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Svolgono lo stesso lavoro, ma sono pagati di meno: maestri e docenti laureati pagati con stipendi da diplomati, la denuncia ANIEF

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Svolgono lo stesso lavoro ma vengono remunerati di meno: in questa condizione si trovano circa 300 mila insegnanti della scuola pubblica. L’Ufficio Studi del sindacato ha realizzato un focus: considerando le ore di lezione settimanali, il grado di responsabilità, il coinvolgimento professionale e la complessità dell’offerta formativa, ha constatato che non vi è alcuna differenza. Una norma afferma in modo esplicito che in Italia si considera di pari dignità la formazione iniziale di ogni docente. Nella stessa condizione sono gli Itp e i docenti di sostegno laureati. Se poi si guarda all’Europa, esce fuori il solito raffronto impietoso.

Un insegnante laureato che svolge attività di insegnamento nella scuola del primo ciclo, per quale motivo deve percepire uno stipendio inferiore a quello dei colleghi della secondaria anch’essi laureati? A chiedere spiegazioni all’amministrazione pubblica è il sindacato Anief, dopo avere raccolto una lunga serie di richieste di equiparazione stipendiale. 

LO STUDIO ANIEF

Sulla base di diversi parametri oggettivi, l’Ufficio Studi dell’organizzazione sindacale ritiene che l’osservazione sia pertinente: le ore di lezione settimanali svolte da un docente della scuola primaria e dell’infanzia sono superiori a quelle del secondo ciclo; il grado di responsabilità quotidiana nell’affidamento degli alunni, in tenera età risulta il più alto; il grado di coinvolgimento professionale, anche con le famiglie, non è certo da meno rispetto a quello che si instaura nella secondaria; se è infine vero che il livello di complessità dell’offerta formativa è minore, c’è però da constatare che la minore ricettività ad apprendere degli alunni rende comunque sempre molto impegnativo il raggiungimento quotidiano e finale degli obiettivi. 

A tutto questo c’è da aggiungere, poi, una precisa norma, contenuta nella Legge 53 del 2003: all’articolo 5 comma I lettera A, infatti, c’è scritto in modo esplicito che in Italia si considera di pari dignità la formazione iniziale di ogni docente. Questo significa che ai fini della collocazione professionale, anche stipendiale, non conta la scuola dove si opera servizio, ma il titolo di accesso: un titolo, peraltro, che per la stessa scuola del primo ciclo oggi è proprio quello della laurea. 

IL RAFFRONTO CON L’EUROPA

Tutti questi aspetti sono ben considerati in diversi altri Paesi europei, dove, infatti, lo stipendio dei docenti con laurea viene assegnato prescindendo dal tipo di insegnamento che si svolge. In Irlanda e Danimarca, ad esempio, lo stipendio iniziale è il medesimo per tutti i cicli scolastici, salvo poi differenziarsi lievemente a fine carriera. In Portogallo, Slovenia, Grecia, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia, i compensi dei docenti della scuola pubblica non si differenziano mai, né ad avvio carriera né al termine. 

Ma anche laddove si attuano delle differenze tra chi insegna nel primo ciclo e chi nel secondo, va considerato che in Europa la remunerazione annua complessiva di un docente della primaria è decisamente superiore, in alcuni casi doppia, rispetto a quella dei nostri maestri laureati: il caso della Germania è emblematico, visto che appena assunto un docente delle elementari tedesche percepisce oltre 45 mila euro, contro i 24 dei nostri maestri; al termine della carriera il maestro tedesco supera i 60 mila euro, contro appena i 35 mila euro di chi svolge lo stesso lavoro nel Belpaese e a condizioni orarie e generali pressoché uguali. A questo proposito, Anief ricorda che in Italia i compensi nella scuola risultano i più bassi della pubblica amministrazione, dopo che hanno perso mille euro di potere d’acquisto solo negli ultimi sette anni, non certo compensati dall’irrisorietà degli aumenti dello scorso aprile e la quota forfettaria di arretrati insignificante e nemmeno dall’applicazione dell’indennità di vacanza contrattuale scattata ad aprile e ritoccata nel prossimo mese di giugno, peraltro anche incompleta. 

Così si giunge alla conclusione più amara, quella che in Italia i maestri laureati della scuola primaria vengono penalizzati due volte: prima di tutto perché sono pagati meno degli altri laureati e poi perché dovrebbero percepire un salario più alto di almeno il 30%. Lo stesso discorso, inoltre, vale per gli Itp laureati delle superiori, anche loro degradati economicamente. Ma l’apice dell’assurdo del nostro sistema remunerativo scolastico si raggiunge, probabilmente, con gli insegnanti di sostegno laureati, giunti a questo delicato genere di docenza attraverso il livello inferiore (il VI anziché il VII): praticamente, svolgono lo stesso lavoro dei colleghi, sono in possesso del medesimo titolo di studio, hanno quindi un’identica preparazione complessiva, ma vengono pagati di meno. 

IL COMMENTO DEL PRESIDENTE ANIEF

“Come presidente dell’Anief, che dalla sua nascita combatte le ingiustizie nella scuola – dichiara Marcello Pacifico, leader del giovane sindacato nazionale neo rappresentativo – ritengo che questo problema debba essere affrontato nei tavoli di contrattazione con il Ministero dell’Istruzione: l’amministrazione pubblica, infatti, non può continuare ad utilizzare certi stratagemmi per fare cassa sui lavoratori. Un insegnante laureto ha affrontato in ogni caso una lunga serie di esami universitari, con notevoli sacrifici e costi annessi, ha acquisito un’abilitazione all’insegnamento e vinto un concorso pubblico per arrivare alla cattedra. Se le condizioni di partenza solo le stesse e il lavoro che svolge è uguale o comunque rientra nella stessa professionalità, per quale motivo permane tale discriminazione?” 

(fonte: Comunicato Stampa ANIEF)