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Aumento stipendi? Il CCNL è in scadenza ma nessuno ne parla. La denuncia di ANIEF

generica pallottoliere

Il preannunciato aumento degli stipendi del comparto istruzione in un primo momento ha fatto tirare un sospiro di sollievo, ma adesso desta preoccupazione.

E l’Associazione Sindacale Professionale ANIEF non ci sta: sono dure le parole di Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal, che in un comunicato stampa annuncia guerra aperta al Governo.

In un primo momento, infatti, il  vicepremier Luigi Di Maio, che ha “scongiurato il calo di retribuzione previsto dal vecchio governo individuando i fondi necessari affinché questa riduzione non ci fosse”. Anief però lancia un allarme: mancano nel DEF persino le risorse per adeguare i valori dell’indennità di vacanza contrattuale dal prossimo anno al 50% previsto dalla legge dell’indice di inflazione programmata, fermo ancora al 2010.

“Siamo, pertanto, certi che nonostante le ricerche e gli studi, i nostri insegnanti continueranno a essere umiliati rispetto a quelli dei Paesi più avanzati dell’area Ocse – spiegano. – Pensare di accontentarsi, a fronte di queste promesse, del mantenimento di uno stipendio che negli ultimi dieci anni è rimasto fermo, sarebbe un errore gravissimo. Anche perché i compensi del nostro corpo docente risultano in fondo alla classifica dei Paesi europei, superiori solamente ai Paesi dell’Est e quasi dimezzati a fine carriera rispetto a Germania, Austria e Olanda.

“Fa un certo senso lamentarsi per un copione già visto per tanti anni – spiega Pacifico- ovvero della mancanza cronica dei fondi utili al rinnovo contrattuale degli stipendi dei lavoratori pubblici, sprofondati nel frattempo di quasi 15 punti rispetto all’inflazione, per niente coperti da quel finto aumento del 3,48% previsto dal CCNL firmato lo scorso aprile”.

“Rimane il fatto – continua il presidente Anief– che per ovviare al mancato rinnovo contrattuale, dal 2019 va adottata l’indennità di vacanza contrattuale, in modo da coprire la metà del 14% di inflazione accumulata negli anni più il 50% dell’1,4% del tasso di inflazione programmata dal MEF per il 2019, per un totale del 7,7%: servono, a tale scopo, circa 3 miliardi di euro, di cui però nel Documento di economia e finanza propedeutico alla legge di stabilità non c’è traccia. Senza dimenticare l’adeguamento all’indice dei prezzi al consumo armonizzato per i paesi dell’UE a partire dal settembre 2015, anche questa non presente nel Def”.