La
scuola è sempre più al centro degli interessi del Paese: imperversano i numeri
e anche questi ci dicono che gli stipendi sono troppo bassi. In queste ultime
ore, è stato infatti riproposto l’ultimo rapporto Ocse, l’organizzazione per la
cooperazione e lo sviluppo economico con sede a Parigi, che ogni anno nel suo
rapporto Education at a glance mette a confronto i sistemi educativi dei 35
Paesi membri. A farlo è stato il quotidiano Il Messaggero che ha ricordato il
numero di ore passate dai docenti dietro la cattedra, in classe con gli alunni,
da cui emerge “un impegno leggermente inferiore a quello medio dell’area Ocse”.
Ad esempio, “nella primaria il confronto è di 752 ore contro 794”.
Il
disavanzo di ore si scopre che è veramente minimo: dividendo l’impegno per le 33
settimane minime di didattica annuale, emerge infatti che i nostri maestri
insegnano tra una e due ore a settimana in meno. Se il gap si colloca attorno
al 5%, allora è normale guadagnare meno? Niente affatto, perché la differenza
economica rilevata è eccessiva: a dirlo è la stessa Ocse che mettendo a
confronto gli stipendi a fine carriera evidenzia il differenziele economico dei
nostri docenti rispetti a quelli dei singoli Paesi e della media Ue. A fronte
di un impegno in classe quasi identico, a fine carriera il compenso dei nostri
docenti è in media circa del 20% in meno. Con alcuni Paesi, come la Germania,
dove sono quasi doppi rispetto ai nostri.
“Senza
contare tutte le altre ore obbligatorie funzionali all’insegnamento – incalza
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal –
che ora l’Aran vuole innalzare, inserendovi nuove mansioni in cambio di aumenti
farsa. Non va meglio per chi comincia a insegnare, il cui compenso annuo medio
è inferiore del 6,5% rispetto a quanto si percepisce per lo stesso lavoro
nell’area Ocse. Invece di cercare di ridurre la forbice, con il nuovo contratto
si mantiene l’attuale assetto generale. Anzi, cercando pure di introdurre delle
norme che vogliono assimilare chi insegna nella scuola ad un semplice
impiegato”.
Anche
secondo la rivista Orizzonte Scuola, “la premessa necessaria è che nel
contratto di lavoro degli insegnanti italiani, a parte le 40+40 ore destinate
alla partecipazione a collegi docenti e consigli di classe, non viene messo
nero su bianco quante sono le ore destinate all’attività lavorativa al di fuori
dell’orario di cattedra. E questo complica tantissimo le cose. Né si prevedono
miglioramenti in tal senso nel nuovo Contratto, in queste settimane oggetto di
trattative tra ARAN e sindacati”. Il nuovo contratto, infatti, non contiene
nulla di buono.
“Come
se non bastasse tutto questo – continua il sindacalista autonomo Anief-Cisal –
dalla bozza di nuovo contratto collettivo nazionale proposta dall’Aran si
evince che non si recepiscono le sentenze della Corte suprema sulla parità di
trattamento tra personale precario e di ruolo, né si elimina il raffreddamento
della carriera nelle ricostruzioni attuate per il personale di ruolo.
Addirittura, si attribuiscono aumenti di soli 40 euro netti per il 2018 e 220
euro netti di arretrati per il 2016 e il 2017: una cifra ridicola, addirittura
tre volte inferiore all’aumento del costo della vita registrato dopo il blocco
decennale degli stipendi”.
“Di
fronte a queste condizioni – conclude Pacifico – il nostro sindacato si oppone
senza se e senza ma: qualsiasi proposta di aumento dell’orario lavorativo e di
mansioni senza risorse aggiuntive va rispedita al mittente perché è
irricevibile. Che cosa c’è da contrattare? Per tale motivo insistiamo con i
ricorsi in tribunale, confermando la mobilitazione del personale che, anche per
altre motivazioni, porterà il nostro sindacato a scioperare due volte nelle
prossime settimane e a scendere in piazza il 23 marzo per una grande manifestazione
nazionale”.
Anief
ricorda che è ancora possibile recuperare 2.654 euro di arretrati, incrementati
dei primi due mesi del 2018 indebitamente sottratti, e a partire da settembre
2015, come ha confermato due anni fa la Corte Costituzionale: basta consegnare
il modello di diffida predisposto dall’Anief, attraverso cui recuperare almeno
270 euro di aumento, da suddividere in due parti uguali: la prima sulla mancata
assegnazione dell’indennità di vacanza contrattuale, la seconda di effettivo
incremento. Ancora per pochi giorni, infine, è possibile candidarsi come Rsu
dell’Anief, compilando on line la scheda sul portale Anief.