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Precari triennalisti, sentenza stabilisce nessun diritto al risarcimento del danno se ottenuta immissione in ruolo

tribunale giustizia martelletto

I precari triennalisti che abbiano ottenuto l’immissione in ruolo non hanno diritto al risarcimento del danno. Lo ha stabilito la Sezione Lavoro della Corte di cassazione con la sentenza 6640 del 9 marzo scorso.

Lo rende noto la Gilda degli Insegnanti sul suo portale web.

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I giudici di legittimità, spiegano dal sindacato, hanno chiarito che l’immissione in ruolo sana definitivamente la lesione del danno da mancata conversione del contratto di supplenza in contratto a tempo indeterminato. E ciò fa cessare il diritto a vedersi riconoscere le mensilità di retribuzione previste a titolo di risarcimento anche se la reiterazione è avvenuta oltre i 3 anni e con supplenze annuali (fino al 31 agosto).

Disponibile al seguente link il testo della sentenza.

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Cassazione: “CCNL 2011 illegittimo, discrimina i precari”

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Arriva un’altra sentenza storica dalla Corte di Cassazione che conferma in toto quanto da sempre sostenuto da Anief sull’illegittimità di quanto riportato nel CCNL del Comparto Scuola del 4.8.2011,che, all’art. 2, nel rimodulare le fasce stipendiali sino a quel momento vigenti attraverso l’accorpamento della prima (0-2) alla seconda (3-8) e la loro sostituzione con un’unica fascia iniziale 0-8, ha previsto che solo il personale già in servizio a tempo indeterminato alla data del 1° settembre 2010, potesse conservare “ad personam” il maggior valore stipendiale in godimento, o il diritto al precedente livello 3-8 a seconda dei casi. La Cassazione, invece, ha riconosciuto anche al personale immesso in ruolo dopo il 2011, ma con almeno un anno di precariato svolto negli anni precedenti al 1° settembre 2011, all’applicazione della “clausola di salvaguardia” che riconosce il mantenimento economico del gradone stipendiale “3-8 anni” molto più favorevole.

“L’Anief – spiega una nota stampa – unico sindacato che da subito si è mosso per denunciare l’illegittimità di quegli accordi contrattuali, dopo le numerose vittorie nei tribunali di tutta Italia che rilevavano l’illegittimità della norma interna per violazione del principio di non discriminazione riportato nell’accordo quadro allegato alla Direttiva Comunitaria 1999/70/CE, ha ricevuto oggi conferma dalla Corte di Cassazione sull’assoluta fondatezza delle proprie tesi. “Il giudice, una volta accertata la violazione della richiamata clausola 4 – si legge nella sentenza – è tenuto a disapplicare la norma di diritto interno in  contrasto con la direttiva ed a riconoscere ad ogni effetto al lavoratore a termine, poi immesso nei ruoli dell’amministrazione, l’intero servizio effettivo prestato” evidenziando che “viola la richiamata clausola anche l’art. 2 del c.c.n.l. 4.8.2011 nella parte in cui limita il mantenimento del maggior valore stipendiale in godimento ‘ad personam’, fino al conseguimento della nuova successiva fascia retributiva ai soli assunti a tempo indeterminato”.  Una tale disposizione, infatti, “per essere conforme alla clausola 4 dell’Accordo Quadro CES, UNICE e CEEP allegato alla direttiva 1999/70/CE non può che essere considerata applicabile (disapplicata la limitazione in essa contenuta) a tutto il personale”.

“Nella sentenza n. 2924/2020 della Suprema Corte è riportato a chiare lettere – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – che nel momento in cui si afferma la piena comparabilità degli assunti a tempo determinato con il personale di ruolo, in ossequio al principio di non discriminazione, non può che derivarne la necessità di disapplicare una norma contrattuale che, transitoriamente, salvaguardi il mantenimento del maggior valore stipendiale in godimento ad personam fino al conseguimento della nuova successiva fascia retributiva (9-14) solo per il personale assunto a tempo indeterminato. Avevamo ragione noi – continua il presidente Anief – quando ci siamo mossi contro un CCNL economico di comparto, siglato nel 2011 da buona parte degli altri sindacati che, ancora una volta, discriminava i precari e il periodo svolto durante il precariato. Con la nostra rappresentatività porteremo noi la voce dei precari in contrattazione e anche questa stortura dovrà essere sanata. Ribadiremo – conclude Pacifico – per l’ennesima volta che il lavoro svolto durante il precariato non può mai essere considerato come servizio di serie B. La loro dignità, per noi, non è contrattabile”.