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Portare le presentazioni dei libri nelle scuole: perché conviene e perché è utile

incontri di lettura nelle scuole con gli autori

Durante l’ultima presentazione della rassegna letteraria napoletana Incontro con l’Autore promossa da Libri Market (marketplace per autori e librerie), lo scrittore Christian Capriello, apprezzato papà della saga fantasy di Derek Dolphyn, è tornato su un tema molto sentito degli ultimi tempi: la possibilità di utilizzare le scuole primarie per la presentazione dei libri.

Christian Capriello, scrittore autore della saga di Derek Dolphyn
Christian Capriello, scrittore autore della saga di Derek Dolphyn

Non quelli strettamente didattici, ma anche romanzi, racconti, approfondimenti. E lo ha fatto utilizzando queste parole:

I giovani sono il nostro domani. Ma rappresentano anche una già cospicua parte del nostro presente. Sono quindi il più doveroso “investimento” su cui devon puntare sia genitori che corpo docente. Bambini e ragazzi vanno plasmati e veicolati con virtuosa pervicacia intorno ai concetti di LETTURA e di SCRITTURA.

E ciò, a mio modesto parere, ancor prima che vengano indirizzati “frontalmente” rispetto al concetto di apprendimento, che risulta spesso ostico e “invalidante”, ove spesso legato a una volontà di studio che si ritiene di non avere, ad esempio, per determinate materie.

L’apprendimento, a mio giudizio, è assai più efficace se previamente supportato da un reale approfondimento tematico inerente le specificità e i benefici, peraltro duraturi nel tempo, che possono recare LETTURA e SCRITTURA. Credo che, ai giovani, e già alla radice, vadano fatte scoprire in concreto le virtù di questo paio di bizzosi gemelli. Chi SCRIVE, attiva zone della mente fino a quel momento sconosciute; e, senza manco rendersene conto, ne sblocca altre.

Percorre strade che nemmeno pensava di poter mai percorrere. Inizia a formulare pensieri connotati da buona sintesi e capacità espressiva. Si accorge che la sua mente non è solamente un foglio bianco. E che l’inventiva propria ha molto più inchiostro di quel che si credeva. Il soggetto inizia a compiacersene. Inizia a intervenire nei dialoghi ove prima temeva di farfugliare ed essere ignorato dalla platea udente. Acquista sicurezza e spirito di proposta. Anche chi LEGGE, nella maggior parte dei casi, trancia di netto anche gli apparenti lucchetti intorno ai quali si snoda l’espressione più comune “Non mi piace leggere”, invero legata all’erroneo convincimento di non “esserci portato”.

Non è una questione di genere letterario, ma di stile narrativo. Il lettore va condotto per mano in un contesto attuale quanto in un universo immaginario, dove deve sentirsi confortato, guidato, mai lasciato solo. Il lettore deve essere incuriosito da ciò che legge. Rispetto al racconto, deve avere la sensazione di restarvi ancorato solidamente con la fiocina non semplicemente preso all’amo. Alla fine del volume deve avvertire ancora i segni del narrato, non soltanto avvertire un effimero sapore in bocca. Chi legge, qualsiasi cosa legga, acquisisce spirito critico e, laddove l’obiettivo dello scrittore non è giungere meramente alla creazione di stuoli di adepti consenzienti, ciò è un bene. Si allarga il confronto. Chi prima taceva, ora è in grado di formulare ipotesi, portare tesi più idonee alla discussione di una generico tema. Può finalmente dare il suo contributo, in forma compiuta. Il LETTORE deve essere educato all’autonomo sviluppo della propria CURIOSITÀ.

La Curiosità va coltivata. E’ come una pianta grassa. Sopravvive anche in assenza di stimoli se ne hai saputo innervare le foglie e il busto. Occorre solo trovare l’incipit adatto, e poi il lettore andrà da sé. Il “Non curioso” non esiste. E’ solo un’aberrazione della pigrizia. Il “Non curioso” è un animale in una gabbia fatta di sbarre trasparenti e dalla consistenza del fumo. Può uscirne quando vuole, ma solo se ne ha voglia. Agli occhi degli altri, pone mille scuse per restarne incapsulato. Ma, in verità, è l’assenza momentanea di volontà a relegarlo nel perimetro dell’inerzia. Per esperienza personale, sottoporre libri di narrativa ad alunni della scuola media – magari sottolineando che non si tratta di un libro di testo “obbligatorio” e che viene quindi visto come un’imposizione di quel mondo verso cui ogni adolescente inizia fisiologicamente a protestare-, è un buon esperimento.

Nel mio caso, alla presentazione presso istituti scolastici anticipate da letture preventive, sovente sono state formulate relazioni lunghe, esaustive ed approfondite inerenti l’analisi del testo e gli sviluppi della trama. E in tempi estremamente ridotti. I visi sono distesi, sinceramente curiosi. I bambini/ragazzi tendono a fare “a gara” per porre domande allo “scrittore” del momento. Pongono le loro domande con temerario coraggio, magari andando anche al di là di quanto “concordato” con il docente. Non v’è timidezza, anzi. Anche alla fine della presentazione si avvicinano, magari fuori dal contesto ufficiale si sentono anche più tutelati. E la domanda principe è una: “Come hai fatto a diventare scrittore?”.

A riprova di un desiderio innato della maggior parte di loro. Saper raccontare. O, in altri casi, sapersi raccontare. Essere in grado di riporre su carta le proprie impressioni è un vantaggio. Esser capaci di interpretare correttamente il pensiero di un altro, al contempo sgrezzando il medesimo da faziosità ed individualismi e suggendone il solo nocciolo acritico, lo è altrettanto. I vecchi diari sono troppo spesso sostituiti dai post sui social. Il diario era principalmente uno strumento di autoconoscenza, da riproporsi anche a distanza di tempo per non perdere memoria di quel che si è stati o si è fatto. I post, invece, tendono più a capire quali possono essere le opinioni medie sui propri pensieri. E questo può inibire il perseguimento di una linea o di un’idea della vita, specie a fronte di commenti sgarbati, scomposti, fuori tema. Si rischia di degradare nell’acquisire informazioni su natura ed entità del pensiero dominante, finendo supinamente per uniformarvisi.

Ciò va evitato, o quantomeno limitato. Come? Col buon senso, a partire dalle famiglie. In ogni modo, esser in grado di offrire al prossimo i propri pensieri recide le differenze, pone argini alle incomprensioni. Potrei dire che, benché in scala microscopica, partire da una campagna di “coscienziosità” delle singole classi delle scuole potrebbe portare a un affievolimento dei conflitti planetari. Ma moltiplicate l’eventuale risultato positivo per migliaia e migliaia di volte. L’iniziale goccia nell’oceano comincia a diventare prima un bicchiere, poi un secchio, poi ancora un barile. Che, rigettato nel mare, a differenza della goccia, quantomeno a riva comincia a fare un minimo di rumore.

E sono sicuro che almeno una, due persone, magari anche per caso passate di là, saranno state capaci di avvertire proprio quel rumore.

Christian, infatti, ha già incontrato direttamente i bambini nelle scuole, durante il giro di presentazioni del primo capitolo della saga fantasy da lui ideata: Derek Dolphyn e il varco incantato (disponibile su Libri Market).

Insomma, sembra che in un momento difficile, in cui gli scrittori stentano a riempire le sale di librerie o associazioni per presentare i loro lavori, siano proprio i lettori in tenera età quelli più interessanti al coinvolgimento diretto, alla possibilità di poter parlare con lo scrittore viso a viso, a far esplodere quella curiosità che dovrebbe essere il primo stimolo per coinvolgerci nella lettura, nel piacere di sfogliare un libro.

In questo articolo proviamo a spiegarvi i tre motivi per cui portare gli scrittori nelle scuole è sempre un’idea vincente.

Incontrare l’autore stimola i ragazzi a leggere

Il confronto diretto, la possibilità di farsi coinvolgere, la voglia di chiedere spiegazioni direttamente a chi quel libro l’ha scritto fanno dell’incontro con l’autore un mezzo efficace per invogliare direttamente i ragazzi alla lettura. Rendendola un’esperienza meno solitaria e più aperta al mondo. Non solo, ma mantenendo intatto il valore culturale, di crescita e di arricchimento insito nella tipologia di attività stessa.

Non solo, ma portare la lettura in un ambiente familiare al ragazzo come quello scolastico la rende un’esperienza in qualche modo sicura protetta, di cui avere fiducia.

Non è complicato organizzare un incontro a scuola con lo scrittore

In fase promozionale, l’autore di un libro è impegnato in un tour de force che lo porta praticamente ovunque. L’interesse dello scrittore è quello di portare a conoscenza il maggior numero di persone possibili del suo libro. Quindi, godrete quasi sempre di una totale disponibilità.

Non solo, ma sono tantissime le associazioni che organizzano questa tipologia di attività presenti sui territori. Se non si sa da dove partire, basta contattare loro e sapranno cosa proporvi e quando.

Tra le attività extracurricolari, inoltre, è tra le più facilmente realizzabili e meno onerose: basta una sala

Si tratta di un’attività economica

L’autore in fase promozionale non è motivo di spesa. L’invitato, insomma, non ha alcuna tipologia di costo a carico di chi invita nella maggior parte dei casi. Basta un’aula scolastica, qualche copia del libro messa a disposizione e… che si entri nelle pagine insieme!