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Gradone 3-8 nella ricostruzione di carriera: altre importanti vittorie Anief

Arrivano dai Tribunali del Lavoro di Catania, Reggio Emilia e Trapani le ultime sentenze che accolgono le ragioni di altrettanti lavoratori la cui tutela è stata affidata dall’Anief agli Avvocati Fabio Ganci, Walter Miceli e Tiziana Sponga coadiuvati sul territorio dagli avvocati Marco Di Pietro (per il Tribunale del Lavoro di Catania), Irene Lo Bue (per il Tribunale del Lavoro di Reggio Emilia) e Giuseppe Massimo Abate o (per il Tribunale del Lavoro di Trapani).

Il personale che ha prestato servizio a tempo determinato prima dell’anno scolastico 2011/2012 ed è stato successivamente immesso in ruolo, ha diritto all’applicazione della clausola di salvaguardia contenuta nel CCNL 2011 e al conseguente riconoscimento, in sede di ricostruzione di carriera, del gradone stipendiale 3-8 anni che la contrattazione, illegittimamente, ha riconosciuto solo al personale già in servizio a tempo indeterminato. Questo quanto emerge a chiare lettere nelle sentenze di pieno accoglimento ottenute dall’Anief in tutta Italia.

tribunale giustizia martelletto

“Ci siamo mossi sin da subito per denunciare questa ulteriore, gravissima, discriminazione posta in essere dalla contrattazione 2011 a discapito di chi aveva lavorato con contratti a tempo determinato – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – ormai le nostre ragioni sono state sposate anche dalla Corte di Cassazione e appare evidente che il prossimo CCNL debba uniformarsi alle nostre tesi eliminando ogni discriminazione tra lavoratori precari e di ruolo. Come sindacato non siamo disposti a barattare la dignità dei precari e per questo auspichiamo che si apra al più presto il tavolo contrattuale per poter finalmente tutelare i diritti dei tanti precari, bistrattati sia durante il precariato sia dopo l’immissione in ruolo, direttamente ai tavoli della trattativa”.

L’Anief ricorda a tutti i propri iscritti che è ancora possibile ricorrere per vedersi riconosciuto il diritto all’integrale ricostruzione di carriera commisurata agli effettivi anni di servizio prestati con contratti a tempo determinato e per ottenere immediatamente il corretto inquadramento stipendiale anche con l’applicazione del gradone 3-8 anni per gli immessi in ruolo dopo il 2011.

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Ddi? In UE le competenze digitali di alunni e docenti non sono sufficienti. E in Italia ancora peggio

Nell’Unione europea le competenze digitali di oltre il 15% della popolazione studentesca non sono adeguate. E anche quelle dei docenti, soprattutto nella scuola media. E in Italia questa percentuale è superata. Lo ha rilevato la Commissione europea attraverso la relazione annuale di monitoraggio del settore dell’istruzione e della formazione: la relazione, che fa un raffronto tra Paesi, con 27 relazioni approfondite per paese, analizza l’evoluzione dell’istruzione e della formazione nell’UE e nei suoi Stati membri e presenta le strategie che possono aiutarli a soddisfare le esigenze del mercato del lavoro e della società.

La relazione “Education & Training Monitor 2020″, di cui Indire riassume i contenuti, ha approfondito le modalità di insegnamento e di apprendimento nell’era digitale: ambiti che la crisi del coronavirus ha esaltato, ribadendo l’importanza delle soluzioni digitali per la didattica. Ma ha anche fatto emergere le carenze esistenti. “Contrariamente alla percezione diffusa che i giovani di oggi appartengano a una generazione di “nativi digitali”, i risultati dell’indagine indicano che molti non sviluppano competenze digitali sufficienti”, ha sintetizzato la rivista specializzata Orizzonte Scuola.

Bandiera dell'Unione Europea Europa Unita
Bandiera dell’Unione Europea (foto: Flickr)

In attesa che l’Unione Europea stanzi i fondi del Recovery Fund e l’Italia li destini anche a questo scopo, il giovane sindacato ricorda che la nota 2002 del 9 novembre 2020, concordata tra Ministero dell’istruzione, ANIEF e le altre oo.ss. firmatarie del CCNI, ha fornito alle scuole le indicazioni operative e i chiarimenti per la corretta gestione della didattica digitale integrata.

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Stabilite le date per andare in pensione da scuola nel 2021: ecco come si fa

I docenti e tutto il personale intenzionato ad andare in pensione segni a penna rossa il 7 dicembre, è la data ultima per formulare una serie di domande: la cessazione per dimissioni volontarie dal servizio; la permanenza in servizio per raggiugere il minimo di anni contributivi; la revoca delle istanze già presentate; chi avendo i requisiti per la pensione anticipata (41 anni e 10 mesi per le donne e 42 anni e 10 mesi per gli uomini), e non avendo ancora compiuto il 65° anno di età, chiede la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo parziale con contestuale attribuzione del trattamento pensionistico.

DUE ISTANZE POLIS

La domanda potrà essere formulata avvalendosi di due istanze Polis che saranno attive contemporaneamente.

La prima conterrà le tipologie con le domande di cessazione ordinarie: domanda di cessazione con riconoscimento dei requisiti maturati entro il 31 dicembre 2019; domanda di cessazione con riconoscimento dei requisiti maturati entro il 31 dicembre 2021; domanda di cessazione dal servizio in assenza delle condizioni per la maturazione del diritto a pensione; domanda di cessazione dal servizio del personale già trattenuto in servizio negli anni precedenti.

La seconda istanza conterrà, esclusivamente la domanda di cessazione dal servizio per raggiungimento dei requisiti previsti dall’art. 14, D.L. 28 gennaio 2019, n. 4 convertito con modificazioni dalla L. 28 marzo 2019, n.26 (quota 100). Qualora fossero presentate entrambe le istanze di dimissioni volontarie finalizzate sia alla pensione anticipata che alla pensione quota cento, quest’ultima verrà considerata in subordine alla prima istanza.

I dipendenti devono anche esprimere l’opzione per la cessazione dal servizio, ovvero per la permanenza a tempo pieno, nel caso fossero accertate circostanze ostative alla concessione del part-time (superamento del limite percentuale stabilito o situazioni di esubero nel profilo o propria classe di concorso). Si specifica anche che le domande di trattenimento in servizio per raggiungere il minimo contributivo continuano ad essere presentate in forma cartacea sempre entro il termine del 7 dicembre 2020.

CHI TRATTERÀ LA DOMANDA

Nella circolare del ministero dell’Istruzione si specifica che l’accertamento del diritto al trattamento pensionistico sarà effettuato da parte delle sedi competenti dell’INPS sulla base dei dati presenti sul conto assicurativo individuale ed esclusivamente con riferimento alla tipologia di pensione indicata nelle istanze di cessazione, entro il termine ultimo del 24 maggio 2021.

Dopo l’accertamento del diritto, il personale interessato potrà inviare domanda di pensione direttamente all’INPS, esclusivamente attraverso le seguenti modalità: presentazione della domanda on-line accedendo al sito dell’Istituto, previa registrazione; presentazione della domanda tramite Contact Center Integrato (n. 803164); presentazione telematica della domanda attraverso l’assistenza gratuita del Patronato.

I DIRIGENTI SCOLASTICI E IL PERSONALE ATA

I Dirigenti Scolastici, il personale docente, educativo ed A.T.A. di ruolo, ivi compresi gli insegnanti di religione utilizzano, esclusivamente, la procedura web POLIS “istanze on line”, relativa alle domande di cessazione, disponibile sul sito internet del Ministero. Al personale in servizio all’estero è consentito presentare l’istanza anche con modalità cartacea. Il personale delle province di Trento, Bolzano ed Aosta, presenta le domande in formato cartaceo direttamente alla sede scolastica di servizio/titolarità, che provvederà ad inoltrarle ai competenti Uffici territoriali.

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Il parere di Anief

A rendere note le informazioni così come riportate è Anief, che ricorda che il docente italiano mediamente continua a lasciare il lavoro oltre i 65 anni, così come imposto dall’ultima scellerata riforma previdenziale Monti-Fornero che ha fatto seguito a quella altrettanto inaccettabile ideata qualche anno prima dal ministro Giuliano Amato. Tra volere e potere, infatti, ci si sono messe le norme restrittive approvate negli ultimi lustri: norme che oggi non fanno altro che alzare ancora di più l’età anagrafica dei docenti, tra le più alte al mondo. Ecco perché l’insegnamento e il lavoro a scuola in generale deve assolutamente essere collocato tra le professioni gravose.

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Non fermare i laboratori per gli ITP: la battaglia di Anief

L’ordinanza n. 39/PC del 23/10/2020 del Presidente della Regione Friuli Venezia Giulia determinava, per le scuola secondarie di secondo grado, la riduzione delle ore in presenza in misura del 50%. Il DPCM del 24/10/2020, che ha subito superato l’Ordinanza regionale, disponeva l’incremento della didattica digitale integrata ad almeno il 75% delle attività, modulando ulteriormente la gestione degli orari di ingresso e di uscita degli alunni e disponendo che l’ingresso in ogni caso non avvenga prima delle ore 9. Tuttavia, l’ultimo DPCM del 03/11/2020 ha ulteriormente definito il ricorso alla didattica digitale integrata nella misura del 100%, ma precisa che “Resta salva la possibilità di svolgere attività in presenza qualora sia necessario l’uso di laboratori”. Questo concetto viene ribadito nella nota numero 1990 del 5/11. Il sindacato Anief chiede con forza ai dirigenti scolastici di adoperarsi con urgenza per garantire in tale modo l’operato e la professionalità degli Insegnanti Tecnico Pratici e la qualità della formazione degli studenti che, in difetto, risulterebbe pesantemente penalizzata.

I DETTAGLI

L’ordinanza n. 39/PC del 23/10/2020 del Presidente della Regione Friuli Venezia Giulia determinava, per le scuola secondarie di secondo grado, la riduzione delle ore in presenza in misura del 50%. Il DPCM del 24/10/2020, che ha subito superato l’Ordinanza regionale, disponeva l’incremento della didattica digitale integrata ad almeno il 75% delle attività, modulando ulteriormente la gestione degli orari di ingresso e di uscita degli alunni e disponendo che l’ingresso in ogni caso non avvenga prima delle ore 9.

Tuttavia, l’ultimo DPCM del 03/11/2020 ha ulteriormente definito il ricorso alla didattica digitale integrata nella misura del 100%, ma precisa che “Resta salva la possibilità di svolgere attività in presenza qualora sia necessario l’uso di laboratori”. Questo concetto viene ribadito nella nota numero 1990 del 5/11.

“È grave – spiega Anief – che gli Istituti che hanno corsi di studi che prevedono attività laboratoriali non garantiscano, in via prioritaria, che le attività svolte in presenza siano quelle pratiche o quelle che, per complessità della disciplina, non si possono svolgere a distanza. Sono solo state ridotte le ore utilizzando il criterio della rotazione, con la conseguenza che, nella maggior parte dei casi, gli studenti sono stati penalizzati venendo a mancare una componente essenziale delle propria attività didattica, che è, per alcuni Istituti, caratterizzante dell’indirizzo di studi”.

“Lo stesso danno investe gli Insegnanti Tecnico Pratici che hanno visto limitare le loro capacità professionali, non potendo svolgere al meglio il lavoro per cui sono stati assunti, spesso limitati da disposizioni di Dirigenti che non consentono di fare regolarmente lezione”.

“Si rende, pertanto, necessario un intervento rapido da parte delle Istituzioni scolastiche di secondo grado affinché provvedano a rimodulare gli orari in modo tale che le ore dedicate a tutte le attività laboratoriali ed alle discipline non gestibili a distanza vengano garantite in presenza, anche accorpando le ore in un’unica giornata e alternando la presenza delle classi a scuola”.

Il sindacato Anief chiede con forza ai dirigenti scolastici di adoperarsi con urgenza per garantire in tale modo l’operato e la professionalità degli Insegnanti Tecnico Pratici e la qualità della formazione degli studenti che, in difetto, risulterebbe pesantemente penalizzata.

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Covid, Di Meglio (Gilda): “Ancora poca chiarezza sui numeri dei contagi nelle scuole”

Rino di Meglio

“Sui numeri dei contagi nelle scuole continua a mancare chiarezza. La ministra Azzolina riferisce percentuali che non aiutano a comprendere l’effettiva portata del contagio negli ambienti scolastici. Occorrono dati completi, non parcellizzati, in grado di fotografare con la massima precisione possibile la reale situazione epidemiologica, così da poter assumere, sulla base di dati scientifici autorevoli, le decisioni che servono per tutelare e conciliare il diritto alla salute con quello all’istruzione, entrambi sanciti costituzionalmente. Chiediamo, perciò, all’Istituto Superiore di Sanità, che settimanalmente redige e pubblica un rapporto complessivo, di realizzare quanto prima un focus specifico sulla scuola e di renderne noti i risultati”. Così Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, commenta le dichiarazioni della titolare di viale Trastevere alla trasmissione Radio Anch’io.

“Sarebbe poi interessante capire – aggiunge Di Meglio partecipando all’assemblea online indetta dalla Gilda di Bologna, alla quale hanno preso parte in videoconferenza 5.000 docenti collegati da tutta Italia, – cosa emerge dal monitoraggio avviato oltre un mese fa dal ministero dell’Istruzione attraverso i questionari che ogni settimana i dirigenti scolastici devono compilare sul portale Sidi per segnalare le criticità delle scuole. Non vorremmo che questa operazione si risolvesse come quella del famoso cruscotto informativo, decantato come strumento utilissimo e di cui, però, si sono perse le tracce”.

Rino di Meglio
Il coordinatore della Gilda degli Insegnanti Rino Di Meglio

Forte la preoccupazione, espressa dagli insegnanti che hanno preso parte all’assemblea, per l’assenza di idonee misure di sicurezza. A levare un grido di aiuto, soprattutto i docenti della scuola dell’infanzia. C’è chi segnala che, in deroga al distanziamento sociale, è costretto a lavorare in classi di 30 persone in ambienti angusti e che l’aria dopo mezz’ora non è più respirabile. Numerose le critiche rivolte ai banchi a rotelle, in molti casi accatastati e non usati perché con superfici troppo piccole per ospitare libri e quaderni. E poi si registrano casi dove i banchi con le rotelle sono stati sistemati nelle prime due file, mentre il resto dell’aula è occupato dai banchi standard. “Ma che senso ha a livello didattico? E per il distanziamento?”, si domandano i docenti.

Gli insegnanti hanno fatto sentire la loro voce anche sul fronte contrattuale in riferimento al CCNI sulla DDI, evidenziando casi di scuole dove si definiscono unità orarie di 45 minuti per un massimo di 20 ore settimanali per le classi finali in DDI e invece se ne fanno 30. “Per chi insegna in più classi si pone il problema di una DaD infinita con orari massacranti”, lamentano in molti.

(fonte: Ufficio Stampa Gilda)

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Verità per Mario Paciolla: al cooperante napoletano morto in Colombia dedicata la prossima edizione del Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli

Sarà dedicata a Mario Paciolla, il cooperante napoletano 33enne morto in Colombia per circostanze tutte da chiarire, la XII edizione del Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli. Il concorso, che gode del patrocinio morale del Comune di Napoli e della Confederazione Elvetica, sarà presentato venerdì 13 novembre a partire dalle 11.00 in modalità diretta streaming aperta a tutti sulla pagina Facebook ufficiale del Festival.

Parteciperanno, oltre agli organizzatori del Festival, i familiari di Mario Paciolla. Previsti inoltre i contributi dell’Assessore alla Cultura del Comune di Napoli Eleonora De Majo, del presidente della FNSI Giuseppe Giulietti, del legale della famiglia Paciolla Alessandra Ballerini e di rappresentanti del comitato “Giustizia per Mario Paciolla”. Atteso il saluto del Sindaco di Napoli Luigi de Magistris.

“CHIEDIAMO VERITA’ PER MARIO”

L’edizione 2020 del Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli vuole rendere omaggio al coraggio di Mario Paciolla, il giovane cooperante napoletano morto nel luglio scorso, ad appena 33 anni, in circostanze non ancora chiarite, nell’adempimento della propria missione in Colombia.

Paciolla lavorava a San Vicente del Caguán, per conto dell’ONU, alla supervisione dell’applicazione dell’accordo di pace siglato nel 2016 tra le FARC (le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia) e il governo colombiano, accordo la cui attuazione non sembra ad oggi procedere nella giusta direzione. Precedentemente, Paciolla aveva operato in Italia, in India, in Argentina e in Giordania e aveva lavorato anche nella stessa Colombia, a Bogotà, con le Brigadas Internacionales de Paz (PBI: Peace Brigades International), dove aveva maturato una buona esperienza del contesto.

Pochi giorni prima della fatidica data del 15 luglio aveva dato segnali di inquietudine e preoccupazione ai suoi familiari e aveva ottenuto il permesso e il biglietto aereo per tornare in Italia: sarebbe dovuto partire proprio il 15 per Bogotà, dove un volo umanitario lo avrebbe riportato a Napoli. Poi la morte violenta, ancora priva di certezze

Mario Paciolla

“Sulla sua improvvisa morte – affermano Maurizio Del Bufalo, Mario Leombruno e Valentina Ripa, autori del Festival che cureranno la presentazione – il nostro Governo dovrà fare chiarezza, chiedendo maggior collaborazione al Governo colombiano per accertare le condizioni in cui è avvenuto il tragico episodio e invitando le Nazioni Unite a collaborare senza reticenze”.

“Il Festival – continuano – si unirà quindi all’appello della famiglia, del Comitato ‘Giustizia per Mario Paciolla’, del presidente FNSI Giuseppe Giulietti, dell’avvocato Alessandra Ballerini (già rappresentante legale della famiglia Regeni, alla quale pure idealmente siamo vicini), per chiedere che la verità sulla morte di Mario emerga presto e con chiarezza, prevenendo i gravi problemi che hanno caratterizzato il caso Regeni“.

IL FESTIVAL AL FIANCO DEGLI AMBASCIATORI DEI DIRITTI UMANI

È già accaduto in passato (vedi il caso di Silvia Romano, rapita in Africa e recentemente restituita alla famiglia) che il Festival si sia schierato con i cooperanti italiani, lanciando appelli al mondo della politica e delle istituzioni per difendere la loro sicurezza. “Abbiamo da sempre preso posizione – ricorda Del Bufalo – per sostenere le battaglie di verità e il tentativo di difendere i nostri giovani ambasciatori di pace, esposti a ritorsioni e rischi in terra straniera, mentre erano impegnati nella difesa dei Diritti Umani. Anche di questo nuovo impegno il Festival darà conto alla Città, al suo pubblico internazionale, ai familiari e a tutti gli amici di Mario chiedendo, al contempo, maggiore considerazione per una professione di grande valore troppo spesso dimenticata dal nostro Paese”. 

COME CAMBIA IL FESTIVAL QUEST’ANNO

La presentazione di venerdì 13 novembre servirà ad illustrare anche appuntamenti e momenti salienti del prossimo Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli, che a causa della pandemia da Coronavirus si svolgerà in forma completamente digitale. Il Festival ha infatti attivato una nuova piattaforma web, ww.cinenapolidiritti.online, che ospiterà informazioni sugli eventi e la possibilità di visionare i film in concorso,  a partire dal 17 novembre fino alla cerimonia conclusiva del 28 novembre.

Ogni appuntamento degli Eventi internazionali sarà visibile in diretta collegandosi con la pagina Facebook del Festival.

Il format mantiene la classica struttura: “Eventi internazionali“, dal 17 al 24 novembre, “Concorso internazionale” con film visionabili sulla piattaforma online dal 17 fino al 28 novembre.Quattro le categorie di film che saranno premiate. 

Il tema scelto per l’edizione 2020 del Festival è “Diritti in ginocchio – Pandemia, sovranismi e nuove discriminazioni”, che si ripromette di esplorare i limiti della difesa della Salute Pubblica in confronto alla tutela dei Diritti Universali, le possibili (o reali) ripercussioni sul sistema di garanzie democratiche che regge i Paesi occidentali e le pericolose derive autoritarie e discriminatorie di alcuni grandi Paesi del mondo.

Ulteriori dettagli saranno diffusi durante la presentazione del 13 novembre e disponibili sul sito ufficiale della manifestazione www.cinenapolidiritti.it.

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Ddi, arriva la nota operativa dopo l’accordo sul CCNI

Con la pubblicazione della nota 2002 del 9 novembre 2020, concordata tra Ministero dell’istruzione e sindacati firmatari del CCNI, sono state fornite alle scuole le indicazioni operative e i chiarimenti per la corretta gestione della didattica digitale integrata.

La nota chiarisce che sarà ogni scuola a decidere, nel Piano Scolastico sulla DDI, in che misura integrare le attività sincrone (quelle che comportano interazione in tempo reale tra docente e studenti) e quelle asincrone (svolte in assenza di interazione in tempo reale). Nessun obbligo, pertanto, di svolgere l’intero orario di servizio in modalità sincrona, salvo nei casi in cui sia espressamente deliberato dal collegio docenti. Restano fermi l’orario di servizio previsto dal CCNL per ogni grado scolastico e la quota minima di ore in modalità sincrona stabilita dalle Linee guida sulla DDI, pari a 15 ore per le scuole del primo ciclo (10 per le classi prime della Primaria) e a 20 ore per la secondaria di secondo grado.

Altra questione fondamentale riguarda il luogo di svolgimento della DDI. La nota evidenzia che ogni istituto possa adottare “ogni disposizione organizzativa atta a creare le migliori condizioni per l’attuazione delle disposizioni normative a tutela della sicurezza e della salute della collettività, nonché per l’erogazione della didattica in DDI, anche autorizzando l’attività non in presenza”, garantendo alla RSU l’informativa sui criteri generali adottati in merito dalla dirigenza scolastica. Piena libertà, dunque, per i Dirigenti Scolastici, di stabilire che i docenti possano svolgere la didattica a distanza da casa anche quando sono solo le classi a essere in quarantena/isolamento.

Sulla strumentazione, in attesa che Governo e Parlamento pongano rimedio alla perdurante e inaccettabile esclusione del personale docente a tempo determinato e del personale Ata dalla fruizione della Carta per la formazione e l’aggiornamento di 500 euro, la nota segnala alle scuole la necessità di provvedere a fornire a tutto il personale a tempo determinato che ne avesse bisogno, i dispositivi necessari per svolgere la DDI, anche ricorrendo allo strumento del comodato d’uso.

didattica digitale integrata didattica a distanza generica

Ribadito anche che i docenti positivi al Covid-19 e posti in malattia certificata non possono svolgere alcuna attività lavorativa. La DDI, quindi, va svolta solo in caso di quarantena o di isolamento fiduciario, ovvero esclusivamente in quelle situazioni in cui il docente è in condizione di poter svolgere il proprio lavoro in modalità a distanza in quanto non malato ma in isolamento cautelare. Ricordiamo, infatti, che in questi casi l’assenza per QSA, pur se equiparata a ricovero ospedaliero per coprire giuridicamente ed economicamente l’assenza del lavoratore, tuttavia non rientra nei casi di malattia certificata e, pertanto, consente di svolgere a distanza l’attività lavorativa. Sul punto, peraltro, è recentemente intervenuta anche l’INPS. Inoltre viene previsto che “il ds, in presenza di difficoltà organizzative personali o familiari del docente in quarantena o isolamento fiduciario, ne favorirà il superamento anche attraverso la concessione in comodato d’uso della necessaria strumentazione tecnologica”.

Sulle misure da adottare in favore degli studenti disabili e, più in generale, degli alunni con bisogni educativi speciali, anche non certificati e compresi gli studenti a rischio digital divide, è già stata prodotta una specifica nota interpretativa del DPCM 3 novembre 2020.

Il commento di ANIEF

“La nota – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale ANIEF – rilancia il ruolo centrale del collegio docenti sulla didattica digitale integrata e fa chiarezza sui quali siano gli aspetti obbligatori e quali, invece, quelli su cui ogni scuola può agire in autonomia ma sempre all’interno di un quadro di riferimento comune”.

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Ddi, via libera: arriva la firma di FLC Cgil. Il plauso di Anief

“Con la firma del CCNI sulla didattica digitale integrata apposta anche dalla FLC-Cgil, appare ancora più evidente quanto sia stata provvidenziale nei giorni scorsi l’intesa sottoscritta da ANIEF e CISL Scuola, in un momento in cui il Governo si apprestava a imporre almeno il 75% di DAD nelle scuole secondarie, quota oggi al 100% nelle regioni rosse e arancioni, e sempre più estesa anche alle scuole primarie e secondarie di primo grado. Il Contratto ora diventa operativo e gestirà il lavoro di un milione di insegnanti, grazie anche a una nota interpretativa che uscirà nelle prossime ore concordata sempre tra OO.SS. e MI. Firmata anche una dichiarazione congiunta con cui le parti s’impegnano all’apertura di un tavolo permanente di monitoraggio dell’applicazione del contratto integrativo e, entro il mese di novembre, di un altro di confronto sul lavoro agile per il personale amministrativo, tecnico e ausiliario”. Lo afferma Anief compiacendosi dell’adesione al contratto nazionale sulla didattica digitale integrale da parte di FLC Cgil.

L’intesa, nelle more di un intervento legislativo che Anief continua a ritenere necessario e urgente, prevede uno specifico impegno a convogliare le opportune risorse per facilitare ai docenti a tempo determinato l’erogazione della DDI, anche in termini di strumentazione e connettività.

In arrivo anche una nota, concordata dal Ministero con ANIEF e le altre sigle firmatarie, per fornire alle scuole i chiarimenti applicativi sulla didattica digitale integrativa, mentre sulle misure da adottare in favore degli studenti disabili e, più in generale, degli alunni con bisogni educativi speciali, anche non certificati e compresi gli studenti a rischio digital divide, è già stata prodotta una specifica nota interpretativa del DPCM 3 novembre 2020.

“Abbiamo firmato il CCNI e siglato gli impegni assunti nella dichiarazione congiunta sulla didattica digitale integrata – commenta Marcello Pacifico, leader dell’ANIEF – per scongiurare la “giungla” interpretativa degli scorsi mesi e garantire piena autonomia agli organi collegiali delle scuole. Siamo pronti a vigilare perché i diritti degli insegnanti durante la DAD o la DDI siano rispettati nel momento di emergenza che sta attraversando il Paese”.

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Ricerca: MANN e Federico II scoprono l’olio d’oliva più antico del mondo

Nell’ambito di una collaborazione tra Dipartimento di Agraria dell’Università Federico II e Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN) avente come oggetto lo studio sistematico dei reperti organici conservati nei depositi del MANN, nel 2018 un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Agraria (DiA) aveva avviato una ricerca sul contenuto di una bottiglia di vetro conservata nei depositi del Museo. I depositi del MANN custodiscono i materiali recuperati nelle fasi più antiche degli scavi avviati da re Carlo di Borbone in area vesuviana quindi il periodo borbonico ed i decenni successivi; la bottiglia in particolare pare provenire da Ercolano, ma, analogamente a molti altri reperti, con il tempo è andata perduta l’informazione relativa all’epoca del suo recupero. Lo spunto che ha dato l’avvio a questo studio si deve ad Alberto Angela che durante un sopralluogo ai depositi del MANN notò il fatto che la bottiglia fosse ancora piena per più di metà del suo contenuto. L’ipotesi di Angela era che si potesse trattare di vino, ma le analisi hanno portato ad un risultato diverso e per molti versi sorprendente ed inatteso. Le ricerche condotte da un team multidisciplinare coordinato dal professore Raffaele Sacchi, del Dipartimento di Agraria, hanno consentito per la prima volta di verificare l’autenticità e caratterizzare l’identità molecolare di un campione di olio di oliva conservato all’interno di una bottiglia di vetro sepolta dall’eruzione del Vesuvio del 79 dC.

olio d'oliva

L’impiego di tecniche molecolari e la datazione al carbonio-14 di uno fra i più rappresentativi “articoli edibili” conservati al MANN, hanno permesso di risalire contenuto della bottiglia di vetro con aspetto del tutto simile a quelle rappresentate in affreschi ritrovati a Pompei. Si tratta di un’enigmatica sostanza solida dalla consistenza cerosa ritrovata con tutta probabilità a Ercolano nel corso degli scavi archeologici iniziati dal Principe d’Elboeuf nel 1738 e continuati da Carlo di Borbone.

Gli studi effettuati dal team di ricercatori dell’Università di Napoli Federico II, del CNR e dell’Università della Campania Vanvitelli hanno dimostrato che il materiale organico originariamente presente nella bottiglia era olio d’oliva, che, per effetto delle alte temperature a cui la bottiglia è stata esposta al momento dell’eruzione del Vesuvio e dei profondi cambiamenti che si sono verificati nei quasi due millenni di conservazione in condizioni incontrollate, porta le tracce di profonde modificazioni chimiche tipiche dei grassi alimentari alterati. Rispetto a questi ultimi è sopravvissuto davvero molto poco delle tipiche molecole dell’olio d’oliva: i trigliceridi che rappresentano il 98% dell’olio si sono scissi negli acidi grassi costitutivi; gli acidi grassi insaturi si sono completamente ossidati generando degli idrossiacidi che a loro volta, con una lenta cinetica, nel corso di circa 2000 anni, hanno reagito fra di loro formando dei prodotti di condensazione, le estolidi, mai osservati in precedenza nei processi convenzionali di alterazione naturale dell’olio d’oliva. La sostanza grassa (d) nel corso dell’irrancidimento ha, inoltre, prodotto una moltitudine di sostanze volatili che sono quelle rintracciabili in un olio fortemente rancido, derivanti dalla decomposizione dell’acido oleico e linoleico. Il profilo degli acidi grassi saturi e quello dei fitosteroli hanno consentito poi di stabilire con certezza che la materia grassa era di origine vegetale e non conteneva grasso di origine animale, ampiamente utilizzato dalle popolazioni dell’epoca, e che si trattava inequivocabilmente di olio di oliva.

“Si tratta del più antico campione di olio di oliva a noi pervenuto in grosse quantità, la più antica bottiglia d’olio del mondo – commenta Raffaele Sacchi –. L’identificazione della natura della ‘bottiglia d’olio archeologico’ ci regala una prova inconfutabile dell’importanza che l’olio di oliva aveva nell’alimentazione quotidiana delle popolazioni del bacino Mediterraneo ed in particolare degli antichi Romani nella Campania Felix”.

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Meritocrazia Italia, l’appello al Governo: “MES e Recovery Fund condizionati alla modifica del trattato di Maastricht”

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L’Italia è un bene prezioso da tutelare contro ogni strategia”. Lo sottolinea con forza il presidente di Meritocrazia Italia, Walter Mauriello, commentando l’attuale situazione di rischio dovuta alla difficile tenuta  socio-economica del nostro Paese.

“L’emergenza pandemica – spiega Mauriello riferendosi alle situazioni di lockdown – sta comportando un notevole dispendio di risorse economiche straordinarie. La nuova stretta sull’esercizio di attività commerciali impone, infatti, la previsione di sussidi, ristori, ammortizzatori sociali e bonus per imprese e lavoratori, che, non potendo gravare sulle già scarse finanze del bilancio statale, vengano ora attuate mediante manovre in deficit, sfruttando la libertà dal patto di stabilità (come noto fissato al 3% del rapporto debito pubblico/PIL) straordinariamente accordata nei mesi scorsi dal Consiglio della Commissione europea. L’Italia ha finora emesso titoli pubblici nella relativa certezza che, una volta sul mercato, sarebbero stati assorbiti in larga parte dalla BCE. Ma, ove la BCE decidesse di cambiare i criteri di ripartizione dei propri acquisti, disincentivando la convenienza a emettere titoli di Stato, gli Stati membri, tra i quali l’Italia, si vedrebbero costretti ad accedere a misure di supporto come Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) e Recovery Fund”. 

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In diverse occasioni, tra comunicati, interviste e incontri di studio, Meritocrazia Italia ha già espresso riserve nei confronti dell’utilizzo del MES, non sulla opportunità quando sulla natura del MES (vedi caso Grecia) anche per la linea di credito da 35 miliardi di euro destinata al campo della sanità “stante l’opacità delle condizionalità sottese al Trattato di Maastricht che lo ha istituito”. Per altro verso, il Recovery Fund, immaginato proprio per contrastare la crisi causata dall’evento pandemico e consentire la ripartenza, non sembra per Meritocrazia “misura in sé utile e sufficiente, non tanto perché subordinato all’elaborazione di progetti di investimento in settori prioritari come la transizione ecologica, l’innovazione, la formazione e la salute, ma soprattutto per via della dilazione nel tempo dell’erogazione”. 

Meritocrazia Italia, pur consapevole del momento di oggettiva difficoltà, auspica un approccio di verità a favore del popolo italiano e invoca lungimiranza nelle opzioni politiche e attenzione per la tenuta socio-economica della scelta di accettare prestiti soggetti a condizioni imposte dai Paesi più forti finanziariamente. “Dovremo evitare – ribadisce Mauriello – che questa fase di ulteriore indebitamento conduca il nostro Paese in una crisi irreversibile che comporti poi, come effetto, l’espropriazione di tutti i nostri tesori, artistici, culturali, territoriali, infrastrutturali ecc. (proprio come è avvenuto in Grecia). Nessuno può cancellare con un’azione di sostegno economico la nostra identità nazionale”.