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Educazione Civica: in Parlamento c’è l’accordo per estenderla a tutte le classi, ma non convince

La soluzione trovata in VII Commissione di Montecitorio, quella di introdurre il voto in pagella senza trasformarla in materia, è confusionaria e non serve. Anief lo aveva detto in Parlamento: bisogna ripristinare almeno due ore in più obbligatorie e ridare dignità a una materia fondamentale per costruire un cittadino italiano in Europa. 

Il compromesso raggiunto in Commissione cultura alla Camera sul testo “verrà votato in Aula a partire dal 29 aprile e potrebbe essere approvato prima delle elezioni europee”.

“I buoni propositi del Governo e del Parlamento si infrangono, uno dopo l’altro, sulle rigidità del Ministero dell’Economia: anche il ritorno dell’Educazione civica sui banchi di tutte le classi italiane rientra in questa regola”, è il commento di Anief.

“L’accordo inutile”

La Commissione Cultura della Camera ha previsto che dal prossimo 1° settembre la disciplina verrà introdotta nelle classi che vanno dalla prima della primaria alla quinta superiore: solo che, sottolinea il Corriere della Sera, “la legge è molto meno ambiziosa delle promesse fatte in questi mesi: un’ora in più nel curriculum sarebbe stata troppo costosa, l’ipotesi di ricavare un’ora settimanale a scapito di altre materie sarebbe stato politicamente improponibile senza scatenare proteste di esperti e insegnanti. Dunque la «conoscenza della Costituzione italiana e delle istituzioni comunitarie» sarà un «insegnamento trasversale». Cioè ogni scuola ricaverà 33 ore annuali per insegnare i «principi di legalità, cittadinanza attiva e digitale, sostenibilità ambientale, diritto alla salute e al benessere della persona», prendendo ore un po’ da tutte le altre materie, come il consiglio di istituto riterrà più utile”. 

“Il testo in discussione – scrive ancora il quotidiano nazionale – ripete più volte che non «devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica». Cioè si farà usando i docenti della classe e l’organico dell’autonomia, cioè quegli insegnanti senza cattedra che sono a disposizione nelle scuole dopo la riforma Renzi: molti di loro sono tra l’altro abilitati (alle superiori) per l’area giuridica e dunque avrebbero le competenze adatte. Comunque la legge prevede dal 2020 un fondo di quattro milioni per la formazione dei docenti. L’insegnamento potrà essere anche affidato a più insegnanti in contitolarità, ma ci sarà un coordinatore («al quale non sono dovuti compensi o indennità» per questo incarico) per ogni classe che dovrà dare un «voto in decimi» ad ogni alunno”.

Il sindacato: “Non si fa così”

“Riteniamo inaccettabile questo modo di procedere – dice Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – perché non si può pensare di introdurre una disciplina solo inglobandola all’interno di altre. E, oltretutto, affidando l’insegnamento ai docenti che, più o meno casualmente, possono essere presenti nell’istituto in qualità di docenti di potenziamento oppure soprannumerari. E se questi docenti non dovessero essere presenti? Chi insegnerà l’Educazione civica? Ci sono palese violazioni dello stato giuridico dei docenti, della libertà d’insegnamento e dello stesso contratto collettivo nazionale. Chi ha deciso questa soluzione non conosce la scuola perché sa che da sempre alcune competenze relative all’educazione civica sono patrimonio trasversale di tutte le materie. In questo modo si fa soltanto confusione e tanta propaganda. 

Per Anief il provvedimento introdotto rappresenta solo un minimo segno di apertura del Governo verso il problema. Ma dove essere fatto molto di più. I contenuti da introdurre sono stati segnalati nel corso di un’audizione tenuta dal giovane sindacato presso la VII Commissione Cultura della Camera lo scorso 12 marzo: il sindacato, nell’occasione, ha chiesto l’istituzione della disciplina come materia autonoma, con un minimo annuale aggiuntivo di non meno di 33 ore per la scuola primaria e 66 ore per la secondaria.

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Più educazione civica alla primaria, ma anche più Europa: lo chiede l’ANIEF

Bandiera dell'Unione Europea Europa Unita

“Pensare di introdurre delle ore di educazione civica obbligatoria già nella scuola dell’infanzia con alcuni progetti e dalla primaria con 33 ore annuali obbligatorie è un’idea convincente, ma a due condizioni: quelle ore devono essere aggiuntive e riguardare anche la storia europea”: a sostenerlo è Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal, a commento della proposta di legge che sarà presentata alla Camera nel prossimo mese di gennaio 2019, con l’impegno del Ministro dell’Istruzione Marco Bussetti di seguirne l’iter per giungere presto all’approvazione.

“Introdurre delle ore di scuola sull’educazione civica è un passaggio fondamentale per contrastare la deriva di aggressività ed intolleranza che si è venuta a determinare negli ultimi anni, anche all’interno degli istituti scolastici. Tuttavia, si deve trattare di un aumento di offerta formativa e non certo di una sottrazione di altre, come invece sembrerebbe voler fare il Miur. Si tratterebbe, in questo caso, di un travaso di 33 ore annuali da una disciplina all’altra. In particolare, non avrebbe alcun senso sottrarre delle ore a Storia: prima di tutto perché già ingloba nei suoi programmi questo genere di contenuti e poi perché, semmai, la Storia va potenziata, non certo ridotta”.

Il sindacalista, che solo pochi giorni fa ha espresso questi concetti a Lisbona, nel corso del convegno Accademia Europea Cesi su Horizon 2025, sostiene anche che nel pacchetto aggiuntivo di educazione civica debba essere presente la costruzione dello Stato di diritto: “partendo dalle Carte fondamentali e dai Trattati Europei, ha già trovato un’ossatura importante nelle diverse direttive che regolano la nostra vita – ricorda Pacifico -: occorre che le nuove generazioni conoscano la storia europea e le regole che la governano fin dal Duecento, perché mai come oggi questi contenuti si intrecciano con lo studio della storia, del pensiero, dell’economia, della società e di nostri valori comuni da rintracciare”.

“In Italia – si legge nella nota diffusa dal sindacato – l’attuale governo sembrerebbe più attratto da progetti che puntano ad una didattica sempre più localistica, sulla spinta di impulsi che portano alla regionalizzazione piuttosto che all’allargamento dei confini”.

“Sapere da dove arriviamo – dice ancora il leader Anief – significa conoscere il rapporto di alterità-identità ed è compito di noi educatori ricostruire un legame senza il quale nessuno si può riconoscere pienamente in quel progetto di pace e giustizia, in primo luogo sociale, che vuole e deve essere l’Europa dei nostri Padri fondatori. Bisogna sentirsi fieri di essere cittadini europei, dentro uno spazio che dal nome stesso di Europa, principessa libanese, ci rimanda a uno ben più ampio, euro-mediterraneo, rispetto anche a quello descritto da Braudel, comunque aperto e non di frontiera. Ecco perché quando si parla di cittadinanza e costituzione non ci si deve fermare alle barriere nazionali”.