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Sesso all’asilo nido: maestra accusata di lasciare soli i bimbi per chiudersi in una stanza col compagno

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Una triste storia che viene dalla provincia di Varese dove ancora una volta le telecamere installate dai carabinieri su disposizione del magistrato hanno permesso di documentare un caso di sospetto maltrattamento di bambini. Ma il racconto, in barba a ogni professionalità, stavolta si arricchisce di dettagli che potrebbero essere definiti piccanti in un contesto meno drammatico di questo.

Una maestra di asilo di Cocquio Trevisago avrebbe difatti consumato rapporti sessuali col suo compagno mentre avrebbe dovuto vegliare sui piccolissimi studenti. L’uomo entrava di nascosto nella struttura e si chiudeva a chiave in una stanza con l’insegnante: lì si sarebbero consumati i fugaci amplessi tra i due.

Tutto molto romantico, se non fosse altro che in quel lasso di tempo i bambini venivano abbandonati a sé stessi.

Si tratterebbe, secondo la ricostruzione degli investigatori, solo della punta dell’iceberg di una situazione grave in cui i minori sarebbero stati vittime di violenze verbali e a volte anche fisiche.

La donna è stata sospesa dalla professione, in attesa che la giustizia faccia il suo corso.

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Telecamere a scuola, l’alt dell’Associazione dei Pedagogisti

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Il recente caso di Capurso (Bari) – con quattro maestre finite ai domiciliari per violenze sui minori – pone di nuovo al centro del dibattito la possibilità di videosorveglianza nelle scuole.

C’è un disegno di legge, il numero 2574, che è stato approvato alla Camera con 410 voti a favore. Ora la parola definitiva spetta al Senato. In quel ddl, “Misure per prevenire e contrastare condotte di maltrattamento o di abuso, anche di natura psicologica, in danno dei minori negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia e delle persone ospitate nelle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per anziani e persone con disabilità e delega al Governo in materia di formazione del personale”, è previsto l’uso di telecamere (anche a fine probatorio) per prevenire e contrastare la violenza ai danni di minori, anziani e disabili.

Il no dei pedagogisti

Fermatevi, la videosorveglianza è un pugno allo stomaco al patto educativo di corresponsabilità. Un clima sereno ed educante si raggiunge con la presenza dei genitori e il coordinamento/supervisione di un pedagogista”. Lo afferma l’Associazione dei Pedagogisti e degli Educatori Italiani in una lettera aperta pubblicata da Orizzonte Scuola.

Lede il rapporto di fiducia

Secondo quanto sostiene l’Associazione, questa scelta minerebbe il necessario rapporto di fiducia necessario per la crescita del minore tra i vari stakeholder coinvolti.

Il patto di corresponsabilità educativa, richiamato nell’art. 1, ha come condizione primaria proprio la reciproca Fiducia tra coloro che lo firmano, mentre l’installazione di videocamere a scopo probatorio rappresenta l’esatto contrario. Una prospettiva inquietante, che scava un baratro tra insegnanti e genitori, instaurando un clima di sospetti e amplificando i mille episodi di conflitto, che potrebbero essere risolti con la presenza di professionalità adeguate, capaci di creare ponti ed occasioni di incontro. Di piccoli litigi le scuole sono piene, ma se un bambino dovesse tornare a casa con un graffio, chi salverebbe la maestra dal sospetto di “violentatrice”?

Anche se si tratta di una prima sperimentazione e saranno le amministrazioni a decidere se partecipare o meno al progetto, il PDL prevede la partecipazione delle famiglie alle decisioni relative all’installazione e all’attivazione dei sistemi di videosorveglianza negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia, ma non quella degli educatori, né delle insegnanti, rimarcando ancora una volta una separazione tra due fronti contrapposti laddove, invece, sarebbe auspicabile fiducia e collaborazione. Tutto ciò impedendo la possibilità di trovare soluzioni alternative, come prevedere una maggiore partecipazione dei genitori alla vita del nido? Una maggiore loro presenza e coinvolgimento alle attività e alla progettazione educativa? Facendo sì che questi importanti servizi non siano il luogo in cui i bambini vengono lasciati come pacchi postali, per poi essere ritirati al suono della campanella. Riscoprendo fondamentali momenti di condivisione della vita del nido, nei quali spesso le educatrici fanno fatica a coinvolgere i genitori, spiegando l’importanza che la presenza e la partecipazione del papà e della mamma, riveste per la crescita del bambino, e di quanto questo possa costituire una gratificazione per la loro azione educativa.

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Capurso (Bari): quattro insegnanti ai domiciliari con l’accusa di maltrattamenti sui bambini

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Strattoni, schiaffi, minacce verbali e altro ancora, tutto documentato con telecamere nascoste in fase di indagine dai carabinieri: per questi motivi quattro insegnanti di una scuola materna di Capurso (Bari) sono state raggiunte da un’ordinanza cautelare agli arresti domiciliari.

I fatti a cui si fa riferimento sono tutti relativi all’anno scolastico 2017-18. Protagonisti bambini di tre anni.

Le maestre accusate

Sono quattro le insegnanti che dovranno rispondere dei presunti gravi maltrattamenti perpetrati nei confronti dei bambini. Sono tutte donne e maestre di età compresa tra i quarantasette e i sessantatré anni.

I maltrattamenti

Secondo quanto sostengono i militari dell’Arma, dopo le ricostruzioni e avvalendosi delle immagini delle telecamere nascoste installate nel complesso didattico, “le quattro maestre, sia autonomamente che talora in concorso, nell’anno scolastico 2017/2018, rendevano dolorose e mortificanti le relazioni con i bambini, a loro affidati per cura ed educazione, assumendo comportamenti vessatori e violenti nei loro confronti”.

Dal video è possibile evincere alcuni atteggiamenti “troppo energici” e che descriverebbero esattamente il quadro accusatorio messo in piedi dai Carabinieri. Spintoni e bambini tenuti per la testa sul banchetto, ad esempio.

A questo si aggiunge quanto comunicato dai Carabinieri stessi in una nota stampa.

Le maestre, in maniera sistematica, per esercitare la loro funzione di insegnante, hanno assunto nei confronti dei bambini comportamenti violenti, spintonandoli, strattonandoli, a volte, trascinandoli fino a farli cadere e/o urtare ed, in alcuni casi, percuotendoli con schiaffi alle braccia e sul volto. Ai piccoli, veniva imposto di rimanere con il capo riverso sul banco, in posizione sottomessa ed, in caso di rifiuto, costretti con forza a tenere tale posizione. Altre “punizioni” consistevano nell’imporre ai bambini a rimanere in un angolo della classe con il volto rivolto verso il muro, a volte, con le mani dietro la schiena, per periodo prolungati.

Le maestre hanno anche minacciato i bambini, intimorendoli che “sarebbero stati legati con la corda – che avrebbero avuto le botte – che sarebbe stato portato in caserma dai Carabinieri dove un cane gli avrebbe dato un morso”, oltre a mortificarli platealmente, ed offendendoli con frasi: ”monelli, cattivi, scostumati, maleducati, monellaccio di strada, rimbambiti, pappamolli”.

Spetterà ora all’eventuale processo stabilire l’incontrovertibile verità su come sono andati i fatti.