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Dati biometrici per i controlli dei dipendenti ATA, è legge. Ed è polemica

videocamera di sorveglianza scuole

Dopo il disco verde all’emendamento che introduce la videosorveglianza nei nidi e nelle scuole dell’infanzia, diventa legge dello Stato quello inserito nel ddl Concretrezza sui controlli biometrici dei dipendenti pubblici: il provvedimento, che nella scuola riguarderà circa 210 mila unità di personale Ata, è stato firmato e voluto a tutti i costi dal ministro della P.A. Giulia Bongiorno, la quale ora si dovrà assumere la responsabilità di avere approvato una norma del tutto inutile e che per essere portata a compimento necessiterà di centinaia di milioni di euro iniziali più altri per l’assistenza e manutenzione; tutti soldi pubblici che andranno a gravare ulteriormente le già limitate risorse dei nostri istituti scolastici. Marcello Pacifico (Anief ): Lo abbiamo sempre detto e lo ripetiamo ora che il testo è diventato legge: questo provvedimento è offensivo, perché si vogliano far passare i dipendenti della scuola come dei delinquenti. Anief sta valutando come impugnare il provvedimento per lesione della privacy.

All’indomani dell’approvazione del disegno di legge Concretezza, si evidenziano tutti i limiti del provvedimento. Tra i vari punti che lasciano molto a desiderare, oltre all’aspetto offensivo e a quello della lesione della privacy, “l’accento è stato posto – commenta giustamente Orizzonte Scuola – anche sul costo che la misura comporterà: si tratta infatti di dotare 45mila sedi scolastiche di apparecchiature apposite”.

LE CRITICHE DELL’ARAN

Sulla bontà della misura introdotta, basta ricordare che la stessa Aran, l’agenzia che agisce a tutela dell’amministrazione pubblica, ha avuto modo di dire che “il personale della scuola è costituito da 1.124.471 persone” ed il “provvedimento punta a mettere sotto controllo 209.169 unità di personale ATA e 6.714 dirigenti scolastici, che però non svolgono un lavoro prettamente amministrativo e sarebbero le figure chiamate a gestire e controllare il buon andamento delle istituzioni scolastiche e chi ci lavora. Insomma viene posto un controllo sui controllori”.

IL PARERE DEL GARANTE DELLA PRIVACY

È emblematico, inoltre, il pensiero del Garante per la Privacy, Antonello Soro, il quale si dice contrario a questa imposizione “perché l’assenteismo, la falsa attestazione di presenza è una cosa molto grave, è un reato e bisogna contrastarlo. Ma la strada scelta per contrastarlo a mio parere è sproporzionata”, in quanto basterebbe riflettere solo un dato: “il numero dei reati contestati, accertati sono nell’ordine delle decine in Italia, mentre gli impiegati pubblici sono tre milioni. Di questi larga parte verranno sottoposti a un controllo biomedico generalizzato, sistematico, indiscriminato, attraverso la raccolta di un dato particolarmente sensibile che è il dato biometrico”.

IL COMMENTO DI MARCELLO PACIFICO

Anief aggiunge che la scuola è il luogo per eccellenza del rapporto con il pubblico: è un contesto dove, per la continua presenza di alunni e l’alto flusso di genitori, docenti e cittadini, sarebbe impossibile essere presenti e invece stare da un’altra parte. “Tra l’altro – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – stiamo parlando di personale e dirigenti che con la scuola dell’autonomia hanno visto triplicare gli incarichi quotidiani da assolvere: compito che si raggiunge solo con quotidiano impegno e spirito di abnegazione. Il flusso di lavoro e di competenze richieste ha raggiunto livelli sempre maggiori. Invece di imporre dall’alto l’utilizzo coatto dei dati biometrici, si sarebbero potuti spendere tutti questi soldi per formare il personale o per assumere una parte dei tanti precari che dopo essere stati selezionati attendono solo di essere stabilizzati”.

“A noi – continua Pacifico – questa soluzione sembra sempre più un provvedimento spot. Perché, invece di snellire la burocrazia e le norme, va a colpire nel mucchio di una categoria, peraltro per un assenteismo che nel comparto non esiste. È una scelta infelice, che connota tutta la scarsa competenza, a livello di conoscenza del mondo della scuola, da parte di chi l’ha ideata: state certi che la contrasteremo, anche perché va a trattare degli aspetti della sfera personale dei lavoratori, che prima di essere tali sono cittadini dello Stato ai quali non possono essere sottratti dei diritti basilari”.

(fonte: Anief Ufficio Stampa)

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Impronte digitali e telecamere per la presenza a scuola, i perché del no

videocamera di sorveglianza scuole

“In totale, nel 2018 si sono registrati nella Pubblica Amministrazione 107 licenziamenti per assenza ingiustificata (lo 0,003%) e 89 per falsa attestazione della presenza in servizio (lo 0,002%), di cui 55 accertati in flagranza. Stiamo dunque parlando di un fenomeno più che marginale: di un pugno di dipendenti ‘infedeli’ contro una maggioranza schiacciante di lavoratrici e lavoratori onesti. La domanda da porsi, allora, è una: ma abbiamo veramente bisogno di spendere 35 milioni di euro per installare nei palazzi e uffici pubblici i lettori di impronte e dell’iride per controllarne la presenza in servizio?”.

Questo è uno dei passaggi più chiari della nota stampa a firma Anief e Udir sulla possibilità di rilevare le presenze di docenti e Ata con impronte digitali ed installazione di telecamere nei complessi scolastici. La misura è prevista dal DDL Concretezza in discussione in queste ore alle Camere e fortemente voluto dal ministro della P.A. Giulia Buongiorno.

Non è la prima volta che l’attenzione si sposta sull’utilizzo delle telecamere di videosorveglianza a scuola, ma finora nel dibattito emergevano necessità di sicurezza. In questo caso, invece, si parla di lotta all’assenteismo e ai furbetti del cartellino.

DDL Concretezza e tutela della privacy

Tali misure devono fare il conto anche con la questione – per nulla scontata – della tutela della privacy.

“Rimangono tutti da verificare – spiegano Anief e Udir – i profili di possibile violazione della normativa sulla protezione dei dati personali, nonché del dettato costituzionale e comunitario in tema di diritti umani per una modalità di rilevamento della presenza oggettivamente invasiva. Insomma, un provvedimento, come detto, destinato a far discutere ancora molto. Senza dimenticare che più volte il Garante dell’Infanzia si è detto pubblicamente contrario a qualsiasi tipo di telecamera installata all’interno degli istituti scolastici, a meno che non si tratti di telecamere a circuito chiuso accessibili solo su autorizzazione dell’autorità giudiziaria e in presenza di una segnalazione. Anche il Garante della Privacy ha posto diversi paletti, ritenendo fondato l’utilizzo della videosorveglianza solo per l’esigenza di tutela dei bambini (in particolare in età di nido) e per agevolare la ricostruzione probatoria rispetto a reati commessi nei confronti dei minori: lo stesso Garante ha posto dei dubbi sull’eventuale impiego delle telecamere in modo sistematico e generalizzato, visto che la tutela dei soggetti fragili può avvenire efficacemente anche con mezzi meno invasivi”.