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Kerch e Sarzana, due casi diversi ma una sola risposta: dialogo nelle scuole

Antonella Bozzaotra, presidente dell'Ordine degli Psicologi della Campania (foto: RoadTv)

In Crimea, a Kerch, un 18enne irrompe a scuola, piazza una bomba in mensa e poi con un fucile calibro 12 spara all’impazzata, poi si toglie la vita. Il bilancio è pesante: almeno 19 morti e 40 feriti, di cui 12 aggrappati per i capelli alla vita.

Poche ore prima, nel liceo Arzelà a Sarzana, terrore per una bravata che di “bravata” in realtà ha ben poco: 500 persone evacuate e 19 in ospedale per problemi respiratori perché un ragazzo ha spruzzato dello spray urticante in classe, di quelli al peperoncino che si usano per autodifesa.

Due casi vicini o lontani? Lo abbiamo chiesto ad Antonella Bozzaotra, presidente dell’Ordine degli Psicologi della Campania.

Presidente, tra i due casi ci sono punti di contatto?

“Credo che i due episodi possano essere connessi solo per l’età degli autori e per il luogo dove sono avvenuti: sono di età giovane ed è successo a scuola. Ciò detto, possiamo riflettere sul fatto che il primo episodio può essere riferito a uno scherzo eccessivo, il secondo è dettato da un’ideologia, dal credere e avere valori per i quali si è disposti a dare la vita”. 

Quali sono i segnali d’allarme che possono lasciar presagire a atti simili, di tale portata? Ed è possibile prevenirli?

Solo i contesti di dialogo possono svolgere azioni di prevenzione. Per noi psicologi è quindi fondamentale abitare i contesti, uscire dalla logica del professionista che, chiuso nel suo studio, si occupa solo degli aspetti patologici e lavorare quotidianamente tra i cittadini per promuovere benessere“.

Cosa deve fare un insegnante quando ha il dubbio di avere a che fare con un ragazzo che può avere questo tipo di problemi?

Affrontare fenomeni complessi provando a racchiuderli in compartimenti stagni è un percorso sbagliato che non porta a nulla. Dobbiamo essere consapevoli che nessuna istituzione, associazione, ente o singolo cittadino può pensare di giocare e vincere questa battaglia da solo, ma serve mettere in comune le risorse e le competenze. Nel nostro caso, con la Settimana del benessere siamo entrati nelle scuole, abbiamo promosso momenti di confronto e riflessione con dirigenti scolastici, docenti, studenti e genitori. Siamo consapevoli che si tratta di un lavoro lungo e non facile, ma siamo altrettanto convinti che solo una rete sociale ampia e forte possa dare risposte organiche e strutturali“.