codice, identificativo della prova di ciascun
candidato, era visualizzabile e, pertanto, memorizzabile fin dall’inizio della
prova, in quanto presente non solo sul modulo risposte, ma su ogni altro modulo
fornito al candidato per lo svolgimento della stessa e, cioè, in particolare,
sul questionario e sul foglio di controllo utilizzato dal candidato per
prendere appunti o eseguire operazioni utili per lo svolgimento del test.
Memorizzazione resa agevole dalla circostanza che dei nove elementi componenti
il codice, i primi sei erano uguali per tutti i candidati, identificando l’ateneo
e la tipologia di prova, mentre le ultime tre cifre individuavano il candidato.
Quindi, non solo su questi documenti il candidato, secondo quanto previsto dal
bando e dal foglio istruzioni prova, poteva inserire qualsiasi dato e scrivere
qualsiasi informazione, ma lo stesso codice per i ricorrenti poteva fungere da
segno di riconoscimento. Ragion per cui appariva un paradosso che da un canto
l’amministrazione censurava l’apposizione di qualsivoglia segno di
riconoscimento nella prova, ma al contempo apponeva il codice plico: elemento
di identificazione che avrebbe potuto ancor meglio agevolare i candidati e i
commissari, che avessero voluto falsare il concorso.
“Il principio dell’anonimato – precisano i legali –
risultava di fatto già violato nel momento in cui le amministrazioni hanno
legittimato la presenza di un vero e proprio segno di riconoscimento,
consentendo l’individuazione del codice non solo ai commissari, ma agli stessi
candidati che potevano quindi comunicarlo a terzi. Questo è sufficiente a
ritenere violato il principio di imparzialità e trasparenza che deve essere
garantito in ogni selezione pubblica, nel 2015 così come nel 2019”.
Per maggiori delucidazioni e per spiegare anche a chi ha
proposto ricorso negli anni successivi le implicazioni di questa storica
sentenza, i legali dello studio Leone-Fell terranno una diretta streaming sui
propri canali social (pagina Facebook: Avv. Francesco Leone) mercoledì 4
dicembre alle 17.30.
Il numero degli alunni disabili cresce di almeno 10 mila unità l’anno. Tuttavia,
mancano ancora servizi e tutele vere per una piena integrazione di bimbi e
adolescenti nelle rispettive scuole. E nell’Italia del 2019 l’obiettivo
inclusione sembra davvero distante: se cresce la percentuale di allievi con
vari deficit certificati, la loro presenza a scuola, spesso, è messa a rischio
quando non vanificata dalla presenza di barriere architettoniche che spesso
precludono o rendono difficoltoso o a volte umiliante anche solo l’accesso agli
stessi istituti, posti spesso all’interno di edifici magari monumentali, ma
poco funzionali.
LA BEFFA DELLE NOMINE RITARDATE
Oltre al danno, poi, c’è la beffa, con diverse migliaia di nuovi posti di
sostegno richiesti dagli Usr con mesi di ritardo rispetto all’inizio dell’anno
scolastico. È notizia di qualche giorno fa la pubblicazione da parte dei
diversi Uffici Scolastici degli
elenchi con tanti posti da assegnare e le scuole sono iniziate da
mesi. Un ritardo colpevole che Anief non ha mancato di sottolineare chiedendo a
gran voce docenti specializzati con corsi regolari e con posti equamente
distribuiti e rispettosi delle effettive esigenze. Non come accaduto nell’ultimo
ciclo specializzante, ma rispettando i tempi e le quantità fissate
nelle esigenze certificate dai Pei, assegnando con sollecitudine posti in
deroga ogni volta che la scuola lo richieda e senza costringere le famiglie a
ricorrere ai tribunali.
L’INCHIESTA
In un’intervista televisiva nell’ambito di una
inchiesta di Report, il ministro dell’Istruzione Lorenzi Fioramonti ha
ammesso che le scelte della politica negli ultimi anni hanno guardato al
risparmio economico piuttosto che al benessere degli studenti disabili, girando
il problema dei nuovi investimenti al titolare del Mef Roberto Gualtieri. I
numeri reali restano implacabili: 270mila studenti con disabilità frequentano
le scuole pubbliche seguiti da 100 mila insegnanti di sostegno; un numero
insufficiente integrato in deroga con la nomina di altri 75mila supplenti,
chiamati per provare a garantire a tutti in extremis il diritto costituzionale
allo studio, ma di sicuro non la continuità didattica.
LE SENTENZE A FAVORE DEI DISABILI
Forte di alcune recenti sentenze, il sindacato Anief continua la battaglia.
E i giudici gli danno ragione. Anche la Corte di Cassazione, ha spiegato che
non è possibile fare modifiche quando il piano individualizzato dello studente
disabile è stato stabilito: cancellare tutte o parte delle ore settimanali
previste dalla programmazione educativa è un atto illegittimo. Inoltre la Corte
Costituzionale, con
la sentenza n. 80/2010, ha dichiarato inammissibile fissare un limite
numerico ai docenti di sostegno. Le Sezioni Unite della Cassazione hanno già,
inoltre, chiarito come “il diritto all’istruzione è parte integrante del
riconoscimento e della garanzia dei diritti dei disabili, per il conseguimento
di quella pari dignità sociale che consente il pieno sviluppo e l’inclusione
della persona umana con disabilità”. E anche la pubblicazione della
sentenza di quest’anno del Tar Sicilia, la 140/19, impone di rivedere la
consistenza dell’organico di sostegno.
L’AZIONE DELL’ANIEF
L’Anief sostiene le famiglie con l’iniziativa gratuita ‘Sostegno,
non un’ora in meno!’, per far rispettare e attribuire il corretto monte ore
di sostegno agli alunni.
La matematica è in assoluto una delle materie in cui i ragazzi italiani hanno maggiori difficoltà. Lo dimostra il livello con cui questi, dopo il percorso di scuola primaria e scuole medie, arrivano alle scuole superiori, licei e istituti tecnici.
Sicuramente c’è da ripensare al percorso di studi, soprattutto al passaggio (ministeriale) tra scuole elementari e scuole medie, che rischia di spezzare l’iter di crescita in itinere e rischia di creare ritardi.
Proprio per questo, c’è bisogno di una classe insegnanti virtuosa. Un corpo docenti capace di trasmettere entusiasmo, coinvolgere e convincere.
La matematica, in primis, prevede che l’insegnante sia capace e competente nella sua materia. Non basta che questo abbia studiato e si sia laureato, e sia un buon pedagogista, ma che mantenga allenata la mente, studi continuamente e poi proponga le sue lezioni agli studenti.
Ma non basta: il maestro di matematica deve essere un vero e proprio supereroe. La passione coi numeri non deve essere monotona ma divertente. Quindi bisogna coinvolgere i ragazzi, e lo si può fare solo trasmettendo il proprio entusiasmo. L’insegnante di matematica che non si entusiasma per ciò che fa non potrà mai coinvolgere i suoi giovani.
C’è poi la formazione continua, e in questo le guide ci vengono incontro. Ecco i nostri suggerimenti.
L’obbligatorietà dei test Invalsi per la maturità ha fatto tornare in auge nel dibattito le prove Invalsi che, ricordiamo, non sono solo legate ai licei ma a tutti i livelli di studio.
Una delle prove più intense, e più preoccupanti per i docenti, è quella di inglese. Ok, è una verifica di competenze già acquisite ma… come le interrogazioni, meglio arrivarci ben preparati!
In che modo? I libri destinati alla preparazione delle prove Invalsi sono tanti e alcuni davvero molto performanti. Con strumenti per il curricolo verticale, conformità alle linee guida ufficiali e test su prova nazionale, sono quello che fanno per ogni insegnante.
Domani 30 novembre 2019, a partire dalle ore 18.00, nella Biblioteca di Storia Patria del Maschio Angioino si terrà la serata finale dell’XI Edizione del Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli.
Dopo le proiezioni di questi giorni, verranno proclamati i due film vincitori (miglior cortometraggio e miglior lungometraggio) dalla Giuria Esperti (composta da Elisabetta Pandimiglio, documentarista romana; Antonio Prata, direttore del Festival dei Diritti Umani di Lugano; Sandra Lorenzano, docente della Universidad Autónoma de México ed esperta di migrazioni). Saranno anche assegnate le menzioni YOUTH (per i film destinati ai giovani) a cura di una Giuria Giovani composta da ragazzi tra i 13 e i 20 anni, la Menzione ARRIGONI/MER KHAMIS (per il film più coraggioso e innovatore) assegnata dalla Giuria dei selezionatori interni e la Menzione CLIMA a cura della Giuria Esperti. La Giuria Popolare, costituita su base volontaria su invito pubblico formulato dal Festival, sarà chiamata ad assegnare la Menzione PLATEA DIFFUSA.
Il Festival verrà chiuso dalle composizioni di Nino Rota, Ennio Morricone e Nicola Piovani interpretate dal maestro Sandro Deidda, sassofonista e protagonista di primo piano della scena jazz italiana. Un’arrivederci “in armonia” al prossimo anno.
L’ingresso è gratuito.
Il Festival, patrocinato da Amnesty International Italia, appartiene alla sua rete Human Rights Film Network e ha avuto come partner principali: Comune di Napoli – Assessorato al Turismo e Cultura, Regione Campania, Banca Popolare Etica, l’Ambasciata Svizzera in Italia e l’Associazione 46simo Parallelo di Trento. Media partner sono stati “Il Manifesto” (con la sua rivista “Extraterrestre”) e il mensile di cinema “Diari di Cineclub”.
L’XI Festival è stato accompagnato dalla mostra W.A.R.S. (Wars And Revolutionary Stories) organizzata dall’Atlante dei conflitti e delle guerre di Trento che sarà possibile visitare fino al 1 dicembre nella Sala delle Armerie del Maschio Angioino.
La Giunta comunale, a firma dell’assessore alla scuola Annamaria Palmieri ha approvato due delibere per l’esecuzione dei lavori urgenti e indifferibili di impermealizzazione dei solai di copertura delle scuole secondarie di I grado “72°- Palasciano” plesso Palasciano di via Padula n.131 (per un importo di 146.000,00 euro) e “Don Giustino Russolillo” plesso Torricelli in via Torricelli n.5/c (per un importo di 143.000,00 euro) interessati da ingenti infiltrazioni meteoriche.
“Abbiamo deciso di operare” ha dichiarato l’Assessore Palmieri “in estrema urgenza perché le conseguenze dei danni causati dal maltempo non provocassero ammaloramenti ulteriori e per consentire quanto prima la risoluzione dei problemi infiltrativi”.
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