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Nuove regole PON a costi standard: cosa si controlla e quali conseguenze

Il Miur ha diramato la nota n. 5447 del 25 febbraio 2019, tramite la quale comunica l’effettuazione di controlli in itinere riguardanti i progetti PON/FSE rendicontati a costi standard.

PON: controlli in itinere

L’Amministrazione, nello specifico, comunica che, a breve, saranno avviati i controlli in itinere, senza preavviso, presso la sede/plesso della Scuola beneficiaria di progetti FSE, che adottano la modalità di rimborso a costi standard, sulla base del calendario del percorso formativo inserito nel sistema della gestione degli interventi (GPU).

I dirigenti delle scuole interessate sono invitati a favorire i suddetti controlli, consentendo l’accesso a scuola ai controllori autorizzati (in allegato i nomi di tale personale).

PON: cosa succede se non si fanno svolgere i controlli

Nel caso in cui i controlli fossero impediti, l’Autorità di Gestione ne terrà conto al fine dell’ammissibilità della spesa cui l’iniziativa si riferisce.

PON: quali controlli

Nella nota si evidenzia che i controlli, effettuati su moduli non ancora conclusi, sono finalizzati a verificare l’effettivo e regolare svolgimento dell’attività formativa, la copresenza delle figure formative, la presenza in classe dei frequentanti e la coerenza, al momento del controllo, con il registro presenze.

Considerata la natura dei controlli, è necessario che entro le ore 9.30 siano visibili sul sistema informativo GPU le eventuali variazioni di calendario per la giornata formativa. Sarà, inoltre, verificato il rispetto degli obblighi di pubblicità.

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Maturità, Bussetti rassicura: “La Storia ci sarà”

aula scuola generica

“Sono grato alla Senatrice a vita Liliana Segre per l’attenzione che rivolge sempre all’educazione dei nostri studenti impegnandosi in prima persona, con un sacrificio che possiamo solo immaginare, per trasmettere loro la memoria della Shoah e dei terribili fatti dei quali, purtroppo, è stata protagonista nel secolo scorso. E anche alimentando il dibattito pubblico sul valore della Storia nella formazione dei giovani”. Lo scrive il Ministro Marco Bussetti in una lettera inviata oggi a Repubblica.

“È un tema che sta a cuore a entrambi – prosegue il Ministro. Sul quale ci siamo anche confrontati direttamente in occasione di un evento pubblico al quale abbiamo partecipato a Milano. Rispetto la posizione della Senatrice Segre. E voglio rassicurarla in questa sede, così come avvenuto di persona, sul fatto che il Ministero che ho l’onore di guidare non ha alcuna intenzione di penalizzare una disciplina come la Storia, fondamentale per la crescita di cittadini responsabili e consapevoli. Non ci sarà alcuna penalizzazione nemmeno nell’Esame di Stato. Anzi. La Storia sarà presente nelle prove di giugno. È il mandato che ho dato personalmente al gruppo di lavoro incaricato di predisporre le tracce di Italiano”.

“Il 19 febbraio scorso i nostri studenti hanno avuto la possibilità di misurarsi con una simulazione della prima prova scritta della Maturità. I testi proposti dimostrano ciò che dicevo poco fa: la Storia non è mancata e non mancherà nelle tracce. E potrà essere proposta, in modo trasversale, non in una sola tipologia di prova, come accadeva prima, ma in più tracce. Nell’analisi e nell’interpretazione di un testo letterario, come anche nell’analisi e nella produzione di un testo argomentativo. I primi dati sulle scelte dei maturandi relative alle simulazioni di qualche giorno fa ci dicono che i ragazzi si sono “distribuiti” su più prove, non c’è stata una polarizzazione rispetto a una specifica tipologia. Le tracce di argomento storico erano più di una e sono state affrontate e apprezzate da moltissimi ragazzi. Questo vuol dire, in sintesi, che gli studenti hanno potuto affrontare temi storici più che in passato”.

“I giovani sono il futuro del Paese. Vogliamo per loro un’educazione di qualità: lo studio della Storia è fondamentale e non abbiamo alcuna intenzione di eliminarlo dalla loro formazione”.

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Anief presenta le sue proposte al disegno di legge 877 sulla formazione delle classi alla VII Commissione della Camera

tribunale giustizia martelletto

Una maggiore flessibilità in presenza di alunni con disabilità, per le pluriclassi e nelle scuole montane, in piccole isole o a rischio, organici legati alle esigenze del territorio, recupero dei tagli al dimensionamento, all’insegnamento modulare nella primaria, al personale Ata con l’attivazione dei profili C ed As, riapertura delle GaE e stanziamento dei 10 miliardi risparmiati nella scuola alla contrattazione.

Questi sono i temi degli emendamenti illustrati da Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, durante l’audizione presso la VII Commissione Cultura, Scienza e Istruzione di Montecitorio sulla proposta di legge AC 877 Azzolina “Disposizioni concernenti la formazione delle classi nelle scuole”, dopo un preliminare giudizio positivo sul testo.

Il sindacalista che dalla XIV legislatura interviene spesso in Parlamento ha rimarcato l’importanza di questi momenti di dialogo a cui non si può sottrarre un sindacato come Anief, oggi ancora di più, dopo aver ottenuto la rappresentatività nell’ultima campagna RSU.

Le proposte sono state suddivise in due gruppi: il primo relativo a esigenze di maggiore flessibilità nella proposta di formazione delle classi come da modifiche dell’articolo 1 al comma 1 dell’articolo 64 della legge 133/2008, il secondo relativo a diverse modifiche al DPR 81/09 sul dimensionamento scolastico come già emendato dall’articolo 2.

Anief ha precisato come sia importante questa proposta innanzitutto perché, finalmente, dopo dieci anni di tagli e risparmi realizzati all’indomani dell’approvazione della prima legge italiana orientata al pareggio di bilancio (legge 133/2008) imposto dagli accordi europei, sotto la scusa di una maggiore efficienza ed efficacia della pubblica amministrazione che ha fatto chiudere 10 mila plessi, una sede di presidenza e direzione amministrativa su quattro, ridurre il tempo scuola di quattro ore settimanali, il personale ATA del 17% e gli organici nella primaria del 30%, innalzare di un punto il rapporto alunni-docenti, si intravede un profondo cambiamento di orizzonte. Ma questo da solo non basta. Bisogna essere più coraggiosi e trovare le risorse che già ci sono.

Da qui la ragione delle proposte emendative illustrate.

Nei primi tre emendamenti, si è chiesto di derogare ai limiti minimi nella formazione delle classi rispetto alla proposta di 20 alunni in presenza di alunni con disabilità grave e certificata, e di ritornare ai criteri del DM 331/98 sulla formazione delle pluriclassi consentendo in generale ulteriori deroghe per le scuole montane, delle piccole isole o in zone a rischio o alto flusso migratorio o in zone economicamente depresse.

Una proposta specifica tende, anzi, a cambiare le regole sul dimensionamento per recuperare le scuole chiuse o accorpate e per finalmente attribuire gli organici non più in maniera lineare ma in base alle esigenze del territorio. Territorio e non Regioni, perché le scuole sono autonome all’interno di un servizio d’istruzione garantito dallo Stato in ogni parte della Nazione (vedi le ragioni dello sciopero del 27 febbraio). In questo modo potrebbero essere recuperate anche le 4 mila presidenze e direzioni amministrative tagliate nell’ultimo decennio ponendo fine allo scandalo di dirigenti scolastici costretti a reggere anche 20 plessi distanti tra loro.

Nella formazione delle classi nella scuola primaria bisogna ritornare all’insegnamento modulare abbandonando definitivamente il concetto di maestro unico, specie nella nuova ottica che vorrebbe introdurre l’insegnamento di educazione motoria che dovrebbe essere affiancato all’insegnamento specialistico in lingua inglese. Abbiamo la prova con i rapporti PIRLS che è necessaria una svolta per migliorare gli apprendimenti dei nostri studenti. 

Ma non vi è un problema di sovraffollamento delle classi. Bisogna anche recuperare il taglio al personale ATA recuperando quel 17% dei posti fuori le classi e quei 20 mila posti mai attivati nei profili di coordinatore degli assistenti tecnici, amministrativi e dei collaboratori scolastici, autorizzati da vent’anni.

Innalzare di un punto, poi, il rapporto alunni / docenti necessita l’adozione di nuove assunzioni che combinate con i pensionamenti anticipati, il ricambio del turn over, le attuali cattedre vuote, impone un piano straordinario di assunzioni di 130 mila precari. Per fare ciò bisogna riaprire le Gae al personale abilitato e abilitare chi da 36 mesi presta servizio per lo Stato.

Certamente ci vogliono risorse ma queste potrebbero essere facilmente reperibili dai risparmi di spesa della mancata piena attuazione della quota 100 se è verso che meno della metà dei potenziali lavoratori non presenterà la domanda di pensione anticipata, liberando così subito 3,5 miliardi.

Se poi non si ha il coraggio di tornare indietro e recuperare tutte le risorse sottratte all’istruzione, conclude Marcello Pacifico, allora si dovrebbe almeno richiedere al Governo di attribuire alla contrattazione quel 30% previsto dalla legge (art. 64, comma 9, legge 133/2008) dei risparmi di spesa avvenuti nella scuola (30 miliardi tra il 2009 e il 2021) per la carriera del personale docente e mai stornati per via del blocco del contratto tra il 2009 e il 2015. In questo modo, almeno, al tavolo per il rinnovo del nuovo contratto per il triennio 2019-2021 si potrebbe ottenere l’allineamento degli stipendi del personale della scuola alla media europea.

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Classi pollaio, la protesta di Anief arriva alla Camera

La Commissione Cultura, Scienza e Istruzione di Montecitorio riceverà in audizione informale i rappresentanti dei sindacati del comparto Scuola, tra cui l’ANIEF, proprio nell’ambito dell’esame in sede referente della proposta di legge C. 877 Azzolina: Disposizioni concernenti la formazione delle classi nelle scuole. Marcello Pacifico (Anief): Occorre debellare una situazione vergognosa, tutta italiana, che intacca la formazione degli alunni, a partire dai disabili, e mette a dura prova la professionalità dei docenti

Quello delle classi con un alto numero di alunni, le cosiddette classi “pollaio”, è uno dei punti su cui il governo giallo-verde, in particolare il M5S, si è impegnato pubblicamente. Nei giorni scorsi, in un video su Facebook, l’on. Luigi Gallo (M5S), presidente della VII Commissione della Camera, ha dichiarato che sono moltissimi gli istituti non a regola.

I NUMERI PARLANO DA SOLI

In base ad alcune anticipazioni, risulta che il fenomeno è più vasto di quanto si pensi, con circa 20 mila classi oversize: per la scuola dell’infanzia, ad oggi, vi sono 4.899 classi con 26-30 alunni; 88 classi con 31-34 alunni; 212 classi con più di 34 alunni. Per la scuola primaria: 4.945 classi con 26-30 alunni; 29 classi con 31- 34 alunni; 19 classi con più di 34 alunni. Per la scuola secondaria di I grado: 7.251 classi con 26-30 alunni; 65 classi con 31-34 alunni; 15 classi con più di 34 alunni. Per la scuola secondaria di II grado: 1.310 classi con 31-34 alunni; 267 classi con più 34 alunni.

Sul piano pratico, queste situazioni si realizzano con dei casi limite che non hanno bisogno di commenti: la classe-record formata da 37 alunni a Milano, quella con 30 allievi nel Vicentino in presenza di un alunno con disabilità grave, e altre situazioni critiche sulla costa adriatica, oltre a Genzano, in Lucania, con un’aula che ospita 26 alunni in presenza di precarie condizioni di sicurezza.

L’AUDIZIONE ALLA CAMERA

Proprio su questo tema, su come stroncare una volta per tutte il fenomeno delle classi pollaio, la VII Commissione Cultura della Camera sta esaminando una proposta di legge attraverso la quale si vorrebbe introdurre un limite tassativo, pari a 22 alunni per classe, peraltro da ridurre in presenza di uno o più alunni disabili, specie se con disabilità certificata grave: si tratta del ddl n. 877, a prima firma dell’on. Lucia Azzolina (M5S), presentato nel luglio scorso.

LE PREMESSE DI MARCELLO PACIFICO (ANIEF)

Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, ricorda che “occorre fare di tutto per debellare una situazione vergognosa, tutta italiana, che intacca la formazione degli alunni e mette a dura prova la professionalità dei docenti; il fenomeno registra, purtroppo, circa 500 classi che accolgono oltre 34 studenti, generando rischi per la sicurezza ed esponendo anche i dirigenti scolastici a un accentuarsi delle loro responsabilità. Senza dimenticare che le cosiddette classi pollaio vanno a calpestare i diritti degli alunni diversamente abili, che necessiterebbero di spazi adeguati, diverse programmazioni, azioni educative e valutazioni personalizzate”. 

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Corsi di specializzazione sostegno, Anief ricorre per far partecipare gli esclusi personale educativo

Il Miur ha firmato il decreto di distribuzione alle Università dei posti per le specializzazioni; il 28 e il 29 marzo ci saranno le prove di accesso ai corsi. La tabella allegata indica la suddivisione dei posti a livello regionale.  Anief conferma i ricorsi, a cui si può aderire entro l’11 marzo, al Tar del Lazio: (Scuola Primaria) del Personale Educativo; (Scuola Secondaria) dei diplomati Conservatorio, Accademia Belle Arti o Accademia Danza e dei Dottori di Ricerca, dei docenti con diploma utile per l’accesso alla classe di concorso ad esaurimento A-66 (ex cdc A075 e A076) e per tutte le altre ugualmente non contemplate. Avviata pure la preadesione al ricorso al Tar del Lazio per ottenere l’accesso alla prova scritta per il corso di specializzazione per tutti i candidati che supereranno la prova preselettiva

Anief attiva il ricorso per l’accesso TFA Sostegno (Scuola Primaria) del personale educativo. Il ricorso è volto ad ottenere l’accesso al concorso per conseguire il TFA sostegno scuola primaria degli educatori abilitati come personale educativo (PPPP).

Anief, con il supporto di Eurosofia, ha pensato ad un corso mirato, avvalendosi di figure professionali competenti, per esercitarsi sulle materie della prova. Ha modulato differenti tipologie di percorsi formatici per affrontare la selezione: un corso on line, dalla durata di 80 ore in modalità e-learning, di cui 70 ore in modalità e-learning di autoapprendimento e 10 ore in modalità webinar; un corso in presenza, della durata di 20 ore in presenza; corso on line e in presenza, della durata di 80 ore on line e 20 ore in presenza.

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Trivia Quiz 2019 il torneo interscolastico online sull’Europa Presidenza del Consiglio dei Ministri

Un’occasione per poter approfondire e conoscere le tematiche europee in materia di cittadinanza. Sono partite lo scorso 22 febbraio, e fino al 6 aprile 2019, Trivia Quiz 2019, il torneo interscolastico sull’Europa e la cittadinanza europea dove le classi delle scuole italiane di ogni ordine e grado potranno sfidarsi online sulla piattaforma digitale Europa=Noi. Le nove classi vincitrici (3 per la scuola primaria, 3 per la secondaria di I grado e 3 per la secondaria di II grado) saranno premiate a Roma, con un attestato di merito, in occasione di un evento istituzionale.

Il Trivia quiz, giunto alla sua quinta edizione, è una iniziativa inserita nel progetto formativo Europa=Noi, promosso dal Dipartimento per le Politiche Europee, e rappresenta una originale occasione di apprendimento di alcuni tra i temi più rilevanti dell’Unione Europea.

Per parteciparvi, i docenti potranno accedere alla piattaforma Europa=Noi e procedere alla registrazione gratuita. Tutti i link utili sono reperibili alla seguente pagina web.

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Maturità 2019, simulazione della seconda prova

Il 28 febbraio si svolgerà la simulazione relativa alla seconda prova dell’esame di Maturità 2019 che, a partire dal corrente anno scolastico, presenta diverse novità. Le simulazioni saranno due:

  • prima simulazione 28 febbraio
  • seconda simulazione 2 aprile

La prova riguarderà le discipline connotanti i diversi percorsi di studio, che caratterizzano il “profilo di competenze in uscita” dello studente. La prova, per diversi indirizzi di studio, riguarda più discipline, come previsto dalla nuova normativa.

In particolare, ci saranno Latino e Greco per il Liceo classico, Matematica e Fisica allo Scientifico, Scienze umane e Diritto ed Economia politica per il Liceo delle Scienze umane – opzione economico sociale, Discipline turistiche e aziendali e Inglese per l’Istituto tecnico per il turismo, Informatica e Sistemi e reti per l’Istituto tecnico indirizzo informatica, Scienze degli alimenti e Laboratorio di servizi enogastronomici per l’Istituto professionale per i servizi di enogastronomia.

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Anief: “Quota 100, flop, nessun esodo”

Sono in tutto, compreso il personale Ata, 8.525 le richieste di accesso al pensionamento anticipato, formulato da chi può vantare non meno di 38 anni di contributi. I 50 mila che si attendevano rimangono lontanissimi, quasi irraggiungibili entro la scadenza di fine mese. In ogni caso, i posti che si verranno a liberare, sommati a quelli già vacanti o in procinto di diventarli per via dei 25 mila pensionamenti con la Legge Fornero, porteranno le cattedre libere ben oltre quota 80 mila.

Marcello Pacifico (Anief): “In questa situazione, serve un piano straordinario di assunzioni, che tuttavia potrebbe non servire a molto se l’amministrazione non deciderà di riaprire le GaE e di estendere il doppio canale di reclutamento alle graduatorie d’istituto. E non dimentichiamo che stiamo parlando di una professione tra le più esposte al burnout e quindi alle malattie psichiatriche e oncologiche che ne derivano: ecco perché chiediamo l’inclusione dell’insegnamento, non solo nella scuola dell’infanzia, tra quelli gravosi elencati per e l’Ape Social”.

A meno di una settimana dalla chiusura delle domande per il pensionamento anticipato tramite quota 100, si conferma lo scetticismo del mondo della scuola nei confronti del provvedimento: a pochi giorni dall’opportunità fornita dal governo con l’approvazione del decreto n. 4 del 28 dicembre scorso, le domande presentate risultano appena 8.525. Di queste, 7.047 sono degli insegnanti, 1.290 da parte del personale Ata, appena 188 da parte dei dirigenti scolastici. Considerando le circa 25 mila uscite sicure, nello stesso comparto, riguardanti coloro che dal 1° settembre 2019 lasceranno per raggiunti limiti di età, 67 anni, o per aver superato i 41 anni e 10 mesi di contributi (12 mesi in più per gli uomini), la rivista Orizzonte Scuola ha calcolato che si arriverà a raggiungere “tra i 40 e i 45 mila posti liberi”. Per comprendere il perché, basti pensare che soltanto 8 anni fa con quota 96 si andava in pensione con il massimo contributivo, oggi con quota 100 si perdono quasi 300 euro al mese, un quinto dell’assegno, senza pensare ai meccanismi complicati di finanziamento e detassazione dell’anticipo del 30% della liquidazione che prima si riceveva subito, per intero e senza tassi.

I NUMERI VERI SUI POSTI CHE SI RENDERANNO LIBERI

Il numero delle cattedre vacanti, comunque, è destinato a crescere. Prima di tutto perché per insegnanti, Ata e presidi c’è tempo fino alle ore 23,59 di giovedì prossimo per decidere di aderire per presentare domanda quota 100: anche se a malincuore, perché perderanno ingiustamente una parte dell’assegno di quiescenza con una riduzione anche oltre il 30% se l’anticipo è di oltre 4 anni, chi è in possesso di almeno 62 anni d’età e 38 anni di contribuzione potrebbe decidere di lasciare il servizio.

Ma il numero di posti disponibili è molto elevato anche perché già oggi sono molte ma molte di più le cattedre prive di titolare: basti pensare alle 32.217 immissioni in ruolo andate deserte la scorsa estate per via della mancata riapertura delle GaE, agli oltre 50 mila posti in deroga del sostegno, in pratica una su tre di quelle complessive affidata sistematicamente ad un precario. Ci sono 15.232 posti su disciplina coperti con l’organico di fatto, che poi però si rivelano in numero molto più alto. E anche di queste, sappiamo bene, che molte cattedre risultano a loro volta non legate a docenti titolari, momentaneamente collocati su altri ruoli o profili professionali. Ci sono, infine, ulteriori 2.400 posti di strumento musicale e per il potenziamento del tempo pieno nella primaria e almeno 4 mila posti liberi per l’insegnamento di religione, nonché 15 mila posti per il personale Ata.

MARCELLO PACIFICO (ANIEF): SI PRENDA COSCIENZA DELLA REALTÀ

“Anche se quota 100 non produrrà gli attesi 50 mila pensionamenti – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – il numero di cattedre vacanti, comunque, supererà ampiamente le 80 mila unità. È chiaro che occorre attuare, in questa situazione, un piano straordinario di immissioni in ruolo, che tuttavia potrebbe non servire a molto se l’amministrazione non deciderà di riaprire le GaE e di estendere il doppio canale di reclutamento alle graduatorie d’istituto: altrimenti il turnover rimarrà bloccato sul nascere, per via della presenza di docenti abilitati e candidati al ruolo, ma posizionati nelle graduatorie sbagliate e la Commissione Ue dovrà aprire una procedura d’infrazione contro Stato italiano per l’abuso dei contratti a termine”.

“La mancata adesione per molti a quota 100 – continua Pacifico – evidenza poi quello che Anief sostiene da tempo: non si può privare un lavoratore di 300 anche 400 euro al mese dopo avere versato almeno 38 anni di contributi, portando l’assegno di pensione poco sopra i mille e duecento euro. Quello che occorre fare è, piuttosto, prendere coscienza che abbiamo nella nostra Penisola il numero di insegnanti più anziani d’Europa e quindi occorrono provvedimenti similari a quelli oggi in vigore in altri Pasi, come la Germania, dove si continua a lasciare la cattedra anche con soli 27 anni di anzianità senza decurtazioni sostanziali. Abbiamo presentato emendamenti in Parlamento ma non siamo stato ascoltati; peccato, a volte il semplice buon senso può risolvere problemi realmente vissuti come gravi”.

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Anief sui docenti precari non abilitati: “servono nuove strade da percorrere”

“Per le tante decine di migliaia di docenti precari di terza fascia si sta facendo molto meno di quello che era stato promesso: a questi insegnanti non servono punti in più, ma corsi abilitanti e l’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento con l’avvio contestuale del doppio canale di reclutamento. È un passaggio chiave ed imprescindibile se si vuole davvero vincere una volta per tutte la supplentite cronica nella scuola: pensare di cavarsela, come ha fatto il governo giallo-verde, con un emendamento che dà una supervalutazione del servizio in occasione del prossimo concorso, non serve a molto”. A dirlo è Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, commentando l’avvenuta approvazione della modifica all’interno del Ddl 1018 relativo alla conversione in legge del decreto 28 gennaio 2019, n. 4 che apre a quota 100 e al reddito di cittadinanza.

LA TESI DELLA SENATRICE BIANCA LAURA GRANATO (M5S)

Le ragioni dell’esecutivo sono state oggi espresse dalla senatrice Bianca Laura Granato (M5S), secondo la quale si starebbe rispettando “il contratto di governo nel modo in cui abbiamo potuto, visto che nelle more della legge di bilancio sono stati vinti alcuni ricorsi che hanno reso impraticabile la via del concorso riservato. Mi riferisco al transitorio della secondaria, laddove risultano bloccate le rispettive graduatorie. Vogliamo far funzionare la scuola pubblica e valorizzare il precariato – ha continuato la senatrice -. Ecco perché oltre a destinare il 10% dei posti ai precari, nel concorso verrà valutato il servizio grazie ad un emendamento che abbiamo approvato in commissione finito nel decreto quota 100”.

La senatrice pentastellata sostiene anche di non avere “alcun dubbio che docenti con servizio siano in grado di superare il concorso meglio di altri appena usciti dagli studi”, perché “l’esperienza è un valore aggiunto insostituibile. Ma a questi timori vanno date delle risposte e vanno individuati correttivi, se possibile, alle procedure concorsuali. Parlerò con il Ministro per trovare soluzioni”, ha concluso Granato.

LE RICHIESTE ANIEF

Anief invita la senatrice a percorrere una delle strade indicate da tempo dal giovane sindacato: aumentare la quota di accesso prevista dalla legge di stabilità per tutti i docenti precari di terza fascia d’istituto. Oppure avviare un corso abilitante e permettere la loro successiva collocazione nelle GaE. A meno che non si voglia pensare ad un loro reclutamento dalla seconda fascia delle graduatorie d’istituto. “Occorre percorrere una di queste strade – dice ancora il presidente Anief – ed anche in fretta, perché se non si sana una volta per tutte la loro posizione si rischia concretamente di andare incontro ad un blocco delle attività didattiche”.

Il sindacato autonomo ricorda che la Legge Europea, illustrata da Anief ai parlamentari del Senato, prevede che gli stati membri debbano provvedere alla “conversione automatica del contratto a tempo determinato in un contratto a tempo indeterminato se il rapporto di lavoro perdura oltre una data precisa”, ovvero 36 mesi anche non continuativi qualora stiano operando su posto vacante e disponibile. Una soluzione che, tra l’altro, andrebbe anche a risolvere il problema delle 150 mila supplenze annuali o al termine delle attività didattiche.

Per questi motivi, Anief ha chiesto anche di introdurre una apposita modifica al decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, il cosiddetto decreto Semplificazioni, attraverso un’audizione tenuta presso la I Commissione Affari Costituzionali del Senato, andando a rivedere il comma 2 dell’articolo 10 del decreto Semplificazioni, sostituendo all’articolo 1, comma 792 della legge di bilancio 2019, lettera o), punto 2, le parole “10 per cento” con “50 per cento”: nella richiesta si è chiesto, di fatto, la stabilizzazione del personale docente non abilitato con 36 mesi di servizio attraverso l’estensione della quota di posti riservata.

L’EUROPA CHIAMATA IN CAUSA

La decima Sezione Corte di Giustizia Europea solo pochi mesi fa ha emesso la sentenza C-331/17 Sciotto che, richiamando “la clausola 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato”, ha ribadito che gli stati membri non possano osteggiare tale indicazione e nemmeno discriminare determinate categoria di lavoratori. Invece, in Italia si continua proprio a fare questo.

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Maturità, cresce la protesta contro la cancellazione della prova scritta di Storia

aula generica esami maturità 2019

“Collocare la Storia a mera comparsa, all’interno dell’esame di maturità, è un errore gravissimo, che ridimensiona una delle discipline più importanti per la formazione dei giovani: è un segnale negativo che si manda alle nuove generazioni, del quale si devono assumere le loro responsabilità sia gli ideatori sia questo governo che non ha fatto nulla per disapprovarlo”; così commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e ricercatore universitario di Storia, il coro di proteste per la cancellazione della Storia come traccia nella prima prova scritta d’esame e la sua collocazione marginale, in modo trasversale, all’interno degli altri quesiti

Con l’avvicinamento degli Esami conclusivi di Stato della scuola secondaria, sale il malcontento per la sparizione della prima prova scritta di Storia: a risollevare la polemica, nelle ultime ore, è stato il quotidiano La Repubblica, ricordando che il segnale dell’irrilevanza verso la storia “è arrivato quattro mesi fa con la decisione del Miur di cancellare la traccia di storia nella prima prova scritta della maturità”.

“Nella formazione degli studenti liceali – sancisce in sostanza il ministero dell’Istruzione e della ricerca – lo studio del passato perde centralità. Non è più una bussola prioritaria nel maremoto della contemporaneità”. E all’università? Qui il furto della storia rischia di ingigantirsi. Tra docenti e ricercatori, negli ultimi due decenni c’è stato un tracollo di insegnamenti storici. I medievisti sono oggi 156: erano 240 nel 2001. I modernisti scendono da 368 a 225, mentre nello stesso periodo la storia contemporanea ha perso 89 professori (da 462 a 373). «Ci siamo ridotti a una riserva indiana», sintetizza Emilio Gentile, uno dei grandi maestri di storia ora in pensione.

Le conseguenze civili non sono di poco conto. Chi ignora la storia è capace di svolgere un esercizio pieno della cittadinanza? «Una crisi internazionale del sapere storico potrebbe rappresentare un serio pericolo per le generazioni future di elettori», interviene Burke. E forse è in gioco il modo stesso di organizzare il pensiero, un tema che ha a che fare con la democrazia. «Un tempo», rileva Maier, «la struttura della conoscenza si articolava intorno a un racconto di eventi disposti in una sequenza temporale, mentre oggi la formula che ci permette di anticipare il futuro è un algoritmo. Riuscirà la storia a sopravvivere all’algoritmo?». Per evitare il naufragio, non ci resta che rimetterci a studiare il passato, anche per la prova di maturità.

Anche perché «senza conoscenza della storia» sarà difficile «cogliere il senso del cambiamento». In buona sostanza, ignorare la storia può essere molto pericoloso nel futuro. Anche quello prossimo, legando la conoscenza della storia allo svolgimento consapevole della cittadinanza, all’organizzazione del pensiero e all’esercizio della democrazia.

Il professore Marcello Pacifico ricorda che il problema è generalizzato: “Il tentativo esplicito di ridimensionare la storia nello studio scolastico – dice il sindacalista Anief – è a trecentosessanta gradi. Non dimentichiamo che con l’ultima riforma degli istituti superiori è stato introdotto, proprio dall’anno scolastico in corso, il dimezzamento delle ore settimanali della storia: ad una disciplina che dovrebbe essere considerata come ‘maestra di vita’ viene ora conferito uno spazio sempre più ridotto e residuale”.

Secondo Pacifico, che è dottore di ricerca in storia medievale all’Università di Palermo e en histoire et archéologie des mondes médiévaux all’Université de Paris X-Nanterre, “tutto questo è ancora più assurdo perché avviene nel Paese che ha fatto la storia e dato i natali al diritto, con il più alto numero di siti di patrimonio Unesco. Non si comprende che negare lo studio della Storia significa privare i nostri giovani delle chiavi di accesso alla società e degli strumenti di decodifica delle complessità del mondo contemporaneo”.