Eliana Frontini è un’insegnante. Rischia di non esserlo più – almeno per un po’ di tempo – e potrà maledire solo sé stessa.
“Uno in meno chiaramente e con lo sguardo poco intelligente. Non ne sentiremo la mancanza”. Così la prof Frontini si lascia andare sui social network in un commento che anche al famoso bar che ogni tanto citiamo come paragone impietoso delle community digitali sarebbe visto con disappunto. Il caso è quello del Carabiniere dell’Arma Mario Cerciello Rega, che ha perso la vita in un caso di cronaca che al momento è ancora tutto da comprendere.
La docente, raggiunta dall’Ansa, dice che non sono sue le frasi comparse sul social network. Che “spiegherà a chi di dovere” cosa è accaduto. Che non è “hacking”. Ma, nell’attesa che ritorni dalle ferie con una spiegazione che comunque non la esenta dalle responsabilità di mancato controllo, ribadiamo che non siamo qui a discutere i fatti, ma il ruolo dell’educatore. Che – al netto di qualsiasi opinione – non può e non deve trascendere nell’odio e nel disprezzo più totale dell’altro.
Il problema, però, è a monte. Dobbiamo accettare – guardando ai gruppi degli insegnanti su Facebook e su Whatsapp – che in molti non hanno ancora compreso che Internet è un contesto pubblico.
Ed è semplice, semplicissimo, comprendere le ripercussioni di ciò. Ognuno, potenzialmente, offre al mondo una opinione pubblica di quanto accade intorno. Benché postata dal letto o dal bagno di casa, stiamo mettendo in vetrina pensieri e opinioni che restano alla mercé di uno screenshot, che sono lesivi di tutta la categoria professionale.
Non è un caso che la replica del ministro Marco Bussetti, il cui leader del partito di provenienza è stato tutt’altro che benevolo nella dialettica – sempre attraverso social network – nei confronti dell’aggressore, non abbia perso un secondo di tempo per far sapere che saranno presi tutti i provvedimenti del caso.
Siamo sicuri che al mondo poco interessava dell’opinione della professoressa Frontini. Così come siamo sicuri che poco interessa a tanti l’opinione di un’insegnante riguardo l’utilizzo di Carta del Docente nei gruppi appositi. Diventa invece preoccupante constatare la totale assenza di rispetto dell’altro, la totale mancanza di esposizione di un pensiero grammaticalmente esente da errori. Quelli sono lesivi – invece – di tutta la categoria.
Ben più grave è che questo segnale arrivi dagli educatori che hanno il compito – appunto – di educare le prossime generazioni e che ad oggi dimostrano a più battute di non aver nemmeno compreso – in tantissimi casi – il peso dello strumento che utilizzano. Mettendosi da soli alla berlina di un sistema che dovrebbero saper padroneggiare per mettere in guardia anche i giovani. Sui pericoli della Rete, sul fatto che in Rete si pensa che i pensieri siano volatili ma possono restare lì fissi per sempre (con tutto il rispetto per ogni tentativo di diritto all’oblio che le grandi organizzazioni provano ad algoritmizzare). E non c’è legge (leggesi cyberbullismo) che questo Stato cattivo possa fare se non si parte prima da un profondo mea culpa di tutta la categoria.
(di Enrico Parolisi)