“Al di là degli annunci e delle promesse di volere introdurre stipendi europei – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – il nostro timore è quello di aver ripreso a vivere un’altra stagione di fermo contrattuale, con la sola applicazione dell’indennità di vacanza contrattuale a contrastare il peso dell’inflazione: chi ci governa fa finta di non sapere che stiamo parlando di un comparto, quella della scuola, i cui lavoratori percepiscono le buste paga più basse della PA. Sul lungo periodo, la perdita è diventata abissale: basterebbe ricordare che negli anni trenta un maestro guadagnava il triplo di un operaio e la metà di un senatore, mentre oggi lo stipendio base di chi insegna è più basso di un dipendente del settore privato e dieci volte inferiore a quello di un politico che siede in Parlamento”.
“La mancata consistenza degli stipendi dei docenti – continua Pacifico – è tipica dell’Italia. Basterebbe ricordare che rispetto alla Francia il divario salariale medio per chi sta dietro la cattedra, a sostanziale parità di impegni didattici settimanali e di funzioni da condurre, è salito in media a 8 mila euro annui. Un divario che a lungo andare assume connotati ancora più vistosi: alla primaria i neo-assunti transalpini percepiscono infatti una cifra non molto diversa dai colleghi italiani, pari a 22-23 mila euro lorde, mentre a fine carriera un maestro francese si ritrova con quasi 11 mila euro in più l’anno: 44.500 euro contro 33.700 euro. Eppure la professione è la stessa”, conclude il sindacalista autonomo.