“Al neo ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, Lorenzo Fioramonti, rivolgiamo i nostri migliori auguri di buon lavoro e speriamo di avere presto l’opportunità di conoscerlo. Il compito che lo attende è molto impegnativo, perché da anni la scuola è afflitta da problematiche numerose e complesse riguardanti milioni di cittadini italiani tra studenti, insegnanti e famiglie”.
Così Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, commenta la nomina del nuovo responsabile del Miur.
“Confidiamo che l’approccio del nuovo titolare di viale Trastevere sia di ascolto e di rispetto di tutti gli attori del mondo dell’istruzione e che le decisioni da lui assunte siano il frutto di un loro effettivo coinvolgimento. Tra le questioni prioritarie di cui Fioramonti è chiamato subito a occuparsi, sottolineiamo quelle del precariato e del contratto, entrambe oggetto dell’accordo siglato il 24 aprile scorso tra il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e i sindacati rappresentativi della scuola”.
Anief chiede di far accedere anche i 7 mila docenti che terminano il Fit. È in dirittura d’arrivo l’accordo sul Contratto collettivo nazionale che regolerà per il prossimo triennio le utilizzazioni e le assegnazioni provvisorie del personale scolastico. Durante l’incontro svolto il 29 maggio si evince che il problema numero uno da risolvere rimane la possibile apertura del Miur ai tanti docenti che stanno seguendo il percorso di formazione, il cosiddetto Fit: potranno partecipare alle operazioni di mobilità annuale? Questo è un punto posto sul piatto del tavolo di contrattazione tra sindacati e Ministero e che dovrà essere sciolto. Per Anief non vi sono dubbi: l’esclusione sarebbe discriminatoria, dopo l’approvazione dell’ultima legge di stabilità che ha cambiato le regole della formazione iniziale.
Sulle utilizzazioni e
assegnazioni provvisorie del personale della scuola non si sarebbe giunti ad
una risposta univoca su diverse importanti questioni, come l’assegnazione
provvisoria all’interno del comune di titolarità, qualora fosse diviso in due
distretti, ma anche la conferma della possibilità di ottenere la mobilità su
posto di sostegno agli alunni disabili anche per i candidati docenti di ruolo
privi di specializzazione. Tutti i nodi da sciogliere, spiega la rivista Orizzonte Scuola, con molta probabilità
saranno affrontati in modo definitivo il prossimo 4 giugno.
Anief
ricorda che il contratto dei candidati insegnanti ammessi al terzo anno Fit
comporta lo stesso lavoro di chi sta superando l’anno di prova, assunto da GaE
o da concorso ordinario. Ne consegue che i predetti docenti non godono delle
tutele contrattuali previste per i colleghi assunti a tempo indeterminato,
anche se, a tutti gli effetti, risultano in periodo di prova e formazione come
gli altri docenti assunti da GaE e da graduatoria di merito 2016. Sulle
motivazioni di questo differente trattamento non si hanno informazioni
sicure.
“L’unica
certezza è che il vincolo per l’accettazione della richiesta di assegnazione
provvisoria – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – dovrebbe
rimanere quello dello svolgimento del periodo di prova. Superato questo periodo,
chiamato anche di ‘straordinariato’, riteniamo che tutti i docenti a gli Ata
abbiano pieno diritto ad accedere ai trasferimenti di sede e anche alle
utilizzazioni ed assegnazione provvisorie di durata annuale. Introdurre dei
paletti è ingiusto, perché discrimina dei lavoratori che, anche per i giudici,
italiani e non, hanno identici doveri e diritti rispetto a chi è assunto a
tempo indeterminato”.
Piena vittoria tutta targata Anief presso il Tribunale del Lavoro di Trapani a conferma che nelle graduatorie interne d’istituto utili per l’individuazione dei soprannumerari il periodo svolto durante il precariato deve essere computato senza alcuna discriminazione e, dunque, attribuendo 6 punti per ogni anno come per il servizio a tempo indeterminato. Anief ricorda ai propri iscritti che è ancora possibile aderire ai ricorsi per la mobilità 2019 relativi alla composizione delle graduatorie interne d’istituto e alla mancata valutazione per intero del servizio svolto durante il precariato.
Il
Tribunale del Lavoro di Trapani, infatti, dà piena ragione ai legali Anief
Fabio Ganci, Walter Miceli e Giuseppe Massimo Abate e dichiara illegittimo il
CCNI nella parte in cui discrimina il servizio svolto durante il precariato ai
fini della compilazione delle Graduatorie interne d’Istituto, contrastando con
la normativa comunitaria. “Abbiamo ancora una volta avuto ragione in
tribunale – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – e
dimostrato che il contenuto della contrattazione integrativa sulla mobilità è
discriminatoria anche nelle tabelle per le graduatorie interne d’istituto che
attribuiscono punteggio deteriore al servizio preruolo, valutandolo solo 3
punti per i primi 4 anni e 2 per gli ulteriori anni, mentre il servizio di
ruolo vale sempre 6 punti. La giurisprudenza europea ha affermato che lo Stato
ha l’obbligo di vigilare affinché tra contratto a termine e contratto a tempo
indeterminato non vi sia un trattamento globalmente sfavorevole all’interessato
quando l’oggetto del suo incarico e la natura delle sue funzioni restano
invariati”.
La
sentenza, piana e lineare nella lucida ricostruzione della normativa interna e
nei riferimenti alle procedure di individuazione dei soprannumerari, evidenzia
come, applicando le tabelle allegate ai contratti integrativi sulla mobilità,
il “calcolo del punteggio sull’anzianità di servizio pre-ruolo per la
compilazione delle graduatorie interne d’Istituto per l’individuazione dei
docenti soprannumerari si pone in contrasto con la direttiva europea 1999/70
che vorrebbe lo stesso punteggio per anni di ruolo e anni di pre-ruolo”,
rilevando che “l’Amministrazione non ha allegato alcun elemento per verificare
se la disparità risponda ad una reale necessità, sia idonea a conseguire
l’obiettivo perseguito e risulti a tal fine necessaria”. Per tale motivo, il ricorso
Anief è totalmente accolto con la conclusione che “il mancato riconoscimento
dell’anzianità di servizio pre-ruolo con riferimento agli effetti che produce
sul piano della posizione nella graduatoria interna, rappresenta
un’ingiustificata e illegittima discriminazione”, l’accertamento del “diritto
della ricorrente alla valutazione del servizio d’insegnamento pre-ruolo, nella
stessa misura in cui è valutato tale servizio per i docenti di ruolo e, per
l’effetto, condanna l’amministrazione resistente al riconoscimento di ulteriori
punti 12 ai fini delle operazioni di mobilità, con conseguente annullamento
della sua individuazione come perdente posto”.
L’Anief
ricorda che sulla mobilità ha attivato una serie di ricorsi volti alla tutela e
al rispetto dei diritti dei lavoratori della scuola purtroppo, e ancora una
volta, violati con il CCNI 2019.
“Siamo stufi, Bussetti ci convochi”. Questa la richiesta di Anief attraverso una nota stampa in cui bolla l’ultimo incontro al Miur sul tema dell’aumento stipendio docenti “inutile”.
“Le parti – si legge nel comunicato stampa – starebbero focalizzando le attenzioni sull’atto di indirizzo, il quale però non può essere emanato per il rinnovo del CCNL 2019/2021 sino a quando non si firmerà l’accordo quadro sulla nuova rappresentatività sindacale. Inoltre, non esiste in Parlamento alcuna nota di aggiornamento del DEF che vada oltre la parziale indennità di vacanza contrattuale introdotta con lo stipendio dello scorso mese di aprile e i micro-aumenti previsti da giugno, e superi gli ulteriori tagli al settore dell’istruzione fino al 2045.”.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “si continua a parlare di aumenti degli stipendi a tre cifre ma poi ci si accorge che dopo gli incrementi del 3,48% e gli arretrati ridicoli, di un anno fa, finora si è provveduto ad introdurre solo una parziale indennità di vacanza contrattuale. Per il resto, lo stesso accordo del 24 aprile, solo vaghe promesse. Così gli stipendi rimangono da fame, tra i più bassi della pubblica amministrazione e quasi tutti i colleghi d’Europa, a livello stipendiale, continuano a guardarci dall’alto. Questo lo sanno bene alcuni raggruppamenti politici, uno in particolare, che non perde occasione di sponsorizzare l’autonomia differenziata agganciandola ad improbabili aumenti riservati, peraltro, ad alcune Regioni, nel tentativo di convincere il personale a dare supporto all’iniziativa incostituzionale”.
“Noi, che rimaniamo con i piedi per terra, continuiamo a dire no alle gabbie salariali e sì ad un incremento di stipendio per tutti i dipendenti scolastici degno di questo nome. Come si sono trovati i soldi per il reddito di cittadinanza – conclude il sindacalista autonomo – ora si trovino per chi percepisce oggi uno stipendio ancora ben al di sotto del costo della vita”.
Il MIUR, dando seguito all’attuazione dell’Intesa del 24 aprile 2019, ha fissato per il 20 maggio alle ore 17 l’incontro con le organizzazioni sindacali per discutere del rinnovo contrattuale del comparto Istruzione e Ricerca. In particolare, secondo il primo punto dell’Intesa, si parlerà dell’impegno da parte dell’Amministrazione a reperire i fondi per il rinnovo del CCNLgià a partire dalla prossima Legge di Bilancio. Il governo si è inoltre impegnato a programmare nel triennio un recupero salariale che comporti un sensibile aumento stipendiale e avvii l’allineamento dei salari del personale del comparto Istruzione e Ricerca alla media europea.
“Riteniamo positivo l’impegno a voler aprire una discussione con la categoria per la valorizzazione del personale di tutto il comparto Istruzione e Ricerca a partire dall’adeguamento salariale, ma valuteremo attentamente le proposte che verranno avanzate per dare una risposta concreta aqueste problematiche”, commenta in una nota a margine la FLC Cgil.
La
scuola è sempre più al centro degli interessi del Paese: imperversano i numeri
e anche questi ci dicono che gli stipendi sono troppo bassi. In queste ultime
ore, è stato infatti riproposto l’ultimo rapporto Ocse, l’organizzazione per la
cooperazione e lo sviluppo economico con sede a Parigi, che ogni anno nel suo
rapporto Education at a glance mette a confronto i sistemi educativi dei 35
Paesi membri. A farlo è stato il quotidiano Il Messaggero che ha ricordato il
numero di ore passate dai docenti dietro la cattedra, in classe con gli alunni,
da cui emerge “un impegno leggermente inferiore a quello medio dell’area Ocse”.
Ad esempio, “nella primaria il confronto è di 752 ore contro 794”.
Il
disavanzo di ore si scopre che è veramente minimo: dividendo l’impegno per le 33
settimane minime di didattica annuale, emerge infatti che i nostri maestri
insegnano tra una e due ore a settimana in meno. Se il gap si colloca attorno
al 5%, allora è normale guadagnare meno? Niente affatto, perché la differenza
economica rilevata è eccessiva: a dirlo è la stessa Ocse che mettendo a
confronto gli stipendi a fine carriera evidenzia il differenziele economico dei
nostri docenti rispetti a quelli dei singoli Paesi e della media Ue. A fronte
di un impegno in classe quasi identico, a fine carriera il compenso dei nostri
docenti è in media circa del 20% in meno. Con alcuni Paesi, come la Germania,
dove sono quasi doppi rispetto ai nostri.
“Senza
contare tutte le altre ore obbligatorie funzionali all’insegnamento – incalza
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal –
che ora l’Aran vuole innalzare, inserendovi nuove mansioni in cambio di aumenti
farsa. Non va meglio per chi comincia a insegnare, il cui compenso annuo medio
è inferiore del 6,5% rispetto a quanto si percepisce per lo stesso lavoro
nell’area Ocse. Invece di cercare di ridurre la forbice, con il nuovo contratto
si mantiene l’attuale assetto generale. Anzi, cercando pure di introdurre delle
norme che vogliono assimilare chi insegna nella scuola ad un semplice
impiegato”.
Anche
secondo la rivista Orizzonte Scuola, “la premessa necessaria è che nel
contratto di lavoro degli insegnanti italiani, a parte le 40+40 ore destinate
alla partecipazione a collegi docenti e consigli di classe, non viene messo
nero su bianco quante sono le ore destinate all’attività lavorativa al di fuori
dell’orario di cattedra. E questo complica tantissimo le cose. Né si prevedono
miglioramenti in tal senso nel nuovo Contratto, in queste settimane oggetto di
trattative tra ARAN e sindacati”. Il nuovo contratto, infatti, non contiene
nulla di buono.
“Come
se non bastasse tutto questo – continua il sindacalista autonomo Anief-Cisal –
dalla bozza di nuovo contratto collettivo nazionale proposta dall’Aran si
evince che non si recepiscono le sentenze della Corte suprema sulla parità di
trattamento tra personale precario e di ruolo, né si elimina il raffreddamento
della carriera nelle ricostruzioni attuate per il personale di ruolo.
Addirittura, si attribuiscono aumenti di soli 40 euro netti per il 2018 e 220
euro netti di arretrati per il 2016 e il 2017: una cifra ridicola, addirittura
tre volte inferiore all’aumento del costo della vita registrato dopo il blocco
decennale degli stipendi”.
“Di
fronte a queste condizioni – conclude Pacifico – il nostro sindacato si oppone
senza se e senza ma: qualsiasi proposta di aumento dell’orario lavorativo e di
mansioni senza risorse aggiuntive va rispedita al mittente perché è
irricevibile. Che cosa c’è da contrattare? Per tale motivo insistiamo con i
ricorsi in tribunale, confermando la mobilitazione del personale che, anche per
altre motivazioni, porterà il nostro sindacato a scioperare due volte nelle
prossime settimane e a scendere in piazza il 23 marzo per una grande manifestazione
nazionale”.
Anief
ricorda che è ancora possibile recuperare 2.654 euro di arretrati, incrementati
dei primi due mesi del 2018 indebitamente sottratti, e a partire da settembre
2015, come ha confermato due anni fa la Corte Costituzionale: basta consegnare
il modello di diffida predisposto dall’Anief, attraverso cui recuperare almeno
270 euro di aumento, da suddividere in due parti uguali: la prima sulla mancata
assegnazione dell’indennità di vacanza contrattuale, la seconda di effettivo
incremento. Ancora per pochi giorni, infine, è possibile candidarsi come Rsu
dell’Anief, compilando on line la scheda sul portale Anief.
Titolarità su scuola per tutti, trasferimenti in 3 fasi (comunale, provinciale e interprovinciale), pubblicazione dei movimenti di tutti gli ordini e gradi di scuola nella stessa data: sono queste le novità più importanti emerse nel quarto incontro di trattativa per il rinnovo del contratto integrativo sulla mobilità a domanda (trasferimenti e passaggi) che si è tenuto il 28 novembre presso il Miur, tra i rappresentanti dell´Amministrazione centrale e dei Sindacati firmatari del contratto nazionale.
Nel corso dell´incontro i rappresentanti del Miur hanno avanzato nuovamente la proposta di ridurre al 50% le disponibilità per i passaggi dal sostegno al posto comune. L´amministrazione ha argomentato la proposta facendo presente che l´anno scorso vi sono stati 1900 passaggi e le scuole hanno difficoltà a reperire supplenti muniti del titolo di specializzazione per coprire i posti lasciati liberi dai docenti che ottengono il passaggio.
La Gilda, insieme agli altri sindacati, ha rappresentato la netta contrarietà a limitare il diritto dei docenti di sostegno a chiedere il passaggio sul posto comune. In più, la delegazione ha fatto presente che eventuali limitazioni del diritto alla mobilità dei docenti di sostegno non potrebbero essere introdotte per contratto, perché, in assenza di una specifica norme di legge, la relativa clausola contrattuale risulterebbe nulla. “Fermo restando la contrarietà ad una eventuale norma di legge che disponesse in tal senso che, peraltro, potrebbe anche essere incostituzionale, perché introdurrebbe una forte limitazione del diritto alla mobilità solo per una ristretta categoria di personale”.
Nel corso dell´incontro è stata anche affrontata la questione della mobilità dei docenti delle materie di indirizzo dei licei musicali. A questo proposito l´Amministrazione ha fornito i dati della mobilità professionale e delle utilizzazioni di questa particolare tipologia di personale.
I docenti che hanno chiesto e ottenuto il passaggio di ruolo o di cattedra nel 2017/2018 sono stati 1032 e nel 2018/2019 sono stati 169. Le utilizzazioni, invece, sono state 289 nel 2017/2018 e 187 nel 2018/2019.
Sulla questione è stata raggiunta un´intesa di massima per valorizzare la continuità didattica prevedendo un´aliquota maggiore per i passaggi di cattedra che, però, sarà fissata in una prossima riunione.
La discussione riprenderà la prossima settimana. Sono previsti due incontri martedì 4 e mercoledì 5 dicembre.
4,3 miliardi per la contrattazione del triennio 2019-2021 dei dipendenti della Pubblica Amministrazione (e quindi del comparto scuola) non sono sufficienti. Questo in estrema sintesi l’esito dell’incontro tra i sindacati e il ministro Giulia Bongiorno, responsabile del dicastero della P.A.
Che le risorse stiano strette è opinione comune di tutti i sindacati, sia quelli maggiori che quelli di settore. La Cgil, attraverso la segretaria della FP Cgil Serena Sorrentino, afferma: «Non c’è stato un vero confronto ma solo un ascolto del ministro. Noi vorremmo, invece, aprire una trattativa. Siamo insoddisfatti sia per le risorse che sono insufficienti per i rinnovi contrattuali, ma anche per il turnover, che resta solo una indicazione, in particolare per categorie come i medici», mentre di incontro «interlocutorio visto che le risorse presenti in legge di bilancio sono sufficienti solo per alcuni obiettivi di minima», parla la Cisl Scuola con il segretario Maddalena Gissi. Sardonico il segretario confederale Uil Antonio Foccillo: «Non c’è stato niente da valutare, non abbiamo fatto approfondimenti. È necessario un piano straordinario di assunzioni per la carenze di personale per i molti anni di blocco del turnover».
“I soldi per gli stipendi non bastano nemmeno a coprire l’inflazione”. Lo ha detto Marcello Pacifico, segretario confederale Cisal e presidente nazionale Anief, durante l’incontro di oggi dei sindacati a Palazzo Vidoni, con il Ministro della Funzione Pubblica Giulia Bongiorno, per avviare il rinnovo dei contratti nazionali 2019-2021: da un’analisi della relazione tecnico-contabile, ora all’esame della Camera, sono emerse delle incongruenze sulla platea dei soggetti destinatari degli aumenti dell’indennità di vacanza contrattuale (previsti solo per la metà dei dipendenti della Pa) e dei fondi stanziati (appena 300 milioni sul miliardo di copertura) che pongono seri dubbi sulla copertura finanziaria degli aumenti previsti anche per il solo 2019. Servono, inoltre, disposizioni immediate per l’assunzione dei precari storici, per favorire il turn-over attraverso l’adozione di quota 100 senza vincoli, per cancellare le discriminazioni tra personale precario e di ruolo, oltre che per accelerare l’iter di rinnovo delle rappresentanze sindacali.
La scadenza del 31 dicembre per la contrattazione collettiva relativa al comparto istruzione si avvicina: grande è la preoccupazione espressa dalla Gilda degli insegnanti, di seguito nelle parole del coordinatore nazionale Rino Di Meglio.
“Apprezziamo la riduzione delle ore di Alternanza Scuola Lavoro ma esprimiamo preoccupazione per la totale assenza di risorse da destinare al rinnovo del contratto nazionale di lavoro prossimo alla scadenza. Come è stata accolta la nostra richiesta relativa alla diminuzione delle ore di Asl, anche se avremmo preferito che ne fosse stata abolita l’obbligatorietà – spiega Di Meglio – così adesso chiediamo al governo di fare propria la nostra proposta per incrementare gli stipendi dei docenti”.
Nonostante le rassicurazioni del vicepresidente Di Maio, che ha assicurato la presenza, nella legge di bilancio, di soldi per garantire che a gennaio l’elemento perequativo continui ad essere erogato, i componenti della Gilda restano in allarme.
Dal fondo per il bonus merito 100: “Secondo i dati emersi dal rapporto Eurydice, pubblicato il 5 ottobre in occasione della Giornata Mondiale degli Insegnanti, –argomenta Di Meglio – tra il 2016 e il 2017 gli stipendi tabellari sono aumentati del 3% nella maggior parte dei Paesi europei ma non in Italia. A fine anno scadrà il contratto e non si sa quando l’Aran convocherà i sindacati per aprire le trattative per un rinnovo che si preannuncia molto povero”.
Il coordinatore della Gilda prova anche a fare due calcoli: “Per evitare che le retribuzioni degli insegnanti addirittura diminuiscano, suggeriamo a Palazzo Chigi di destinare i fondi stanziati dalla legge 107/2015 per il bonus merito, avversato dalla stragrande maggioranza degli insegnanti, per recuperare lo scatto di anzianità del 2013. In questo modo nelle buste paga entrerebbero mediamente 100 euro in più. Accogliere questa proposta sarebbe un primo segnale importante di rivalutazione della professione docente”.
Un insegnante è sposato con il suo lavoro, lo sappiamo bene. Ma potrebbe anche voler coronare un altro sogno d’amore. Magari con quel partner che è lì ad accoglierlo alla fine delle sue giornate tra bambini e libri.
Ai docenti, sia precari che non, spettano 15 giorni consecutivi di permesso matrimoniale retribuiti. In che modo possono fruirne? Quali sono i vincoli? Ve lo spieghiamo qui.
Il matrimonio deve essere civile
In primis, è bene chiarire immediatamente che il solo matrimonio religioso non basta per godere del permesso matrimoniale. Il rito religioso difatti non ha valenza civile senza trascrizione. La giurisprudenza però prevede la possibilità di usufruire dei 15 giorni di permesso in concomitanza del rito religioso se susseguente al rito civile, a patto che non abbia – chiaramente – già usufruito del congedo matrimoniale.
Quale finestra temporale?
Secondo il contratto nazionale di lavoro degli insegnanti, è possibile godere dei 15 giorni consecutivi in una finestra che va da una settimana prima a due mesi dopo la data del matrimonio, a decorrere dalla data indicata dallo stesso. Questo permesso non è sindacabile dal dirigente scolastico anche in presenza di esigenze particolari.
Obbligo però dello sposo quello di comunicare con ampio margine temporale la richiesta alla dirigenza, anche in carta semplice.
E se mi sposo all’estero?
Nessun problema. Anzi, il cittadino italiano che si sposa all’estero non è nemmeno soggetto alle pubblicazioni di matrimonio. Una notevole giurisprudenza sostiene ciò, tenendo presente che però la data entro cui stabilire la finestra temporale per usufruire del permesso è fissata non nella trascrizione del matrimonio in Italia, ma nella data in cui è effettuato fuori Italia.
Vale anche per gli insegnanti omosessuali
Sebbene sembri una banalità, a chiarire questo punto è stata una volta per tutte la Legge Cirinnà del 2016 (legge sulle unioni civili e coppie di fatto). L’introduzione di questa legge ha equiparato senza mezzi termini i diritti dei matrimoni tra persone eterosessuali e le unioni civili tra coppie omosessuali. Quindi, anche il diritto al congedo matrimoniale.
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