Si è concluso l’incontro tra la ministra dell’università e della ricerca Maria Cristina Messa e il presidente nazionale dell’Anief, Marcello Pacifico, e i capi dipartimento Anief Ricerca, Università e Afam.
Il leader dell’Anief – docente di Lettere di scuola superiore di primo grado e docente di Storia medievale e Storia del cristianesimo e delle chiese presso università pubbliche e private, con un dottorato di ricerca e molte pubblicazioni scientifiche alle spalle – ha parlato dunque “non solo da presidente di un sindacato che rappresenta 50mila iscritti, di cui circa mille riguardanti il mondo dell’università, della ricerca e Afam. Chiediamo di partecipare ai tavoli anche in virtù degli iscritti che rappresentiamo. Da quando ad Anief è stata certificata la rappresentatività, il 19 novembre 2019, abbiamo partecipato a 21 incontri con il Direttore generale, col Capo di gabinetto e con il ministro che l’ha preceduta, presentando anche dei documenti. Per quanto riguarda il Recovery plan, abbiamo inviato un file di 12 pagine alla VII Commissione Cultura della Camera dei deputati sulla precedente proposta. Non sappiamo cosa il Governo voglia cambiare ad oggi rispetto a quel piano. Come confederazione Cisal, a cui Anief aderisce, sappiamo che siamo stati convocati al Senato la prossima settimana in Commissione Lavoro sul Recovery plan: siamo disponibili a continuare con quel piano o a lavorare a probabili variazioni. Concludo dicendo che in quel lavoro si percepiva l’attenzione che si voleva dare alla ricerca, speriamo che con lei possa aumentare questa attenzione. Parlo di ricerca perché è alla base di tutto: Federico II diceva a suo figlio Corrado IV che bisogna studiare per la passione di farlo. Avere passione rispetto alla crescita dell’Uomo in tutte le sue conoscenze è fondamentale per far ripartire il nostro Paese. A questo devono corrispondere riserve adeguate, revisione dei profili professionali, revisione degli organici, lotta alla precarietà e rivalutazione della ricerca. Da parte nostra ci sarà sempre il dialogo aperto”.
Il presidente Pacifico ha continuato affermando che “abbiamo come Anief una causa in corso presso la Corte di giustizia Europea che si pronuncerà quest’anno e il problema non era tanto stabilizzare i ricercatori di tipo A o B, ma il fatto che con la legge n. 240 si è messo in esaurimento il ruolo di ricercatore. È l’unico caso in cui il ricercatore a tempo determinato non può diventare ricercatore tout court”.
Altro problema che il presidente Anief ha fatto notare è che “dal 2004 esiste una Carta europea dei ricercatori che in Italia non è stata adottata”. Importante poi anche, per quanto riguarda il sapere umanistico, “la revisione dei criteri di valutazione”.
“Il nostro obiettivo è di rilanciare ricerca e università attraverso il Recovery Fund promuovendo un piano di investimenti e riforme che favorisca l’ingresso di giovani, potenziando le collaborazioni tra le istituzioni di ricerca e le imprese, creando luoghi di contaminazione tra ricerca, formazione, cultura, mondo produttivo e società, rafforzando il diritto allo studio, aumentando l’attrazione internazionale della nostra ricerca. Un maggiore protagonismo della ricerca è la direzione verso la quale dobbiamo andare. Nei momenti di difficoltà ci si affida a chi ha le competenze e in questo senso la conoscenza acquista un ruolo centrale, con ricadute anche nelle scelte politiche. Il porto non deve essere visto solo come un luogo legato al trasporto, ma allargando le visioni il porto rappresenta il luogo ideale di incontro tra università, ricerca e impresa per diventare il luogo di creazione di idee, un vero incubatore”. Lo ha detto Gaetano Manfredi, ministro dell’Università e della Ricerca a margine dell’incontro “La ricerca va in porto: arte, scienza ed economia del mare per la città e il territorio” promosso da Iriss-Cnr, International Propeller Clubs Nazionale e Comune di Napoli durante la “Naples Shipping Week”.
“Il Covid ha avuto un duro impatto sui trasporti e il comparto deve essere sostenuto dal governo, lo abbiamo già fatto e cercheremo di farlo ulteriormente. Verrà chiesta la proroga dello stato di emergenza – ha aggiunto Manfredi -, dobbiamo gestire ancora una situazione molto complessa e gli strumenti sono indispensabili per poter prendere i provvedimenti che tutelino la salute dei cittadini”.
Secondo Massimo Clemente, direttore dell’Iriss-Cnr e direttore scientifico di ‘Rete’ “l’Istituto di Ricerca su Innovazione e Servizi per lo Sviluppo del Consiglio Nazionale delle Ricerche è impegnato sul tema del Covid per analizzare l’impatto che ha avuto sulla società e sulle infrastrutture. In un quadro più ampio di ricerca sul porto di Napoli, come volano di sviluppo del territorio, abbiamo individuato Arte e Scienza come elementi fondamentali di sviluppo e riqualificazione. La pandemia ci ha insegnato quanto sia importante investire in ricerca anche nei progetti di sviluppo del porto. Si è creata una sinergia molto forte con le università campane, l’Autorità portuale, la Città Metropolitana e la Regione Campania – ha rimarcato Clemente – che ci spingono a lavorare ancora di più per la realizzazione di un vero e proprio Polo di attrazione”.
“Il porto deve vivere di strategie pensate assieme alla città e credo che serva una visione nazionale della logistica per questo sono molto felice della presenza quest’oggi del ministro dell’Università e della Ricerca Gaetano Manfredi. Il progetto è maturato nel clima più aperto e inclusivo possibile, il porto va visto sia come un’infrastruttura essenziale per lo sviluppo economico, ma anche come infrastruttura culturale e creativa. Lo sviluppo viene da politiche di condivisione e il mare deve essere al centro del rilancio di Napoli” – ha concluso il direttore dell’Iriss-Cnr.
In apertura dei lavori il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, ha parlato della sinergia mesa in atto tra gli stakeholder del Porto di Napoli: “Tutto ciò che abbiamo fatto e le proposte presentate nascono da un confronto costante, reale, franco e corretto tra le istituzioni cittadine e tutti gli attori coinvolti”.
Rilancio che sarà possibile attraverso l’innovazione e la digitalizzazione della logistica che è stata la salvezza durante i mesi del lockdown e sarà il motore per la ripresa secondo tutti gli stakeholder protagonisti della sessione Pandemic Shipping: impatti, resilienza e ripartenza.
Nel pomeriggio l’attenzione si spostata sulla ripartenza del settore Cruise che durante il lockdown ha registrato un calo passeggeri del 95%. Il corto raggio, fatta eccezione per il mese di agosto, continua a registrare un meno 60%.
Per allinearsi con la media europea di iscritti nelle Università l’Italia dovrebbe avere 7 mila studenti in più: è quanto emerge dal 3° rapporto Agi Censis, elaborato nell’ambito del progetto «Italia sotto sforzo. Diario della transizione 2020» che si pone come obiettivo quello di studiare le annose criticità del Paese causa principale dell’impreparazione ad affrontare nel modo migliore l’emergenza legata alla pandemia da Covid-19. Il Censis spiega che nell’anno 2019/20 si è confermato l’incremento degli immatricolati nelle università italiane, con un +3,2% rispetto all’anno precedente. Ma non basta, di certo, per rimediare al ritardo abissale. Perché l’Italia è penultima in Europa per numero di giovani con un titolo di studio terziario: in Europa solo la Romania ha numeri peggiori al nostro. Il futuro non sembra roseo, perché appena la metà degli studenti si iscrive, dopo il diploma di secondaria superiore, ad un corso accademico. Crisi economica, borse di studio ridotte all’osso, spese alte per la frequenza dei corsi ed emergenza Covid non aiutano di certo. Ma a pesare è anche la passività di chi governa la formazione: basta dire che l’Italia continua a spendere per l’istruzione universitaria solo lo 0,3% del Pil, l’investimento più basso rispetto a tutti gli altri 27 Stati membri dell’Unione europea.
L’Università continua a raccogliere un interesse sempre tiepido da parte dei nostri giovani. Dopo un decennio di contrazioni – si legge su Strumenti Politici -, è continuato l’andamento positivo che era iniziato con l’anno accademico 2014-2015. Ma il gap continua a essere alto, perché “nel precedente anno accademico la condizione di matricola universitaria ha accomunato il 51,8% dei giovani italiani in età corrispondente, a fronte di una media Ue 28 del 58,7%. Per l’Italia eguagliare la media europea entro il 2025 significherebbe – come riportato da una nota del Censis – poter contare su un incremento medio annuo di immatricolati del 2,2%, equivalente in valore assoluto appunto a circa 7.000 studenti in più, o del 2,6% qualora l’obiettivo fosse di raggiungere la quota di immatricolati della Francia (+8.500 persone per anno)”. L’incremento necessario “è stimabile in un volume di spesa aggiuntiva, nel primo caso, di oltre 49 milioni di euro ogni anno e, nel secondo, di 59 milioni”.
POCHI LAUREATI
Si conferma il ritardo anche sul fronte laureati: in assoluto, oggi i laureati nel nostro Paese sono appena il 23%, contro il 66% della California. In pratica, l’Italia è penultima in Europa per numero di giovani con un titolo di studio terziario. Nel 2019 gli italiani di età compresa tra 25 e 34 anni con un titolo di istruzione terziaria erano il 27,7% del totale, ovvero 13,1 punti percentuali in meno rispetto alla media Ue 28, pari al 40,8%. Il dato ci colloca nella penultima posizione: dopo l’Italia soltanto la Romania, con il 25,5%. La bassa quota di giovani con un titolo terziario è conseguenza anche della ridotta disponibilità di corsi terziari di ciclo breve e professionalizzanti, universitari e non universitari, che all’estero sono più diffusi che in Italia.
Il problema rimane sempre il basso interesse dei diplomati per i corsi accademici: il passaggio dalla scuola secondaria di secondo grado all’università nell’anno 2018-2019 è stato infatti pari ad appena il 50,4% degli studenti che nello stesso anno hanno conseguito la maturità. Praticamente, un neo-diplomato su due prova subito ad entrare nel mondo del lavoro oppure intraprende specializzazioni alternative a quelle degli atenei. La percentuale è davvero ridotta, tanto che “il Global Social Mobility Index 2020 colloca l’Italia al 34° posto in una graduatoria internazionale calcolata su 82 Paesi, dopo Israele e prima dell’Uruguay, ma lontana da Danimarca, Norvegia e Svezia, che occupano le prime tre posizioni”.
LO SCARSO ORIENTAMENTO
Il problema risiede anche nell’orientamento (alla base dall’alto numero di abbandoni) e nella comunicazione delle effettive opportunità offerte dal mondo accademico. “Nel 2018 in Italia è stato speso per l’istruzione terziaria lo 0,3% del Pil, meno che in tutti gli altri 27 Stati membri dell’Ue. Nell’anno accademico 2018-2019 solo l’11,7% degli iscritti è risultato beneficiario di una borsa di studio, quota che non si distribuisce territorialmente in modo uniforme (scende al 9,1% nel Nord-Ovest e nel Centro e sale al 13,4% nel Nord-Est e al 15,3% nel Sud)”: una circostanza, quest’ultima, che, complice la crisi economica acuta dalla pandemia e le rette d’iscrizione e frequenza aumentate considerevolmente rispetto alla passato, fa avvicinare agli studi universitari in netta prevalenza studenti di ceti medio-alti.
I NUMERI
Tuttoscuola ha calcolato, di recente, quanto costa all’erario lo spreco generazionale generato dall’addio anticipato della scuola. “Partendo dalla stima Ocse per cui lo Stato investe poco meno di 7mila euro l’anno a studente, per l’istruzione secondaria, il costo degli abbandoni si misura in media in 2,7 miliardi di euro all’anno. Addirittura”, su vent’anni “la cifra diventa vertiginosa: 55,4 miliardi di euro”.
LA DENUNCIA
Sempre sulla dispersione, nel 2019 è intervenuta anche la Corte dei Conti, puntando l’indice sul “rilevante ausilio dei fondi comunitari” per contrastare gli abbandoni dei banchi: il dubbio, sostiene la Corte, è che nel periodo 2014/2020 ben 345.945.951 siano stati mal gestiti. Per questo, è stato chiesto l’avvio di un piano nazionale programmatico e di un monitoraggio legato a un costante aggiornamento dell’anagrafe degli studenti insieme a una funzionante “rete” tra tutte le istituzioni pubbliche (in particolare quelle delle scuole) con la possibile costituzione di un comitato di esperti con competenze elevate nelle politiche e nei dispositivi di contrasto alla dispersione.
LE MOTIVAZIONI DEL RITARDO
Anief ricorda che le motivazioni di tutto questo hanno origini lontane. Prima di tutto, va rilevato che in Italia oltre la metà dei cittadini tra i 60 e i 64 anni di età non è andato oltre alla licenza media, contro il 31% della media Ue. E anche tra i 25-39enni il 26,4% non ha conseguito un titolo di studio superiore, contro il circa 16% della media Ue. Tra i giovani non va molto meglio, se pensiamo che ben il 14,5% dei 18-24enni non possiede né il diploma, né la qualifica e non frequenta percorsi formativi. I più problematici sono i giovani del Sud e gli stranieri”. Per comprendere la serietà di questo andamento, va ricordato che in Sicilia, ad esempio, oltre il 35% dei giovani che si iscrivono alle superiori non arrivano mai al diploma.
POCHE COMPETENZE
Inoltre, c’è il vulnus delle competenze, anticamere del record italiano di Neet: secondo una stima de Il Sole 24 Ore, “il 34,4% degli studenti dell’ultimo anno delle scuole secondarie di primo grado non raggiunge livelli di competenza alfabetica adeguata, e non va meglio negli istituti secondari di secondo grado”. Inoltre, non va meglio nemmeno con la lingua straniera, poiché al già complicato contesto si aggiunge “la bassissima comprensione della lingua inglese parlata (40% scuole medie, 64% superiori)”. Anche gli ultimi risultati Invalsi sulle competenze acquisite confermano il ritardo dei nostri giovani: nelle prove di italiano è quasi fisiologica al di sotto del 10 per cento, mentre sfiora il 20 per cento in Puglia e Molise e supera il 25 in Calabria. Va ancora peggio con la matematica, perché in Calabria, Campania e Sicilia il 60 per cento dei ragazzi non ha raggiunto le competenze minime richieste dai programmi.
IL COMMENTO DI ANIEF
Anief continua a denunciare questo andamento da anni. “I governi degli ultimi tre lustri – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – hanno fatto a gara per ridimensionare la spesa per la Conoscenza: con il dimensionamento legiferato nel 2008 e mai cancellato, sono stati soppressi circa 15 mila plessi, 4 mila istituti autonomi, altrettanti Capi d’istituto e Dsga, cancellate 200 mila cattedre e 50 mila posti di personale Ata, più un alto numero di ore settimanali, docenti specializzati e in compresenza, dalla primaria alle superiori. Contemporaneamente si è alzato progressivamente il numero di alunni per aula, dando così il là alla creazione di oltre 20 mila classi pollaio. Per non parlare del precariato cronico, con il record di supplenze toccato proprio quest’anno, che fa il paio con la il corpo insegnante più vecchio mediamente al mondo. Ecco perché diventa strategico e decisivo che i fondi del Recovery Fund vengano convogliati su Scuola e Università: migliorare le strutture, supportare le aree territoriali più difficili, ampliare gli organici, anche tra il personale Ata, investire sull’orientamento, aumentare le ore di lezione settimanale, combattere la dispersione, incentivare l’utilizzo delle codocenze e delle specializzazioni sin dai primi anni di scuola, anticipandola a 5 anni e posticipare l’obbligo formativo alla maggiore età, sono passaggi imprescindibili per dare una svolta e risalire la china”.
La delegazione ANIEF era guidata dal dott. Luigi Rotundo; la delegazione di parte pubblica era composta dal Capo di Gabinetto cons. Mario Alberto di Nezza, dal Segretario Generale dott.ssa Maria Letizia Melina e dal Direttore Generale dott.ssa Marcella Gargano.
Ha aperto i lavori il cons. Mario Alberto di Nezza illustrando la posizione del Ministero circa gli obiettivi e il metodo di lavoro del tavolo.
L’intervento del Capo delegazione dott. Luigi Rotundo ha evidenziato la necessità d’incremento delle risorse, un’azione propedeutica e fondamentale che serve ad accompagnare l’opera di revisione normativa che conduca ad un riequilibrio tra leggi e contratto. Questo soprattutto alla luce dei vari interventi legislativi succedutisi nel tempo (Leggi Brunetta, Gelmini, Madia, e nello specifico per la sanità universitaria L.517/99, 251/2000, 43/2006) che hanno di fatto segnato un’evoluzione dell’organizzazione creando nuove figure professionali (Manager Didattici, RAD, Referenti Informatici per la Didattica, Bibliotecari, Media Manager, Professionisti della Salute, ecc.).
Sul tema dei Policlinici Universitari il cons. di Nezza ha rilevato come la questione sia di particolare complessità e abbia un carattere di rilevanza nazionale e meritevole di riflessione attenta e profonda. A tal fine ha comunicato l’intenzione di istituire uno specifico tavolo per un focus su tale peculiare problematica.
Sul reclutamento, la delegazione ANIEF si è espressa evidenziando il fatto di come ogni ateneo, in virtù del principio di autonomia, utilizzi secondo criteri propri le risorse disponibili; ciò suggerirebbe di elaborare linee guida di riferimento, pur nel rispetto delle reciproche autonomie, per ottimizzare il rapporto docenti personale TA.
Il Capo delegazione dott. Luigi Rotundo, riprendendo il tema delle risorse, ha posto l’attenzione sui fondi messi a disposizione dalla Comunità Europea il c.d. Recovery Fund ribattezzato Next Generation UE, sottolineando che quelle che saranno destinate al comparto Istruzione vedano quote significative per il settore Università che esplica la sua attività nelle direttrici fondamentali per il futuro del paese quali Formazione e Ricerca, ambito quest’ultimo che spesso opera in sinergia con l’industria.
L’incontro si è concluso con l’impegno della parte pubblica a costituire tavoli tematici e a elaborare una calendarizzazione di incontri.
L’UNESCO chiama a un dibattito internazionale per regolamentare il futuro dell’AI ‘Affidabilità dell’Intelligenza artificiale nel contesto delle crisi sanitarie’. L’evento, in inglese, si terrà online lunedì 10 agosto 2020, dalle 18.30 alle 20.30.
Referente
per l’Intelligenza Artificiale e Salute Italia è la Professoressa
Monica Murerodel
Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università degli Studi di Napoli Federico
II.
Il McKinsey Global Institute stima che entro il 2030 l’AI porterà ad una crescita del 16% del Pil mondiale e avrà un impatto sul 70% delle aziende. Quali sono e quali saranno gli effetti di una intelligenza ‘sintetica’ che pervade già la nostra società e le nostre vite? La Società e i singoli individui come possono contribuire a regolare eticamente in modo in cui la tecnologia altera le nostre vite? Riflettendo sulla profonda influenza che l’Intelligenza Artificiale (AI) sta avendo sulle società, sugli ecosistemi e sulle vite e sulla mente umana, in parte a causa dei nuovi modi in cui l’AI influenza il pensiero e il processo decisionale umano e influenza l’educazione, la scienza, la cultura, la comunicazione e l’informazione a livello mondiale
Questo evento online è organizzato con il
sostegno dell’UNESCO, della Commissione canadese per l’UNESCO, dell’Université
de Montréal e del governo del Quebec ed è ospitato dalla Professoressa
Monica Murero‘Premio
Rientro Cervelli‘ in collaborazione con il Montreal AI Ethics
(MAIEI), AlgoraLab e Mila (Canada). Questo evento fa parte della
consultazione globale dell’UNESCO che ha portato all’adozione del primo
strumento globale per la definizione di standard sull’etica dell’intelligenza
artificiale (AI). Gli approfondimenti di questa discussione aiuteranno ad
informare il rapporto di analisi finale MAIEI sulla Raccomandazione AI
dell’UNESCO.
Il
webinar di lunedì10 agosto raccoglierà i contributi dei partecipanti
sull’affidabilità dell’Intelligenza Artificiale nel contesto delle crisi
sanitarie (dall’uso delle app alla
raccolta dei Big Data, dalla privacy all’affidabilità dei sistemi di AI).
Gli scienziati sociali e le humanities hanno
molto da dire su questi temi insieme ai medici, ai computer scientists, ai
giuristi e a tutti gli stakeholders della società, dai politici alle imprese e
ai cittadini. All’indomani
della nascita del primo dottorato italiano sull’Intelligenza Artificiale che
vede la Federico II protagonista,Italiani, venite a discutere con noi
la Raccomandazione dell’UNESCO sull’etica dell’IA!
Il 29 luglio 2020, si è svolto in videoconferenza l’incontro tra OO.SS. e M.U.R. La delegazione ANIEF era composta dal Dott. Luigi Guerriero, dal Dott. Stefano Lazzarini e dal Dott. Luigi Rotundo
Ha aperto i lavori la Dott.ssa Gargano che ha illustrato l’argomento oggetto
della riunione riguardante la ripresa dell’attività didattica in presenza. Per
l’ANIEF è intervenuto il Dott. Lazzarini che ha evidenziato la necessità di
seguire quanto indicato dalla circolare della funzione pubblica per ciò che
riguarda le azioni da porre in essere onde garantire la sicurezza di studenti e
personale TAB. Lo stesso ha poi richiamato l’attenzione su alcuni punti di
criticità da prendere in debita considerazione per le successive fasi di
ripresa.
Primo punto evidenziato è quello della necessità di adottare tutti gli
accorgimenti possibili di natura tecnica e finanziaria per sostenere gli atenei
che hanno operato un taglio sostanziale delle tasse per garantire il diritto
allo studio e il sostegno delle famiglie. Tali provvedimenti sono volti a
prevenire il possibile calo di immatricolazioni stimato tra il 20 ed il 30%.
Calo dovuto ai molteplici fattori innescati dalla pandemia, uno su tutti la
drammatica crisi finanziaria.
Altro importantissimo punto di criticità richiamato è stato quello relativo
alla impellente necessità di far svolgere i tirocini obbligatori agli studenti
delle Facoltà di Medicina siano essi afferenti ai Corsi di Laurea in Medicina
che ai Corsi di Laurea delle Professioni Sanitarie.
Infatti lo stato attuale di cose, evidenzia Lazzarini, sta comportando
l’impossibilità di svolgere le prescritte ore di tirocinio obbligatorio e
questo ha effetti soprattutto per gli studenti dell’ultimo anno con
l’impossibilità di sostenere il relativo esame e quindi di laurearsi nei tempi
prescritti.
Questo comporterebbe una perdita di chance sia in ordine alla possibilità di
partecipare ad eventuali concorsi che alle prove di accesso ai corsi di laurea
specialistica. È intervenuto poi il Presidente della CRUI Prof. Ferruccio Resta
che ha ringraziato tutto il personate TAB per quanto fatto in una situazione di
grande difficoltà ponendo l’accento sul fatto che la didattica a distanza è
un’opportunità ed un salvagente in una fase emergenziale ma non può essere la
normalità.
Rimarca inoltre il fatto che il ruolo della CRUI debba essere più attivo con
l’emanazione di linee guida chiare sull’organizzazione pur nel rispetto
dell’autonomia dei singoli atenei. Occorre ricominciare pensando ad un sistema
che oltre a garantire la sicurezza possa essere rapidamente commutato in caso
di necessità dovuta ad una seconda ondata.
Infine è intervenuto Il Ministro Manfredi che ha sottolineato come il
sistema università abbia retto benissimo all’urto dei momenti difficili che
abbiamo passato, posizione che condividiamo pienamente. Ha comunicato che sono
state previste risorse aggiuntive per gli atenei a sostegno delle iniziative
prese dagli stessi in favore degli studenti e delle loro famiglie.
Proseguendo ha sottolineato che Il momento odierno è comunque complicato,
c’è una forte aspettativa per un ritorno alla normalità. Chiudere non è
semplice ma riaprire è molto più complesso in quanto comporta forti assunzioni
di responsabilità da parte di tutti.
Occorre continuare a garantire i servizi anche attraverso una nuova
organizzazione del lavoro che favorisca una dematerializzazione dei processi
prendendo spunto dalle nuove forme di espletamento della prestazione di lavoro.
Ha poi evidenziato il fatto che l’Università non è soltanto Didattica ma anche
Ricerca e cultura volano per la crescita del paese.
Da quanto detto emerge che la ripartenza deve essere ponderata onde mettere
tutti in condizioni di sicurezza ed accompagnata da una particolare
interlocuzione dell’istituzione con i territori.
In chiusura ci si è dato appuntamento nelle prossime settimane per una prosecuzione del dialogo con le parti sociali su importanti temi quali l’elaborazione dei progetti per l’impiego dei fondi del Recovery Fund e la stagione dei rinnovi contrattuali.
Fa discutere la decisione del ministro dell’Università e della Ricerca, Gaetano Manfredi, attraverso il D.M. 82/2020, di ridurre il corpo insegnante deputato alla formazione della professione infermieristica: il decreto riduce il numero minimo di docenti dei corsi di laurea in Scienze Infermieristiche da 5 a 3, mentre per i docenti a tempo indeterminato si passerebbe da 3 a 1. La doppia disposizione, che pone una deroga al D.M. 7 gennaio 2019 in materia di docenti di riferimento dei corsi di studio universitari, produrrebbe l’effetto di eliminare dei docenti infermieri per fare subentrare dei medici ospedalieri.
Fioccano le polemiche per la parte del D.M. 82/2020 che dà “la possibilità,
per gli Atenei, di compensare la riduzione di docenti universitari di
riferimento di cui al comma 1, con l’individuazione di almeno due medici
ospedalieri da indicare come personale medico di riferimento coinvolto per ogni
corso di laurea in infermieristica”. Se passasse questa operazione, in un colpo
solo si andrebbe a ledere l’autonomia delle scienze infermieristiche e di chi è
titolato a trasmettere la professione a chi si avvicina a essa.
LA MANCATA VALORIZZAZIONE
Invece di valorizzare i docenti universitari infermieri, in possesso di
laurea magistrale, spesso anche di dottorato di ricerca e abilitazione scientifica
nazionale, dando loro l’opportunità di insegnare in corsi di studio accreditati
per l’accesso ala professione Infermieristica, si intende in questo modo
approvare una norma sbagliata in partenza: si promuove la conoscenza globale a
discapito di quella specifica.
L’APPELLO
Anief si appella alla sensibilità del ministro dell’Università e della
Ricerca, Gaetano Manfredi, ma anche del ministro della Salute, Roberto
Speranza, e del presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province,
Stefano Bonaccini. Non si comprende come si possa procedere in questo modo,
dopo che Governo, Regioni e province autonome di Trento e Bolzano hanno
riconosciuto la valenza professionale e organizzativa, nonché etica e
deontologica, dei professionisti sanitari attraverso il Patto per la Salute
2019-2021.
IL PARERE DEL PRESIDENTE
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “i parametri di composizione attuali nella composizione del corpo docente per i corsi di laurea in Infermieristica non vanno modificati: il rischio è quello di andare a depotenziare l’organizzazione delle formazione accademica sanitaria, con ripercussioni dirette sulla Salute pubblica dei cittadini italiani”.
Nel decreto legge Rilancio, il Governo ha stanziato un finanziamento specifico per i comparti Università e Ricerca che prevede anche l’assunzione in ruolo di migliaia di nuovi ricercatori pure per gli enti di ricerca grazie ad ulteriori 250 milioni: l’iniziativa è stata confermata durante la conferenza stampa sul tema tenuta dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Sono anche previsti “165 milioni sul Fondo di finanziamento ordinario per allargare l’area no tax degli studenti, poi 40 milioni in più sulle borse di studio, 15 milioni per i dottorati, 62 milioni per l’Alta formazione musicale. Il Fondo per la ricerca First sale di 300 milioni. Secondo le anticipazioni della stampa, è previsto “un miliardo e 400 milioni in due anni, più di quello che lo stesso ministro Gaetano Manfredi aveva chiesto”.
LE ESIGENZE
Come per la scuola, anche il settore universitario necessita di un graduale ritorno alla normalità: superato il momento di emergenza e considerato che molti docenti e studenti stanno apprezzando gli aspetti positivi della didattica online con modalità sincrona, è necessario poter dare la possibilità, a partire dai territori dove i pericoli di contagio sono maggiori, di continuare a praticare almeno parte delle lezioni con tali sistemi. Come sarebbe utile avviare la sperimentazione di nuovi modelli didattici e nuove condotte di insegnamento. È inoltre bene che i finanziamenti siano destinati a coprire eventuali carenze tecnologiche sia dei docenti sia degli studenti. A questi ultimi potrebbe inoltre essere utile mantenere la sospensione delle tasse.
SI RIPRENDA LA CONTRATTAZIONE
È sempre bene, inoltre, che l’innovazione tecnologica venga sempre gestita
con la contrattazione sindacale, guardando anche al rinnovo del contratto,
scaduto da oltre un anno. Vi ricordato, a questo proposito, che la modalità smartworking penalizza
non poco tutti coloro che percepiscono normalmente, in presenza, le indennità
del salario accessorio previste dal contratto integrativo.
Il confronto con l’amministrazione pubblica si rende inoltre necessario per
chiarire una volta per tutte che i finanziamenti alla ricerca non devono essere
considerati dei costi, come accaduto negli ultimi decenni con tagli lineari al
settore, come a quello universitario, ma veri investimenti per l’economia del
paese:i finanziamenti ordinari, si potrebbero anche rilanciare progetti con
ricadute immediate.
I PROVVEDIMENTI PER L’AFAM
Per l’Afam, infine, va detto che i finanziamenti previsti non coprono le
esigenze del settore, le cui esercitazioni di gruppo e collettive, come quelle
orchestrali, sono da due mesi e mezzosospese. Per attuare modalità didattiche
alternative è necessario agire a livello di ricerca nei Conservatori e
potenziare le infrastrutture informatiche negli istituti. Anche in questo
ambito, serve dare il là, a sperimentazione di nuovi modelli didattici e
rinnovate condotte di insegnamento. Oltre che prevedere l’assegnazione di un
bonus per gli studenti e il personale per l’acquisto di strumenti, come per il
bonus di 500 euro del personale.
Personalizzazione – Predizione
– Precisione. Sono queste le 3 P della genomica, che la Casa di Cura Clinica Ruesch di Napoli ha coniato nel lavoro da poco
avviato, unendo le esigenze legate alla storia Clinica del paziente con le opportunità
offerte dallo studio del DNA. Attraverso due panel, uno generico e uno oncologico, elaborati a partire da una
semplice analisi di un tampone salivare, è possibile accedere al patrimonio
genetico del paziente, con una serie di vantaggi in termini, appunto, di
prevenzione e, dunque, di salute e di risparmio di risorse, focalizzando le
indagini mediche sulle patologie per le quali la lettura dei panel mostra una predisposizione. Questo
studio sequenziale del DNA va poi applicato al singolo paziente, alla sua
storia Clinica, alla sua alimentazione e al suo stile di vita, per avere così
un quadro realmente completo. L’obiettivo della Casa di Cura Ruesch è,
pertanto, quello di trasferire i panel di
predisposizione genetica agli algoritimi diagnostici clinico-strumentali per
un’analisi esaustiva e il più possibile personalizzata dello stato di salute
del soggetto. È alla Ruesch che avviene il prelievo del campione per la
genomica, poi analizzato in laboratori specializzati, i quali poi forniscono entro
appena 21 giorni i risultati.
Partner della Clinica napoletana nello sviluppo
del progetto è il Professor Gerardo
Casucci, Direttore della UOC della Clinica San Francesco di Telese Terme,
Neurologo e Professore a Contratto dell’Università del Molise:
“Uno dei problemi della
medicina Clinica contemporanea”, afferma il professore Casucci, ”è che le incalzanti evoluzioni tecnologiche
hanno determinato la perdita pressoché completa del rapporto medico-paziente,
a fronte di un incremento sempre maggiore di dati sanitari personali raccolti (i cosidetti big data). Si sa sempre di più della malattia, ma sempre di meno del paziente. La Clinica Ruesch è stata la prima a Napoli
a proporre un accurato studio genetico dei soggetti, che valutasse dalle
semplici intolleranze alle patologie vere e proprie, quali diabete, obesità e
malattie cardio-vascolari. Questo consentirebbe di guardare non più al paziente
in modo generico, ma sapendo cosa prevenire o curare. Il test del DNA è
semplice e non invasivo, si fa con un tampone della mucosa orale e il prelievo
viene inviato in un laboratorio specializzato. Dopo aver ricevuto i risultati,
si viene affidati a un medico clinico, che è il vero cuore pulsante del
percorso Ruesch, il quale recepisce le predisposizioni rilevate (che non sono
malattie) e le “adatta” alla storia personale del soggetto, proponendo
eventuali approfondimenti diagnostici. Il test del DNA ha una sua applicazione
anche in età pediatrica, in quanto alcune patologie, proprie dell’età adulta,
oggi tendono a comparire molto più precocemente. Tra queste le principali sono
le malattie metaboliche. Questa precocizzazione ci sposta verso un’analisi
(anche genetica) più attenta del bambino, per iniziare a correggere quanto
prima comportamenti errati e potenzialmente forieri di malattie. Nonostante i
grandi vantaggi offerti, il test di sequenziamento del DNA non viene usato
quasi per nulla a Napoli e provincia, anche per una serie di problematiche
inerenti alla riservatezza dei dati e al loro utilizzo. L’obiettivo della Clinica
Ruesch, quindi, è quello di fornire un Servizio che possa essere un primo step
per la prevenzione, la predizione e la personalizzazione di svariate patologie,
coniugando percorsi laboratoristico-strumentali, genetica e ragionamento
clinico. A questo scopo la Clinica Ruesch ha predisposto un’equipe altamente
professionale di medici, nutrizionisti e preparatori atletici, che possono
rappresentare un nuovo modo di conoscere e migliorare la propria salute”.
A parlare del lavoro della Clinica
Ruesch e del quadro di obiettivi entro i quali si inserisce è il Presidente
della Clinica, il Dr. Antonio Merlino:
“Questa iniziativa nasce da
collaborazioni e confronti avuti in ambito universitario, ed è quindi qualcosa
che sta traslando dall’ambito accademico alla Clinica: il contatto privilegiato
che noi abbiamo con diversi istituti universitari italiani e esteri ha fatto sì
che potessimo avviare e implementare questa organizzazione. Un ‘organizzazione
che sostanzialmente fonda le sue basi in qualche modo sulla necessità di
tornare alla Clinica e quindi, avere, mantenere e rilanciare una visione
integrata rispetto al paziente, questo in contro una tendenza della iper –
specializzazione delle branche che a volte fa perdere una visione integrata del
paziente, un paziente che può avere fragilità generali e deve essere gestito in
maniera integrata. Questo è permesso grazie al fatto che le nuove tecnologie,
in primis il sequenziamento del DNA stanno aprendo una nuova era della
medicina. Ruesch non perde questo treno, anzi, ci sale su a pieno titolo:
abbiamo, infatti, avviato una serie di servizi, di pacchetti, di iniziative
proprio volte a sviluppare percorsi di diagnosi e di cura orientati alla
medicina di precisione, alla medicina personalizzata, alla medicina cosiddetta
predittiva, in anticipo rispetto al sistema Italia. In realtà in alcuni paesi
del nord Europa, scandinavi in particolare, hanno i sistemi sanitari nazionali
che investono in prevenzione tanto quanto in cure. In questi paesi la speranza di vita media in salute è più
breve di soli sette anni rispetto alla speranza di vita media in assoluto, nel
nostro paese questa forbice, tra speranza di vita media in salute e speranza di
vita assoluta è di circa venti anni. Questo è un indicatore oggettivo. I
sistemi nazionali che investono in prevenzione hanno un beneficio diretto
economico imparagonabile a qualsiasi altro tipo di costo da sostenere. Pertanto
un’impostazione che arriva all’individuo, oltre che al sistema, basata sulla
cultura del benessere, sulla cultura della prevenzione, su concetti quali
nutrizione, movimento, pensiero positivo, prevenzione, nello specifico
prevenzione basata sul sequenziamento del DNA, quindi su una conoscenza
approfondita, di se stessi, della persona, sono sicuramente un qualcosa di
molto più economico rispetto ad uno stile di vita non appropriato. È una nuova
cultura che si sta diffondendo, presto o tardi, tutti i sistemi regionali
avranno dei moduli oltre che di prevenzione primaria già ampiamente in essere,
anche di medicina personalizzata e di precisione. Oggi noi cominciamo questo
discorso, è un servizio attivo, un servizio accessibile, economico, ci sono
vari livelli di accesso e approfondimento delle indagini, è una cultura che si
sta diffondendo e come tutte le cose pionieristiche va consolidata, e diffusa
prima di tutto a livello culturale”.
1979-2019: 40 anni del Consiglio Universitario Nazionale. Si è tenuta ieri 18 dicembre, dalle ore 15 alle 18 in sala Aldo Moro, l’evento per i 40 anni del CUN. La sessione è stata aperta da una relazione introduttiva dal titolo “Il ruolo del CUN: l’autonomia del sistema universitario e la libertà della ricerca e dell’insegnamento” tenuta da Antonio Vicino, Presidente CUN. In più le testimonianze di Luigi Frati, vicepresidente dal 1986 al 1989, Michele Scudiero, vicepresidente dal 1989 al 1997, Luigi Labruna, presidente dal 2007 al 2017 e Carla Barbati, presidente dal 2017 al 2019. Il dibattito è stato animato da Mario Pittoni, presidente 7ª Commissione permanente Senato (Istruzione pubblica, beni culturali), Luigi Gallo, presidente VII Commissione Camera (cultura, scienza istruzione), Paolo Miccoli, presidente ANVUR (Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca), Lucia Altucci, presidente CNGR (Comitato nazionale dei garanti per la ricerca), Luigi Leone Chiapparino, presidente CNSU (Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari) e Gaetano Manfredi, presidente CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane, nonché Magnifico Rettore dell’Università degli studi di Napoli Federico II). Presenti i consiglieri CUN. Le conclusioni sono state affidate a Lorenzo Fioramonti, Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.
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