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Cardano, i genitori non portano i figli a scuola per protesta: “La situazione è pericolosa”

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Genitori lasciano a casa i figli per protesta contro la scuola insicura. Succede nella scuola primaria di Cardano al Campo, in provincia di Varese, dove tredici famiglie di una classe hanno deciso di lasciare a casa i propri figli di otto anni, nonostante,  la scuola dell’obbligo.

LA STORIA

Se un genitore decide di non mandare il figlio a scuola ha i suoi buoni motivi. Nel Varesotto, ha scritto la stampa locale, hanno voluto inviare “un messaggio preciso lanciato verso il Provveditorato agli studi della provincia di Varese e alle istituzioni superiori per risolvere un problema che si trascina da ormai tre anni e che per loro è diventato ora insostenibile”.

LA LETTERA DEI GENITORI

«La situazione disciplinare che si registra in classe risulta per i nostri bambini e per noi genitori insostenibile sul piano educativo ma soprattutto per ciò che concerne la sicurezza dei nostri figli», scrivono le tredici famiglie di Cardano in una lettera aperta. A margine spiegano che il problema nasce dalla impossibilità della scuola di tenere a freno le intemperanze di un alunno. Il risultato è una serie di episodi violenti. I genitori raccontano di banchi divelti, oggetti lanciati, pugni in faccia, occhiali rotti e tanti altri avvenimenti che non li lasciano tranquilli ogni volta che accompagnano i loro bambini davanti alla primaria cardanese. «In prima questa era una classe formata da 31 studenti, oggi si sono ridotti di un terzo», racconta un papà. «Sto meditando di fare anche io lo stesso e a gennaio di spostare mia figlia altrove. Non sono più sereno».

L’iniziativa, continua la lettera, «ha lo scopo di attirare l’attenzione di chi deve attivarsi per ripristinare una situazione di normalità. Non è il prodotto di una decisione impulsiva, ma la conseguenza del mancato intervento incisivo atto a tutelare i bambini». La richiesta non è formulata ad insegnanti di classe, ai dirigenti scolastici presenti e a quello attualmente in carica («al quale va riconosciuto un impegno mai riscontrato in precedenza»), ma all’amministrazione, la quale costringe gli alunni a mantenere un clima in classe «non è certo idoneo a favorire un sereno percorso di crescita umana e culturale di un bambino».

“UNA PROVOCAZIONE CORRETTA”

È giusto, per il sindacato, che le famiglie abbiano intrapreso un atto, una sorta di provocazione, così importante. Sono gli stessi genitori che hanno deciso anche, subito dopo, di rivolgersi direttamente all’amministrazione scolastica, da dove sono partite le indicazioni per formare classi così numerose, anche in presenza di alunni con problematiche comportamentali e di apprendimento. Questo genere di operazioni, all’insegna dell’indifferenza, pur in presenza di problemi oggettivi, sono il frutto delle politiche scellerate sulla scuola, dove continua a rimanere in vita l’organico di fatto, le risorse che arrivano per attuare il Ptof sono limitate e si impongono classi con numeri di alunni oltre ogni logica e anche, spesso, senza nemmeno curarsi dei limiti previsti dalla legge sulla sicurezza.

Anief ricorda come abbia avviato con alcune RSU un’operazione verità per verificare il rispetto delle norme sulla composizioni delle classi e si dichiara pronta a estendere tale iniziative in tutte le scuole italiane appena certificata la rappresentatività.

IL PENSIERO DEL PRESIDENTE

Secondo Marcello Pacifico, leader dell’Anief, “bisogna impedire che si attivino corsi con oltre 30 alunni, ancora di più se in presenza di alunni disabili. È nostro dovere segnalare questi casi come sindacalisti prima che lo facciano le famiglie”.

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Telecamere a scuola in 6 istituti di Palermo (con tutti i dubbi del caso)

videocamera di sorveglianza scuole

Il sistema di videosorveglianza, per contrastare bullismo e consumo di droghe, è frutto di un progetto di Comune, Prefettura e Ministero dell’Interno. Per il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, si tratta di «una misura necessaria». Il riferimento è al sistema di videosorveglianza, collegato alla centrale operativa della polizia municipale e installato, come riporta l’edizione locale di Repubblica, in alcune scuole superiori del capoluogo siciliano, gli istituti Cascino, Cannizzaro, Piazza, Cassarà, Regina Margherita e Vittorio Emanuele III, collegato alla centrale operativa dei vigili urbani. Telecamere di ultima generazione che, secondo chi le ha concepite – il protocollo d’intesa “Scuole sicure” è stato ideato dal Ministero dell’Interno e coinvolge anche Comune e Prefettura – dovrebbero contrastare microcriminalità e atti illegali nelle scuole e nei loro pressi, a cominciare dal consumo di droga e dal bullismo. 

I dubbi del Garante della Privacy 

Intenti senza dubbio meritevoli, ma che non tengono conto di vari aspetti. I soggetti a rischio o più fragili, ad esempio, possono essere difesi efficacemente anche con mezzi meno invasivi. L’ha sostenuto anche il Garante della Privacy, Antonello Soro, secondo cui nessuna telecamera potrà mai sopperire a carenze insite nella scelta e nella formazione del personale deputato all’educazione e all’assistenza dei soggetti a cui deve andare massima attenzione. 

Il no del sindacalista

“Siamo contrari a questa scelta – dichiara Marcello Pacifico, leader di Anief – che scredita i docenti, evidentemente considerati non meritevoli di fiducia. Il provvedimento è invasivo rispetto ad aspetti della sfera personale dei lavoratori. La sicurezza passa dalla formazione del personale e da attività rivolte in maniera specifica alla comunità scolastiche (insegnanti, bambini/e, ragazzi/e, genitori, educatori) per intraprendere un percorso dedicato”. 

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Telecamere a scuola, nuovo affondo della Cgil: “Preoccupati e fermamente contrari”

videocamera di sorveglianza scuole

“La proposta di installare le telecamere nelle scuole dell’infanzia e nei luoghi di cura, impropriamente collocata nel decreto Sblocca cantieri sulle opere pubbliche e approvata ieri in Commissione al Senato, ci vede preoccupati e fermamente contrari“. Lo afferma la CGIL SCUOLA attraverso una nota stampa.

“La necessità di prevenire episodi di maltrattamenti come quelli di cui spesso è stata data notizia negli ultimi tempi, con un riscontro mediatico peraltro enorme rispetto all’esiguità dei casi, è una priorità e un dovere della comunità degli adulti e del legislatore. Il benessere, la cura e l’accoglienza dei bambini e delle bambine, devono essere garantiti a maggior ragione quando si parla dei luoghi della formazione e dell’educazione, dove risulta inammissibile e ingiustificabile qualsiasi forma di prevaricazione, fisica o psicologica”, spiegano gli esponenti del sindacato che poi ribadiscono: “Il provvedimento dà una risposta sbagliata a un problema mal posto”.

“La tutela dell’infanzia, in quanto valore e patrimonio di tutta la società civile, si attiva concretamente attraverso un’alleanza educativa ampia e profonda, fondata sulla fiducia e sulla condivisione, che rifiuta a priori la logica del sospetto e del controllo inquisitorio. La politica ha il compito di offrire strumenti e risorse per valorizzare le professionalità e restituire centralità alla comunità educante, all’interno della quale si costruiscono relazioni umane e professionali e condizioni di benessere che, a partire dalla qualità del lavoro, si diffondono all’intero contesto educativo consentendo a docenti, educatori, operatori del settore di mettere in campo strategie pedagogiche, più efficaci di qualsiasi dispositivo elettronico, per gestire le complessità e far fronte alle sfide educative dei nostri tempi”.

“In questo quadro, la scelta delle telecamere è totalmente sbagliata e rischia di segnare il fallimento dell’educazione – continuano – Auspichiamo e rinnoviamo con forza la richiesta, già avanzata e ribadita nell’audizione presso la Commissione Affari Costituzionali lo scorso 30 gennaio, che nella discussione parlamentare prevalga la consapevolezza che la qualità del sistema formativo nel suo complesso si determina solo con investimenti mirati e progettualità politica di ampio respiro“.

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Telecamere e impronte, il no secco della UIL Scuola

videocamera di sorveglianza scuole

“Le misure della PA mal si applicano al sistema di istruzione che è basato su libertà e partecipazione. L’attività amministrativa ne rappresenta solo una parte. Non servono controlli ma misure concrete per risolvere i problemi più urgenti. Sarà sciopero il 17 maggio”

Lo afferma UIL Scuola in una nota stampa. “La dirigenza scolastica è diversa  da quella amministrativa, come stiamo dicendo da tempo.  La scuola, l’istruzione e l’università sono aree di libertà  di partecipazione che non vanno viste nell’ambito della mera attività amministrativa che ne rappresenta  la minima e marginale parte”, commenta il segretario generale della Uil scuola, Pino Turi.

“In presenza di un grande sciopero che il mondo della scuola sta promuovendo – aggiunge – si utilizza questa polemica per non parlare dei problemi  che vanno risolti presto, nelle scuole:  il finanziamento del contratto scaduto per tutto il personale; creare le condizioni di buon funzionamento delle segreterie scolastiche; risolvere il problema del precariato che nella scuola è diventato cronico e impedisce il buon funzionamento”.

“Sono queste le due questioni sollevate dal provvedimento sulle rilevazione biometriche –  ribadisce Turi – Siamo in presenza di un Governo confuso e senza idee che rispolvera provvedimenti del passato, pensando con la repressione e i controlli, si possano risolvere i problemi di efficienza della P.A. e del paese”.

“Parlare di furbetti nella PA  e inserire dentro anche i dirigenti scolastici,  serve a dividere, e  oscurare l’attualità che ci segnala  casi di controversa  amministrazione regionale: dallo scandalo dell’Umbria a quello del Veneto”.

“La scuola è una delle istituzioni che meglio ha retto in questo paese e che ha bisogno di avere supporti e solidarietà della società civile – sottolinea Turi – quella società civile che in questi giorni sottoscrive, nelle città, in modo convinto, il documento che i sindacati della scuola stanno proponendo contro la regionalizzazione  per garantire alla scuola libertà, partecipazione e democrazia”.

“Tutti valori che mal si conciliano con telecamere, controlli biometrici e burocrazie gerarchizzate”.

Il prossimo 17 maggio tutta la scuola e il mondo educativo sarà in piazza per rivendicare diritti e prerogative che si vogliono ottusamente ignorare.

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Scuola, in arrivo 114 milioni di euro per l’adeguamento alla normativa antincendio. Bussetti: “Al via Piano triennale. Garantire la sicurezza dei nostri ragazzi”

In vista dell’adeguamento alla normativa antincendio, il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Marco Bussetti, ha firmato un decreto che stanzia 114 milioni di euro per la messa a norma di 2.267 edifici scolastici.

“Con queste risorse avviamo per la prima volta uno specifico Piano per l’antincendio, dando alle comunità scolastiche risposte attese da anni. La sicurezza dei nostri istituti e quindi dei nostri ragazzi passa anche da questo – sottolinea il Ministro – Non possiamo tralasciare alcun aspetto. Questo stanziamento conferma ancora una volta la grande attenzione di questo Governo all’edilizia scolastica. I 114 milioni costituiscono una prima tranche di fondi attraverso i quali ottenere la certificazione antincendio, ai quali seguiranno altri investimenti. Lavoreremo, inoltre, con gli Enti locali per portare avanti questo impegno”. 

Gli Enti Locali che beneficeranno di queste risorse avranno 12 mesi di tempo per aggiudicare i lavori di adeguamento alla normativa antincendio e potranno richiedere subito, all’atto del finanziamento, l’anticipazione del 20% dei fondi.

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Lazio: telecamere nelle scuole? C’è chi dice no

videocamera di sorveglianza scuole

Il tema della sicurezza a scuola dei nostri ragazzi torna, a cadenza regolare, nelle cronache. E ogni volta che scoppia un caso, che possa essere quello dei maltrattamenti sui più piccoli o del bullismo nei plessi scolastici, subito si invocano le telecamere nelle scuole.

Le telecamere sono la soluzione?

Ma non tutti sono d’accordo. Dal Lazio, ad esempio, si alza un’autorevole voce contro. Ed è quella del presidente dell’Associazione Nazionale Presidi del Lazio Mario Rusconi.

“Noi riteniamo opportuno – spiega Rusconi – controllare con telecamere e impianti di video sorveglianza le adiacenze delle scuole come strade, cortili e piazze. Tuttavia crediamo che introdurre le telecamere all’interno degli edifici scolastici violerebbe l’assetto e l’azione educativa propri della funzione della scuola”.

La situazione attuale

Al momento, le telecamere nelle scuole creano un grave problema legato alla privacy, la cui normativa è particolarmente stringente proprio per la tutela dei minori. Al momento è possibile effettuare l’installazione di telecamere (nascoste) negli istituti scolastici solo su disposizione dell’autorità giudiziaria per raccogliere prove documentarie di casi di violenza e/o spaccio. Quindi per motivi di indagine, e solo quando sussistono fondati sospetti che nella scuola in questione si commettano tali reati.

Allo studio del Governo gialloverde, nell’ambito delle misure volte a ridurre il fenomeno del cyberbullismo, potrebbero finirci anche le telecamere installate nelle scuole. Ma i nodi da sciogliere sugli eventuali conflitti con la normativa a tutela della privacy (nazionale e comunitaria) sono tanti.

L’alternativa? Bidelli più preparati

“Piuttosto – spiega Rusconi in una presa di posizione ripresa da Tecnica della scuola – sarebbe opportuno, come spesso richiesto dai noi presidi, poter contare su un numero maggiore di bidelli formati all’azione di controllo senza per questo trasformarli in vigilantes”. Insomma, l’appello al governo è quello di fornire più personale e diversamente preparato. Delegando, quindi, l’azione delle forze di polizia agli spazi esterni alla scuola.