Alle competenze vanno contrapposte conoscenze. L’appello per la scuola pubblica lanciato da Giovanni Carosotti, insegnante scuola secondaria di secondo grado di Milano; Rossella Latempa, insegnante scuola secondaria di secondo grado, Verona; Renata Puleo, già dirigente scolastico, Roma; Andrea Cerroni, professore associato, Università degli Studi Milano-Bicocca; Gianni Vacchelli, insegnante scuola secondaria di secondo grado, Rho (MI); Ivan Cervesato, insegnante scuola secondaria di secondo grado, Milano; Lucia R. Capuana, insegnante scuola secondaria di secondo grado, Conegliano Veneto (TV); e infine Vittorio Perego, insegnante scuola secondaria di secondo grado, Melzo (MI), è destinato a far quantomeno riflettere, se non discutere.
Gli otto docenti proponenti, in una lettera indirizzata alla Presidenza della Repubblica, alle Camere attraverso i loro presidenti e al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, chiedono che venga rimessa al centro la conoscenza contro quello che definiscono un lungo processo verso invece la standardizzazione dell’educazione in funzione della competenza. Insomma, per sintetizzarla: strumenti per poter analizzare il mondo contro quelli che invece trasformano i discenti in strumenti di lavoro a propria volta. Un pericolo reale? Chissà.
Educazione o tecnica?
“L’ultima riforma della scuola – scrivono gli insegnanti nelle premesse della loro proposta – è l’apice di un processo pluridecennale che rischia di svuotare sempre più di senso la pratica educativa e che mette in pericolo i fondamenti stessi della scuola pubblica. Certo la scuola va ripensata e riformata, ma non destrutturata e sottoposta ad un processo riduttivo e riduzionista, di cui va smascherata la natura ideologica, di marca economicistica ed efficientista”.
“La scuola – continuano – è e deve essere sempre meglio una comunità educativa ed educante. Per questo non può assumere, come propri, modelli produttivistici, forse utili in altri ambiti della società, ma inadeguati all’esigenza di una formazione umana e critica integrale. È quanto mai necessario “rimettere al centro” del dibattito la questione della scuola”.
“Bisogna chiedersi, con franchezza: cosa è al centro realmente? L’educazione, la cultura, l’amore per i giovani e per la loro crescita intellettuale e interiore, non solo professionale, o un processo economicistico-tecnicistico che asfissia e destituisce?”.