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Anief presenta le sue proposte al disegno di legge 877 sulla formazione delle classi alla VII Commissione della Camera

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Una maggiore flessibilità in presenza di alunni con disabilità, per le pluriclassi e nelle scuole montane, in piccole isole o a rischio, organici legati alle esigenze del territorio, recupero dei tagli al dimensionamento, all’insegnamento modulare nella primaria, al personale Ata con l’attivazione dei profili C ed As, riapertura delle GaE e stanziamento dei 10 miliardi risparmiati nella scuola alla contrattazione.

Questi sono i temi degli emendamenti illustrati da Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, durante l’audizione presso la VII Commissione Cultura, Scienza e Istruzione di Montecitorio sulla proposta di legge AC 877 Azzolina “Disposizioni concernenti la formazione delle classi nelle scuole”, dopo un preliminare giudizio positivo sul testo.

Il sindacalista che dalla XIV legislatura interviene spesso in Parlamento ha rimarcato l’importanza di questi momenti di dialogo a cui non si può sottrarre un sindacato come Anief, oggi ancora di più, dopo aver ottenuto la rappresentatività nell’ultima campagna RSU.

Le proposte sono state suddivise in due gruppi: il primo relativo a esigenze di maggiore flessibilità nella proposta di formazione delle classi come da modifiche dell’articolo 1 al comma 1 dell’articolo 64 della legge 133/2008, il secondo relativo a diverse modifiche al DPR 81/09 sul dimensionamento scolastico come già emendato dall’articolo 2.

Anief ha precisato come sia importante questa proposta innanzitutto perché, finalmente, dopo dieci anni di tagli e risparmi realizzati all’indomani dell’approvazione della prima legge italiana orientata al pareggio di bilancio (legge 133/2008) imposto dagli accordi europei, sotto la scusa di una maggiore efficienza ed efficacia della pubblica amministrazione che ha fatto chiudere 10 mila plessi, una sede di presidenza e direzione amministrativa su quattro, ridurre il tempo scuola di quattro ore settimanali, il personale ATA del 17% e gli organici nella primaria del 30%, innalzare di un punto il rapporto alunni-docenti, si intravede un profondo cambiamento di orizzonte. Ma questo da solo non basta. Bisogna essere più coraggiosi e trovare le risorse che già ci sono.

Da qui la ragione delle proposte emendative illustrate.

Nei primi tre emendamenti, si è chiesto di derogare ai limiti minimi nella formazione delle classi rispetto alla proposta di 20 alunni in presenza di alunni con disabilità grave e certificata, e di ritornare ai criteri del DM 331/98 sulla formazione delle pluriclassi consentendo in generale ulteriori deroghe per le scuole montane, delle piccole isole o in zone a rischio o alto flusso migratorio o in zone economicamente depresse.

Una proposta specifica tende, anzi, a cambiare le regole sul dimensionamento per recuperare le scuole chiuse o accorpate e per finalmente attribuire gli organici non più in maniera lineare ma in base alle esigenze del territorio. Territorio e non Regioni, perché le scuole sono autonome all’interno di un servizio d’istruzione garantito dallo Stato in ogni parte della Nazione (vedi le ragioni dello sciopero del 27 febbraio). In questo modo potrebbero essere recuperate anche le 4 mila presidenze e direzioni amministrative tagliate nell’ultimo decennio ponendo fine allo scandalo di dirigenti scolastici costretti a reggere anche 20 plessi distanti tra loro.

Nella formazione delle classi nella scuola primaria bisogna ritornare all’insegnamento modulare abbandonando definitivamente il concetto di maestro unico, specie nella nuova ottica che vorrebbe introdurre l’insegnamento di educazione motoria che dovrebbe essere affiancato all’insegnamento specialistico in lingua inglese. Abbiamo la prova con i rapporti PIRLS che è necessaria una svolta per migliorare gli apprendimenti dei nostri studenti. 

Ma non vi è un problema di sovraffollamento delle classi. Bisogna anche recuperare il taglio al personale ATA recuperando quel 17% dei posti fuori le classi e quei 20 mila posti mai attivati nei profili di coordinatore degli assistenti tecnici, amministrativi e dei collaboratori scolastici, autorizzati da vent’anni.

Innalzare di un punto, poi, il rapporto alunni / docenti necessita l’adozione di nuove assunzioni che combinate con i pensionamenti anticipati, il ricambio del turn over, le attuali cattedre vuote, impone un piano straordinario di assunzioni di 130 mila precari. Per fare ciò bisogna riaprire le Gae al personale abilitato e abilitare chi da 36 mesi presta servizio per lo Stato.

Certamente ci vogliono risorse ma queste potrebbero essere facilmente reperibili dai risparmi di spesa della mancata piena attuazione della quota 100 se è verso che meno della metà dei potenziali lavoratori non presenterà la domanda di pensione anticipata, liberando così subito 3,5 miliardi.

Se poi non si ha il coraggio di tornare indietro e recuperare tutte le risorse sottratte all’istruzione, conclude Marcello Pacifico, allora si dovrebbe almeno richiedere al Governo di attribuire alla contrattazione quel 30% previsto dalla legge (art. 64, comma 9, legge 133/2008) dei risparmi di spesa avvenuti nella scuola (30 miliardi tra il 2009 e il 2021) per la carriera del personale docente e mai stornati per via del blocco del contratto tra il 2009 e il 2015. In questo modo, almeno, al tavolo per il rinnovo del nuovo contratto per il triennio 2019-2021 si potrebbe ottenere l’allineamento degli stipendi del personale della scuola alla media europea.