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Di Meglio (Gilda): “Trasparenza P.A. vittima di apparati burocratici”

Rino di Meglio

“In barba al principio di trasparenza, in Italia la pubblica amministrazione diventa sempre più opaca”. Così Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, commenta la nota ministeriale firmata ieri dal capo di dipartimento, Stefano Versari, che, in seguito al parere fornito dal Garante per la protezione dei dati personali, stabilisce che le scuole non devono fornire ai sindacati i nominativi e i compensi dei docenti impegnati nelle attività realizzate con il fondo di istituto. Secondo le disposizioni di viale Trastevere, dunque, i dirigenti scolastici sono tenuti a fornire soltanto dati numerici o aggregati relativi al personale che ha percepito compensi attinti dal Fis.

“Nel 1990, grazie alla legge 241 del 7 agosto, – afferma Di Meglio – l’Italia fece un grande passo avanti sul fronte della trasparenza e dell’accesso agli atti amministrativi, stabilendo il principio per cui tutti i fondi erogati dalla pubblica amministrazione devono essere resi noti. Nel corso degli anni, la grande resistenza degli apparati burocratici ha teso sempre a vanificare gli effetti di questa legge. L’ultimo tra gli interventi in tal senso porta la firma del Garante della privacy, un’autorità amministrativa che decide di far prevalere il diritto alla privacy su quello alla trasparenza. E così, paradossalmente, da una parte c’è una legge che obbliga a pubblicare nei siti istituzionali gli stipendi dei dirigenti della pubblica amministrazione, e dall’altra si consente agli stessi dirigenti di non dichiarare i nominativi delle persone che ricevono fondi pubblici”.

“È bene ricordare che diversi magistrati si sono pronunciati contro questa involuzione della legge sulla trasparenza. E sulla scia di queste sentenze – promette Di Meglio – la Gilda si impegna a battersi affinché ovunque, compresa la scuola, sia garantita la piena trasparenza nell’utilizzo del denaro pubblico”.

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La scuola si paga online: disponibile “Pago in Rete”

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Il Ministero dell’Istruzione mette a disposizione delle scuole il sistema centralizzato “Pago In Rete”, collegato alla piattaforma PagoPA che, dal prossimo 30 giugno, sarà utilizzata per l’erogazione di tutti i pagamenti verso le Pubbliche Amministrazioni.

Tutti gli adempimenti sono già stati svolti dal Ministero e non è prevista nessuna attività formale a carico delle istituzioni scolastiche per l’adesione alla piattaforma. Tramite “Pago in rete” sarà possibile gestire per via telematica oneri e tasse a favore delle scuole o del Ministero.

“Pago In Rete” è già integrato con le principali soluzioni software di fornitori privati in uso presso le scuole e interagisce direttamente con PagoPA, come spiegato dalla nota n. 1125 dell’8 maggio 2020

Per gli istituti la piattaforma vuole essere un mezzo per gestire i versamenti e monitorarne con efficacia il flusso, con risparmio di tempo e risorse. Il servizio consente di notificare i pagamenti per i servizi scolastici erogati e garantire un quadro aggiornato in tempo reale della situazione dei pagamenti stessi.

Tramite “Pago in Rete” le famiglie potranno effettuare tutti i versamenti per le tasse scolastiche, i viaggi di istruzione, le visite guidate, e ancora per la quota assicurativa annuale, le mense, le attività extracurriculari e i contributi volontari. Tutto a portata di pc, tablet o smartphone, in qualsiasi momento della giornata. Dopo la prima registrazione si potrà utilizzare il servizio anche con Spid.

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Con un unico strumento sarà possibile emettere il titolo di pagamento e notificarlo alle famiglie, che attraverso la piattaforma procederanno al versamento da smartphone o altro dispositivo. La transazione effettuata entrerà immediatamente nelle scritture contabili della scuola, senza la necessità di tempi aggiuntivi.

La piattaforma permetterà anche a tutti i cittadini di effettuare versamenti destinati al MI, ad esempio tasse per partecipare ai concorsi del Ministero dell’Istruzione e il bollo per il riconoscimento dei titoli di studio esteri.

Sono previsti già dal mese di maggio webinar per illustrare la piattaforma e fornire le prime istruzioni per configurare e gestire le procedure telematiche. Inoltre è attivo il numero verde di assistenza 800 903 080 (lunedì-venerdì ore 8:00-18:30, sabato ore 8:00-13:00) ed è possibile inviare richieste via web attraverso il link https://sidi.pubblica.istruzione.it/sidi-web/assistenza. A breve sarà anche disponibile una piattaforma di collaborazione su cui poter condividere contenuti, commenti, suggerimenti e informazioni accessibili a tutti.

L’intervento rientra nelle attività di coordinamento strategico dello sviluppo del sistema informativo affidate, nell’ambito del Codice dell’Amministrazione Digitale, al Responsabile della Transizione al Digitale del Ministero dell’Istruzione (RTD) con l’obiettivo di promuovere la trasformazione digitale dell’Amministrazione.

Lo rende noto il Miur in una nota stampa.

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Italia, controtendenza negativa: i dipendenti pubblici sono sempre più anziani (compresi quelli della scuola)

In Italia i lavoratori statali sono sempre più avanti con l’età. A partire da quelli che operano nei nostri istituti scolastici: ben il 58% dei docenti italiani, tra elementari e superiori, ha più di 50 anni, contro una media OCSE del 34%. Gli ultimi dati internazionali confermano questo andamento: il nostro e l’unico Paese europeo dove in tutti cicli scolastici l’età media degli insegnanti supera il mezzo secolo.

Il dipendente pubblico Italiano si sta sempre più invecchiando. E non è un caso generalizzato che riguarda tutti i Paesi avanzati.

L’ULTIMO STUDIO

Da un dossier pubblicato da Linkiesta, Risulta che “mediamente l’età dei dipendenti pubblici è molto maggiore di quella di chi lavora altrove”. Nell’ambito europeo, “un chiarissimo esempio viene dal segmento della scuola, quello più popoloso nell’ambito pubblico: siamo il Paese con gli insegnanti più vecchi in assoluto, sia alle elementari che alle superiori. L’unico in cui, per entrambi i casi, oltre metà dei docenti ha più di 50 anni”.

Dallo studio transnazionale risulta che vi sono Paesi del vecchio Continente, come la Francia, dove gli over 50 sono appena il 30 per cento dei docenti delle superiori e appena sopra al 20 per cento alla primaria. Sempre nel territorio transalpino, è tutto dire che quasi il 45 per cento dei maestri della scuola primaria a meno di 35 anni. È altrettanto emblematico che mentre in Italia i docenti delle elementari che hanno fino a 29 anni si contano sulla punta delle dita, mentre sempre in Francia raggiungono il 12 per cento del corpo insegnante.

LA POSIZIONE DELL’ANIEF

Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, torna a ricordare che “negli altri Paesi, ad iniziare dalla Francia, i docenti vengono mandati in pensione attorno ai 60 anni di età o con meno di 30 anni di contributi e senza particolari decurtazioni sull’assegno di quiescenza. In Italia invece quella dell’insegnante, pur risultando tra le professioni più stressanti e gravose, ad alto rischio burnout, come ravvisato di ecente anche dall’OMS, figura nell’Ape Social solo per educatori dei nidi e maestri della scuola dell’infanzia. Senza dimenticare il fatto che i nostri docenti arrivano quasi sempre alla stabilizzazione già stremati. Perché devono svolgere in altissima percentuale una gavetta lunga, fatta di concorsi-lumaca e di precariato senza fine”.

Proprio per la scuola, Anief ha di recente presentato un emendamento alla Legge di Bilancio 2020, sulla base dei risultati degli ‘studi sullo stress da lavoro correlato e burnout’, in Italia condotti dal dott. Vittorio Lodolo D’Oria, chiedendo di allargare a tutto il personale docente, che in Italia è il più vecchio al mondo, l’attuale finestra di pensione anticipata.

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Impronte digitali e telecamere per la presenza a scuola, i perché del no

videocamera di sorveglianza scuole

“In totale, nel 2018 si sono registrati nella Pubblica Amministrazione 107 licenziamenti per assenza ingiustificata (lo 0,003%) e 89 per falsa attestazione della presenza in servizio (lo 0,002%), di cui 55 accertati in flagranza. Stiamo dunque parlando di un fenomeno più che marginale: di un pugno di dipendenti ‘infedeli’ contro una maggioranza schiacciante di lavoratrici e lavoratori onesti. La domanda da porsi, allora, è una: ma abbiamo veramente bisogno di spendere 35 milioni di euro per installare nei palazzi e uffici pubblici i lettori di impronte e dell’iride per controllarne la presenza in servizio?”.

Questo è uno dei passaggi più chiari della nota stampa a firma Anief e Udir sulla possibilità di rilevare le presenze di docenti e Ata con impronte digitali ed installazione di telecamere nei complessi scolastici. La misura è prevista dal DDL Concretezza in discussione in queste ore alle Camere e fortemente voluto dal ministro della P.A. Giulia Buongiorno.

Non è la prima volta che l’attenzione si sposta sull’utilizzo delle telecamere di videosorveglianza a scuola, ma finora nel dibattito emergevano necessità di sicurezza. In questo caso, invece, si parla di lotta all’assenteismo e ai furbetti del cartellino.

DDL Concretezza e tutela della privacy

Tali misure devono fare il conto anche con la questione – per nulla scontata – della tutela della privacy.

“Rimangono tutti da verificare – spiegano Anief e Udir – i profili di possibile violazione della normativa sulla protezione dei dati personali, nonché del dettato costituzionale e comunitario in tema di diritti umani per una modalità di rilevamento della presenza oggettivamente invasiva. Insomma, un provvedimento, come detto, destinato a far discutere ancora molto. Senza dimenticare che più volte il Garante dell’Infanzia si è detto pubblicamente contrario a qualsiasi tipo di telecamera installata all’interno degli istituti scolastici, a meno che non si tratti di telecamere a circuito chiuso accessibili solo su autorizzazione dell’autorità giudiziaria e in presenza di una segnalazione. Anche il Garante della Privacy ha posto diversi paletti, ritenendo fondato l’utilizzo della videosorveglianza solo per l’esigenza di tutela dei bambini (in particolare in età di nido) e per agevolare la ricostruzione probatoria rispetto a reati commessi nei confronti dei minori: lo stesso Garante ha posto dei dubbi sull’eventuale impiego delle telecamere in modo sistematico e generalizzato, visto che la tutela dei soggetti fragili può avvenire efficacemente anche con mezzi meno invasivi”.

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Contratto nazionale, fumata nera Ministero – sindacati

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4,3 miliardi per la contrattazione del triennio 2019-2021 dei dipendenti della Pubblica Amministrazione (e quindi del comparto scuola) non sono sufficienti. Questo in estrema sintesi l’esito dell’incontro tra i sindacati e il ministro Giulia Bongiorno, responsabile del dicastero della P.A.

Che le risorse stiano strette è opinione comune di tutti i sindacati, sia quelli maggiori che quelli di settore. La Cgil, attraverso la segretaria della FP Cgil Serena Sorrentino, afferma: «Non c’è stato un vero confronto ma solo un ascolto del ministro. Noi vorremmo, invece, aprire una trattativa. Siamo insoddisfatti sia per le risorse che sono insufficienti per i rinnovi contrattuali, ma anche per il turnover, che resta solo una indicazione, in particolare per categorie come i medici», mentre di incontro «interlocutorio visto che le risorse presenti in legge di bilancio sono sufficienti solo per alcuni obiettivi di minima», parla la Cisl Scuola con il segretario Maddalena Gissi. Sardonico il segretario confederale Uil Antonio Foccillo: «Non c’è stato niente da valutare, non abbiamo fatto approfondimenti. È necessario un piano straordinario di assunzioni per la carenze di personale per i molti anni di blocco del turnover».

I soldi per gli stipendi non bastano nemmeno a coprire l’inflazione”. Lo ha detto Marcello Pacifico, segretario confederale Cisal e presidente nazionale Anief, durante l’incontro di oggi dei sindacati a Palazzo Vidoni, con il Ministro della Funzione Pubblica Giulia Bongiorno, per avviare il rinnovo dei contratti nazionali 2019-2021: da un’analisi della relazione tecnico-contabile, ora all’esame della Camera, sono emerse delle incongruenze sulla platea dei soggetti destinatari degli aumenti dell’indennità di vacanza contrattuale (previsti solo per la metà dei dipendenti della Pa) e dei fondi stanziati (appena 300 milioni sul miliardo di copertura) che pongono seri dubbi sulla copertura finanziaria degli aumenti previsti anche per il solo 2019. Servono, inoltre, disposizioni immediate per l’assunzione dei precari storici, per favorire il turn-over attraverso l’adozione di quota 100 senza vincoli, per cancellare le discriminazioni tra personale precario e di ruolo, oltre che per accelerare l’iter di rinnovo delle rappresentanze sindacali.