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Tre miliardi per far ripartire la scuola a settembre, ma “non bastano”

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Dalla stampa nazionale trapela la volontà di riprendere l’attività scolastica a settembre con un piano straordinario utile a garantire il distanziamento minimo indicato dagli epidemiologi per non incorrere di nuovo nel contagio di massa del Covid-19. Per il sottosegretario all’Istruzione Giuseppe De Cristofaro servono tre miliardi per la scuola, che nelle ultime stagioni ha avuto scarsa attenzione. È una cifra che torna spesso: “sono quelli che ha investito nel 2015, attraverso la “Buona scuola”, il Governo Renzi. Con quelle risorse sono stati assunti 86 mila docenti, si sono dati premi agli insegnanti più impegnati e bonus cultura a tutti quelli in ruolo”. Ma sono pure quelli che chiedeva come soglia minima il penultimo ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, poi dimessosi proprio perché mai arrivata.

“Il mondo della scuola – a cui si aggiungono psicologi, educatori, le famiglie – chiede un piano straordinario per un anno di nuovo in classe. E indica le ipotesi da percorrere per garantire le distanze sociali tra gli studenti, i 900 mila insegnanti e i 200 mila amministrativi impegnati: turni in classe mattina e pomeriggio o, dove non si può, didattica mista in aula e a casa, quindi lezioni più brevi, utilizzo del sabato e cantieri aperti in estate per recuperare classi ed edifici che hanno bisogno di interventi non strutturali. Per fare tutto questo servono risorse nuove. Tre miliardi, almeno”. Lo scrive oggi La Repubblica, citando le parole di Giuseppe De Cristofaro.

LE PAROLE “FORTI” DI DE CRISTOFARO

Secondo il sottosegretario all’Istruzione, “bisogna fare tutti gli sforzi possibili per riportare in classe docenti e discenti. La didattica a distanza ha colmato il vuoto, ma ogni giorno amplifica le disuguaglianze che già a scuola esistono. Il ministero deve insediare al più presto una task force e costruire un cronoprogramma per i prossimi quattro mesi e mezzo. È il momento di trovare tre miliardi per la scuola italiana, che nelle ultime stagioni ha avuto scarsa attenzione. Questa pandemia ha dimostrato che i pilastri dello Stato sono il sistema sanitario e il sistema dell’istruzione. Dobbiamo mettere in discussione quello che abbiamo fatto fin qui, tagli. E portare a casa i concorsi avviati con un percorso rapido che guardi a chi già insegna”.

Secondo il sindacato Anief, se il ritorno in classe si dovrà realizzare con il distanziamento sociale è allora bene sapere sin d’ora che l’investimento dovrà essere massiccio: stiamo parlando di quasi 10 milioni di persone, tra alunni, docenti e personale scolastico, un sesto della popolazione italiana, che dovrà necessariamente convivere per almeno 5-6 ore al giorno.

IL PARERE DI MARCELLO PACIFICO

“Vanno revisionate le strutture scolastiche – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – con almeno 45 anni: stiamo parlando di 25 mila sedi, su oltre 40 mila complessive, che risultano fortemente inadeguate rispetto alle norme in vigore sulla sicurezza, rispetto alle certificazioni ad esempio sull’antincendio e sulla prevenzione sismica, che nelle aree più a rischio diventano un potenziale attentato alla salute. Aggiungere a questo anche il rischio di contagio del Coronavirus sarebbe inaccettabile”.

Pacifico ritiene “che, dopo quello a cui abbiamo assistito nei giorni scorsi, con gli ospedali che non riescono più ad accogliere i malati in terapia intensiva e a gestire il troppo alto numero di decessi, sia giunto il momento di cambiare politica: la sanità e la scuola devono diventare terreno di investimenti massicci, veri, senza più vincoli e mezzucci per procedere a tagli e dimensionamenti. Il tempo dell’emergenza deve servire da insegnamento. Gli investimenti pubblici vanno realizzati per salvaguardare i beni e i valori più importanti: la salute la formazione dei cittadini. I conti dell’economia si facciano quadrare diversamente, ma questi due ‘territori’ devono rimanere esclusi. Questo significa, per rimanere alla scuola e al piano di investimenti per riprendere a settembre, che i tre miliardi indicati oggi non bastano nemmeno per l’aumento degli stipendi dei docenti”.

“Nei mesi scorsi si è parlato a lungo della volontà di valorizzare il ruolo professionale del docente – continua il sindacalista autonomo – e per farlo, solo per questo, servirebbero 4 miliardi aggiuntivi: in tal modo, si raggiungerebbero gli aumenti medi netti mensili di 240 euro utili a recuperare il gap 10% rispetto all’incremento dell’inflazione registrato da dodici anni al netto degli ultimi aumenti, con 8 punti accumulati tra il 2007 e il 2015, appena ridotto dal risibile aumento del 3,48% prodotto con l’ultimo rinnovo contrattuale sottoscritto dagli altri sindacati maggiori nel 2018. Il Governo ricordi che i 70 euro medio di aumento già finanziato per il personale della scuola non è sufficiente: mancano all’appello mille euro medi in meno al mese, che a fine carriera ogni docente continua a non percepire”.  

GLI INTERVENTI IMMEDIATI

Nel frattempo, il giovane sindacato continua a chiedere accorgimenti immediati, in modo da mettere al sicuro l’ordinato avvio del prossimo anno scolastico: bisogna dare seguito alle petizioni rilanciate dall’Anief: una per l’aggiornamento urgente delle graduatorie d’istituto e Ata 24 mesi al fine delle immissioni in ruolo e l’altra per l’avvio dell’anno scolastico 2020/21 con la conferma dei contratti vigenti. Dopo averlo fatto con il Decreto “Cura Italia”, sul quale sono state presentate 15 richieste di modifica specifiche, il giovane sindacato si dice pronto a presentare emendamenti ai parlamentari anche sul Decreto Legge n. 22 ora all’esame delle commissioni di competenza di Palazzo Madama.

(fonte: Ufficio Stampa Anief)

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