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Istituti Professionali meglio dei Tecnici e dei Licei per inserimento lavorativo post-diploma: lo dice il Miur

insegnanti teamworking intesa

Circa il 60% degli studenti provenienti dagli Istituti professionali italiani risulta occupato nei due anni successivi al conseguimento del titolo di studio. È quanto emerge dalle anticipazioni dei dati sull’inserimento dei diplomati nel mondo del lavoro, relativamente agli anni scolastici 2013/2014, 2014/2015 e 2015/2016, diffusa in queste ore sul sito del Miur. Anticipazioni che riguardano 1.317.700 diplomati negli anni in questione.

Occupabilità dei diplomati
Sul totale dei diplomati- si legge – per ogni anno scolastico, circa il 37% ha attivato almeno un contratto di lavoro nei due anni successivi al conseguimento del diploma. Osservando i diplomati per percorso di studi, circa il 60% degli studenti di indirizzi Professionali ha attivato un contratto, a fronte di circa il 50% dei diplomati degli indirizzi Tecnici e di circa il 22% dei diplomati nei Licei. Il tipo di contratto maggiormente utilizzato è quello a tempo determinato: 48,9% nel 2013/2014; 49,6% nel 2014/2015; 49,4% nel 2015/2016. Prevale largamente il settore occupazionale dei Servizi (75,4% nel 2013/2014; 76,2% nel 2014/2015; 76% nel 2015/2016), seguito da Industria (19,3%; 18,6%; 19,2%) e Agricoltura (5,3%; 5,2%; 4,8%).

Primo contratto
Il 28,8% dei diplomati, secondo lo studio, nei tre anni scolastici ha ottenuto il primo contratto entro una fascia di tempo da tre a sei mesi dal conseguimento del titolo di studio; il 12,4% ha trovato un posto in meno di un mese; il 14,5% ha atteso più di un anno. Tra i primi contratti si conferma la prevalenza di quelli a tempo determinato: 41,2% nel 2013/2014; 41% nel 2014/2015; 42,7% nel 2015/2016.

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Istituti professionali, la denuncia della Gilda degli Insegnanti: “Docenti costretti a lavorare gratis”

aula generica esami maturità 2019

Il nuovo assetto organizzativo e didattico degli istituti superiori professionali individua ulteriori incarichi per i docenti tutor senza prevedere per queste figure alcuna formazione e caricando su di loro lavoro aggiuntivo non retribuito. La Gilda degli Insegnanti dice no all’ennesima riforma in ambito scolastico improntata all’improvvisazione, che svilisce la professionalità dei docenti, all’aumento della burocratizzazione e dei carichi di lavoro.

“Dopo un iter legislativo lungo e spesso confuso – spiega la Gilda – negli istituti superiori a indirizzo professionale è stato introdotto il PFI, ovvero il Progetto Formativo Individuale, che si aggiunge ai PEI e a i PDP, strumenti già numerosi nella realtà di questi istituti. La revisione dei percorsi di istruzione professionale prevede, inoltre, la ridefinizione dei quadri orari, in un’ottica che predilige maggiormente le attività di laboratorio, e la didattica per competenze scandita in Unità di Apprendimento (UdA). Tutte innovazioni che relegano il lavoro degli insegnanti ad atti formali e non sostanziali e che spingono la scuola verso una burocratizzazione sempre più asfissiante”.

“Non stiamo chiudendo la porta a nuove metodologie, a una nuova didattica o a nuovi strumenti in grado di abbattere discriminazioni ed emarginazioni – sottolinea la Gilda – ma chiediamo al Miur di riconoscere e valorizzare l’impegno professionale, stanziando risorse aggiuntive per retribuire i docenti tutor sulle cui spalle grava una mole di lavoro perlopiù impiegatizio, fatto di inutili scartoffie da compilare che sottraggono tempo prezioso alle attività didattiche e, quindi, alla formazione concreta degli studenti”.

“In alternativa – propone la Gilda – si potrebbe aumentare l’organico degli istituti professionali, così da permettere ai tutor di avere ore a disposizione da dedicare alla personalizzazione dell’insegnamento”.

“Senza questi interventi, da mettere in campo in breve tempo, – conclude il sindacato – la riforma rischia di fallire”.

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Nuovi percorsi Istituti Professionali, primi riscontri dal tavolo di verifica

aula scuola generica

Nei giorni scorsi si è riunito il primo tavolo di verifica e confronto tra l’amministrazione e i sindacati sul tema della riforma degli Istituti professionali.

“Come è noto – spiega la Gilda degli Insegnanti – la riforma ha avuto successivi provvedimenti di attuazione. Da rimarcare il fatto che mancano ancora il DM con le Linee Guida previsto dal D.Lgs.61/2017″.

“La riforma – continua la nota – ha come elementi caratterizzanti la flessibilità dei percorsi, l’individualizzazione dei percorsi, l’esistenza di passerelle tra IP e IeFP e viceversa e l´assetto didattico basato su assi culturali. Nel Decreto 61/17 le parole chiave sono: 

  • la ridefinizione indirizzi di studio
  • l’innovazione dei profili e delle metodologie didattiche
  • la personalizzazione dell´apprendimento fondata sulla centralità dello studente in un ambiente di apprendimento specifico
  • l’aggregazione delle discipline per assi culturali
  • la didattica laboratoriale con l´aumento delle ore di laboratorio e gli ITP
  • l’introduzione delle UDA (unità di apprendimento) declinate per gruppi di insegnamento che determinano la necessità di un approccio cooperativo dei contenuti per le competenze comuni
  • la flessibilità dei percorsi legate alle esigenze territoriali e delle Regioni
  • la correlazione con i territori e il modo del lavoro utilizzando i codici ATECO 
  • la riconduzione a 11 indirizzi della complessità dell´IP precedente al Decreto 61.
  • In particolare sono state evidenziate le novità dell´indirizzo relativo alla pesca commerciale, alla gestione delle acque e risanamento ambientale, ai servizi culturali e dello spettacolo. 

I percorsi sono declinati inoltre mediante i codici NUP (nomenclatura e classificazione delle unità professionali). Il titolo di studio dovrà quindi contenere sia il codice ATECO che il codice NUP. Nel 2023 ci saranno i primi diplomati con il nuovo ordinamento”.

Le criticità (secondo la Gilda)

La delegazione della Gilda degli Insegnanti, dopo la disanima della riforma fatta dall´Amministrazione, ha espresso una serie di osservazioni critiche:

  • La riforma si basa sul concetto di unitarietà del primo biennio, ma ciò non sembra essere stato recepito in sede di definizione degli organici. In particolare si fa riferimento alla penalizzazione delle ore di storia. In generale si rischia la creazione di soprannumerarietà a causa della riduzione delle ore dedicate all´area generalista. Tale problema deve essere urgentemente affrontato anche con la Direzione del Personale.
  • Di fronte alla possibilità di disequilibri nella definizione degli organici è necessario che la quota di personale assegnato come potenziamento alle scuole sia effettivamente funzionale alle esigenze del PTOF delle scuole.
  • La Gilda rimarca il fatto che la costruzione dei PFI e l´obbligatorietà del tutor individualizzato determina un aumento esponenziale dei carichi di lavoro dei docenti senza che ciò abbia alcun riconoscimento contrattuale. Non si possono fare le riforme sulle spalle dei docenti senza adeguati riconoscimenti del lavoro svolto. Non è un caso che si sta assistendo ad una fuga di molti docenti dagli Istituti Professionali che già erano segnati da una serie complessa di problematiche non solo didattiche, ma anche sociali.
  • La Gilda ribadisce le sue perplessità su un assetto didattico fondato su assi culturali e UDA senza che vi sia stata adeguata formazione e informazione ai docenti.
  • La Gilda ha richiesto all´Amministrazione i dati analitici delle iscrizioni su base territoriale e per indirizzi per analizzare i trend futuri e gli effetti della riforma in atto. Risulta infatti per l´a.s. 2019-20 un ulteriore decremento delle iscrizioni dello 0,4%.
  • La Gilda ha richiesto unitariamente alle altre OO.SS. la calendarizzazione di incontri specifici sull´istruzione professionale insieme alla Direzione del Personale e ai responsabili d rete per monitorare i problemi esistenti e per trovare soluzioni anche in sede di mobilità all´eventuale esubero.