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I Gradini suor Orsola diventeranno Museo

È stato approvato dalla Giunta Comunale di Napoli l’accordo di collaborazione con l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa per la realizzazione del progetto “Museo Gradini Suor Orsola”.

L’Amministrazione comunale ha accolto favorevolmente la proposta dell’Università di riqualificare e valorizzare la strada Gradini Suor Orsola con un percorso museale sulla storia della nascita e dello sviluppo della Cittadella monastica e del complesso monumentale del Suor Orsola.
“Attiviamo una collaborazione con l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa – dichiara l’assessore Clemente – per realizzare un percorso museale sul complesso monumentale del Suor Orsola. Un’idea nata dall’Università per valorizzare tutta la strada che dal corso Vittorio Emanuele porta alla cittadella universitaria e creare nuove opportunità per il territorio. Un ottimo esempio di ascolto e collaborazione tra istituzioni e territorio”.

“Ringrazio il Comune – commenta il rettore Lucio d’Alessandro – perché ha fatto sì che uno spazio pubblico possa diventare ancora più pubblico in quanto dedicato alla città ai giovani e alla cultura”.

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Riapertura scuole, Di Meglio: “Siamo al punto di partenza”

“Avremmo preferito sbagliarci, ma purtroppo la realtà dei fatti dimostra che avevamo ragione quando criticavamo il protocollo di sicurezza per il rientro in classe, che infatti non abbiamo siglato perché ritenevamo che le misure previste non fossero sufficienti né idonee. Ci sarebbe piaciuto un Paese capace di organizzare il sistema dei trasporti in maniera efficace prima della riapertura delle scuole a settembre, così come ci sarebbe piaciuto un sistema sanitario in grado di garantire tamponi rapidi agli studenti e al personale scolastico e un tracciamento puntuale dei contagi. Ma, a quanto pare, si tratta di fantascienza. Nessuno ha la bacchetta magica per far fronte a un’emergenza di questa portata, ma è una perdita ulteriore di tempo prezioso pensare che la soluzione possano essere i tavoli istituzionali, la cui inutilità è stata ampiamente dimostrata dalla storia recente”.

Rino di Meglio
Il coordinatore della Gilda degli Insegnanti Rino Di Meglio

Così Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, interviene in merito alla questione della ripresa delle attività didattiche in presenza.

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Dad, incontro tra i sindacati firmatari del contratto: “Scelta necessaria”

L’incontro on line “Didattica a distanza, tra discrezionalità del dirigente, diritti dei docenti ed efficacia del dialogo educativo”, organizzato da Sidels, ha fatto il punto della situazione sulla didattica a distanza. Presenti i rappresentanti delle sigle firmatarie del contatto sulla dad e alcuni avvocati esperti. Per Anief: Walter Miceli, legale del sindacato, e Marco Giordano, segretario generale.

Per quanto riguarda la questione del sostegno, l’avvocato Walter Miceli ha affermato che attualmente “abbiamo 80mila precari sul sostegno e il 75% non è specializzato. Spesso agli studenti disabili viene affidato il docente di sostegno a ottobre, ma anche a novembre o dicembre. La didattica a distanza è stata complicata per tutti, ma ha colpito duramente i fragili tra i fragili, cioè i disabili. Bisogna ricordarsi di un aspetto molto importante: per gli alunni normodotati dopo la scuola c’è la vita, per i disabili dopo la scuola c’è poco, quindi è un tassello fondamentale nella vita di questi studenti. La dad ha aumentato le differenze e le famiglie di questi alunni sono state caricate di questo peso. I dati dell’Istat ci hanno informato del fatto che la didattica a distanza come surrogato della didattica in presenza è un fallimento. Sono tantissimi gli alunni portatori di disabilità che non hanno preso parte alla dad e molti di quelli che ne hanno preso parte si sono trovati davanti a uno schermo, con casi anche di regressione, che mina la speciale normalità a cui aspirano le famiglie con alunni con disabilità. Le famiglie di questi studenti hanno formulato delle proposte per tornare alla didattica in presenza, come la suddivisione della classe in piccoli gruppi eterogenei gestiti dal docente di sostegno, o anche la valorizzazione degli assistenti all’autonomia e alla comunicazione. Bisogna comprendere che non si può creare un sistema che costringe, per il riconoscimento di un diritto, a rivolgersi a un tribunale. Sindacati e partiti devono richiamare il Governo alla concretezza”, si passi ai fatti e si creino le condizioni affinché il sostegno didattico sia ottimale.

Il segretario generale Anief, Marco Giordano, ha dichiarato che, grazie al contratto firmato sulla didattica a distanza, “è stato possibile normare la materia anche dalla parte dei lavoratori, non firmarlo avrebbe significato lasciare la parola solo all’amministrazione, visto che sulla DDI si erano già espresse la Legge 41 del 2020 e il D.M. 89/2020 contenente le linee guida diramate dal ministero dell’Istruzione. Ovviamente le criticità ci sono proprio perché è la dad stessa che presenta delle criticità: per questo motivo è stato istituito un tavolo di monitoraggio che controlla settimanalmente lo stato dell’arte della didattica a distanza. Secondo noi non era possibile fare a meno di questo strumento. Sono sorti dei problemi durante la dad ma è necessario ricordare come la didattica a distanza risponda a una emergenza. Già con il Dpcm del 3 novembre è stata prevista la possibilità di gestire una quota di attività in presenza, elemento importante per l’inclusione, per esempio. Ma il problema del rischio di marginalizzazione degli alunni disabili è serio; infatti, non è possibile fare inclusione chiedendo all’alunno di recarsi a scuola in presenza del solo docente di sostegno, per seguire on line il resto della classe collegato da casa: questo è un cinema didattico privo di senso, umiliante per docenti e studenti”, ha concluso il segretario generale Anief.

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Ata, Anief: “Drammatiche conseguenze del concorso Dsga tra l’insulto ai facente funzione e l’abbandono”

“La decisione del MIUR di immettere in ruolo i vincitori di concorso in corso d’anno, senza optare per una nomina economica al primo settembre 2021, con decorrenza giuridica al 1° settembre 2020, pone non pochi problemi organizzativi, sia per ciò che concerne i facente funzione Dsga, nominati con contratto di utilizzazione annuale al 31 Agosto, ai sensi dell’art. 5 del CCNI 2020, sia per gli assistenti amministrativi precari, nominati sui posti lasciati liberi dai colleghi di ruolo andati a svolgere la facente funzione Dsga”. Lo sostiene l’Anief.

“In seno alla riunione, Anief, nelle persone della Presidente regionale della Toscana Cristina Dal Pino, che tra l’altro svolge anche il ruolo di Coordinatore nazionale del comparto Ata del giovane sindacato, e del vicepresidente regionale prof. Lorenzo Venza, ha portato all’attenzione dell’amministrazione scolastica della regione Toscana una problematica particolarmente delicata, che fino a quel momento sembrava essere sfuggita all’attenzione di tutti i membri dell’amministrazione, centrale e periferica”.

“L’amministrazione centrale aveva proposto di trasformare i posti liberi dei facente funzione, coperti con supplenze al 31 Agosto, in posti Covid, garantendo la copertura economica con i fondi appositi previsti dal Decreto 104 del 14 agosto 2020 e erogati direttamente alle istituzioni scolastiche.

Partendo dal presupposto che tali fondi erano stati specificatamente previsti per un potenziamento dell’organico, vista la particolare situazione emergenziale, la normativa non consente alle istituzioni scolastiche di far transitare questi fondi su un’altra area di funzionamento economico, un simile provvedimento andrebbe sicuramente a configurare un danno erariale. Inoltre, va precisato che il MIUR non ha tenuto in considerazione un altro fondamentale aspetto”.

“Un’altissima percentuale degli assistenti amministrativi precari al 30 giugno o al 31 agosto è ad oggi già in ruolo nelle istituzioni scolastiche sul profilo di collaboratore scolastico. Tali lavoratori stanno quindi lavorando in questi anni, in base a quanto previsto dall’art. 59 del CCNL, che permette ai dipendenti del personale ATA di accettare una supplenza su un diverso profilo professionale, di livello superiore, purché si tratti di un incarico almeno al 30 giugno, o comunque di durata annuale. Le supplenze su organico Covid si configurano giuridicamente come supplenze brevi e temporanee, indipendentemente dalla data finale di risoluzione del contratto, quindi i collaboratori scolastici di ruolo non avrebbero mai potuto accettare un incarico su un organico Covid, e non possono quindi adesso vedere i loro posti trasformati con un contratto di lavoro di tutt’altra tipologia e di tutt’altro inquadramento normativo”.

“Questi lavoratori della scuola hanno firmato un contratto con scadenza certa di durata annuale, senza nessuna clausola risolutoria, e quindi hanno tutti i diritti di mantenere la propria posizione lavorativa fino alla naturale scadenza del contratto. Non meno dannosa è la situazione dei facente funzione, alcuni dei quali hanno risposto ad un interpello anche da altre regioni, approntando spese per trasferirsi sul nuovo luogo di lavoro e, ad ora, non sanno letteralmente “che fine faranno””.

“Il nostro sindacato ha già preparato diverse istanze di conciliazione per tutelare gli assistenti amministrativi che ricoprono tale incarico in base all’art. 59 del CCNL, attendendo ulteriori chiarimenti dagli uffici scolastici regionali, che purtroppo tardano ancora ad arrivare”.

“La nostra associazione sindacale chiederà inoltre un tavolo tecnico specifico al Ministero, per discutere la situazione degli assistenti amministrativi che per anni hanno svolto il ruolo di facente funzione DSGA. La nostra intenzione è, ancora una volta, quella di chiedere un concorso riservato per questi lavoratori che per anni hanno portato avanti le nostre scuole senza avere l’adeguato riconoscimento professionale, oltre a richiedere ancora una volta con vigore la riattivazione della progressione verticale di carriera, permettendo a tutti gli assistenti amministrativi, nella percentuale prevista dalla normativa vigente in merito alla mobilità verticale, di transitare sulle figure di coordinatore amministrativo di Area C, figura già prevista nel CCNL ma mai attivata”.

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Mazzucchi nuovo direttore del dipartimento di Studi Umanistici della Federico II

È Andrea Mazzucchi il nuovo Direttore del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Napoli Federico II.

Eletto nella mattina del 15 dicembre 2020, subentra al filosofo Edoardo Massimilla e guiderà il Dipartimento per i prossimi tre anni, da gennaio 2021.

Mazzucchi, ordinario di Filologia italiana e di Filologia dantesca, è stato componente del Senato Accademico ed è attualmente Presidente della Scuola delle Scienze Umane e Sociali dell’Ateneo federiciano.

La dedizione al lavoro è stata la caratteristica della sua brillante carriera accademica, fino all’ascesa alla guida del Dipartimento di Studi Umanistici. Filologo moderno e abile divulgatore, ha innovato gli studi sui manoscritti rendendoli accessibili e, al tempo stesso, appassionanti per le nuove generazioni.

Innovazione che dimostra costantemente, ad esempio, nella direzione, presso la Biblioteca Oratoriana dei Girolamini di Napoli, della Scuola di Alta Formazione in ‘Storia e filologia del manoscritto e del libro antico’, nata da un accordo tra l’Università degli Studi di Napoli Federico II e il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo. Un percorso suggestivo che ha, inoltre, riconsegnato alla comunità l’immenso patrimonio librario del complesso Oratoriano.

Il Dipartimento di Studi Umanistici raccoglie l’eredità dell’antica Facoltà di Lettere e Filosofia ed è il più grande della Federico II con 190 docenti e ricercatori e un’offerta didattica articolata, tra l’altro, in 16 corsi di laurea triennali e magistrali e 4 dottorati di ricerca. Un Dipartimento intriso nel territorio che, con le sue molteplici attività, offre contributi costanti alla politica culturale e alle attività di terza missione che l’Ateneo federiciano mette in campo.


“Bisognerà proseguire nell’operazione di valorizzazione della ricca tradizione dei saperi umanistici, che rappresenta un’asse centrale nella ricerca e nell’offerta formativa del nostro grande Ateneo – dichiara Andrea Mazzucchi -. Continuando a garantire alta qualità, nel campo della ricerca e in quello dell’offerta didattica, il Dipartimento nei prossimi anni dovrà migliorare strutture, attrezzature e servizi agli studenti”.
Membro dell’Accademia pontaniana, Mazzucchi coordina il Dottorato di ricerca in ‘Testi, tradizioni e culture del libro. Studi italiani e romanzi’ presso la Scuola Superiore Meridionale.
Vicepresidente del Centro Pio Rajna per la Ricerca letteraria, filologica e linguistica, e membro del Consiglio direttivo della Casa di Dante in Roma, fa parte delle Commissioni scientifiche preposte all’Edizione Nazionale degli Antichi Commenti e alla Nuova Edizione Commentata delle Opere di Dante.

Professore, ricercatore, ma ancor più studioso della letteratura italiana medievale con particolare attenzione all’opera di Dante, alla sua prima ricezione, al rapporto tra testo e immagine nella tradizione manoscritta. È componente del Comitato nazionale per le celebrazioni del Settecentenario della morte del Sommo Poeta.

Dirige con altri illustri colleghi prestigiose riviste e collane scientifiche, ha coordinato l’ambito di ‘Discipline Storiche, storico letterarie e storico artistiche’ del Piano Nazionale per la Ricerca 2021-2027.  Il suo ultimo lavoro, in ordine di tempo, è la curatela al volume di Enrico Malato “Nuovi studi su Dante. Lecturae Dantis, note e chiose dantesche”, uscito il 26 novembre del 2020 per Bertoncello Artigrafiche. Un volume che conferma il costante rapporto diretto con i testi per decifrare l’universo dantesco

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Religione cattolica, accordo CEI – Ministero per l’atteso concorso

La Ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, e il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), S.Em. il Cardinale Gualtiero Bassetti, hanno sottoscritto, questo pomeriggio, l’Intesa sul concorso per l’assunzione degli insegnanti di Religione Cattolica, necessaria per poter procedere con il bando vero e proprio. La procedura concorsuale ha l’obiettivo di coprire i posti che saranno vacanti e disponibili nel prossimo triennio.

Il bando è previsto dalla legge 159 del 2019 e sarà emanato nelle prossime settimane.
Siglando l’Intesa, il Cardinale Bassetti ha ricordato che “il prossimo Concorso costituisce un passaggio importante non solo per la stabilizzazione professionale di tanti docenti, ma anche per la dignità dello stesso insegnamento, frequentato ancora oggi – a trentaquattro anni dall’avvio del nuovo sistema di scelta – da una larghissima maggioranza di studenti”. Il Cardinale ha poi rinnovato “la stima e la vicinanza dei Vescovi italiani agli insegnati di religione che, con passione e competenza, accompagnano il cammino di crescita delle ragazze e dei ragazzi di oggi”.

“Ringrazio la CEI per la collaborazione che ci ha consentito di arrivare a questa Intesa – ha commentato la Ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina – che va nella direzione di tutelare le aspirazioni degli insegnanti di religione cattolica che, anche in questo periodo così complesso, hanno lavorato alacremente, in sinergia e armonia con tutto il personale scolastico, per garantire l’effettività del diritto allo studio delle nostre studentesse e dei nostri studenti. Insegnanti che, facendo valere competenze e merito con il concorso, potranno entrare in ruolo e proseguire il loro percorso professionale con maggiore stabilità”.

Il concorso prevede una riserva di posti per i docenti in possesso del riconoscimento di idoneità rilasciato dall’ordinario diocesano, che abbiano svolto almeno tre anni di servizio, anche non consecutivi, nelle Istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione.

Il nuovo concorso si terrà a circa diciassette anni dalla prima, e finora unica, procedura concorsuale bandita nel febbraio 2004 in attuazione della legge 186/03, che istituiva i ruoli per l’insegnamento della religione cattolica.

(fonte: Miur)

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I pensionamenti libereranno altri 27.600 posti di lavoro nella scuola il prossimo anno

Le domande di pensionamento presentate da docenti dei vari ordini di scuola per lasciare il servizio dal prossimo anno scolastico sono un campanello ulteriore d’allarme: altri 27.600 posti che si liberano e che in larga parte non potranno essere coperte dal turn over, sia per l’esaurimento di molte graduatorie per varie classi di concorso e per l’inadeguata disponibilità di graduatorie di merito delle precedenti procedure concorsuali.

I NUMERI DELLA STAMPA SPECIALIZZATA

La rivista Tuttoscuola ricorda che “nel settembre scorso, nonostante l’autorizzazione del MEF a ricoprire 84mila posti, nonostante la call veloce per cambiare l’iscrizione in GAE per una provincia diversa con posti vacanti, nonostante insomma questa complessiva situazione oltremodo favorevole, sono rimasti vacanti migliaia di posti che nemmeno gli iscritti in GAE sono riusciti a coprire per esaurimento di graduatorie. Sono stati coperti soltanto 18.254 posti, costringendo l’Amministrazione scolastica ad attivare 66.654 supplenze annuali sui posti rimasti vacanti”.

E non è finita qui, perché “a queste supplenze se ne sono aggiunte altre fino al termine delle attività didattiche (30 giugno) per circa 70 mila posti di sostegno in deroga e per altre migliaia su posti disponibili in organico di fatto, soprattutto per spezzoni di cattedra”. In conclusione, “se l’anno scolastico 2020-21 ha fatto segnare un record negativo di precariato nella scuola (stimabile intorno al 25%), quello che si prospetta per l’anno prossimo segnerà un nuovo record negativo, in particolare nelle scuole settentrionali dove ai numerosi posti e cattedre già vacanti e non coperti nel settembre scorso, andranno ad aggiungersi i vuoti per nuovi pensionamenti (più di 4.700 nella sola Lombardia)”.

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LA PROPOSTA ANIEF

Secondo l’Anief diventa vitale, per il bene della scuola e dei suoi discenti, riattivare con urgenza il doppio canale di reclutamento, come è già accaduto nel 2008 e nel 2012 per volontà del Parlamento. Alle scuole serve più che mai l’apertura delle GaE e la trasformazione dei concorsi in procedure utili a stilare delle graduatorie a scorrimento, da utilizzare ogni anno per assumere tutti i precari, anche a seguito di corsi abilitanti e sul sostegno aperti a tutti, pure a distanza. Marcello Pacifico, presidente nazionale dell’Anief, “avere aggirato per oltre vent’anni le direttive europee contro l’abuso delle supplenze, avere ignorato storiche sentenze sullo stesso tema emesse dalla nostra Cassazione italiana e dalla Corte Costituzionale, significa avere abbandonato la causa della Conoscenza e migliaia di lavoratori precari, collocati tra i docenti e tra gli Ata, come dipendenti dell’Università, dell’Afam, degli Enti di Ricerca e di tutta la PA”.

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Dalle assemblee della Gilda delusione per la Dad: “Impegno maggiore, ma misconosciuto”

Grande partecipazione alle assemblee telematiche promosse lo scorso venerdì dalla Gilda degli Insegnanti e che si sono svolte in contemporanea in tutta Italia: oltre 13mila gli insegnanti collegati online per ascoltare le relazioni dei dirigenti nazionali che hanno puntato i riflettori su numerosi temi: situazione politico sindacale, protocollo di sicurezza, didattica digitale integrata, legge di Bilancio, lavoratori fragili, concorsi e supplenze.

Dalle centinaia di interventi da parte dei docenti è emerso un generale stato di confusione e preoccupazione che regna nelle scuole rispetto alla mancanza di sicurezza, elemento ritenuto da tutti imprescindibile per la didattica in presenza ma che non viene garantito soprattutto a causa dell’assenza di coordinamento tra i ministeri dell’Istruzione, dei Trasporti e della Sanità e anche con gli enti locali.

Rino di Meglio
Il coordinatore della Gilda degli Insegnanti Rino Di Meglio

Tutti i partecipanti si sono dimostrati concordi nel ritenere che la didattica a distanza, nonostante non possa supplire a quella in presenza, richieda una fatica superiore a quella delle lezioni tradizionali e trovano avvilente, dunque, che il loro impegno sia misconosciuto da parte di chi, invece, ha addirittura parlato di recupero del tempo perso.

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Dal congresso CESI un impegno per rivedere le regole dello smart-working, anche per la scuola

Durante il Congresso Cesi, la Confederazione Cisal-Confedir ha presentato una mozione con cui andare a rivedere le regole su organizzazione e rapporto di lavoro al tempo del Covid19. Regole che poggiano su tre atti: diritto alla salute, all’istruzione e alla mobilità del personale. Tutti atti presenti nella Carta europea dei diritti fondamentali dell’uomo. A ricordarlo è stato Marcello Pacifico, vicepresidente dell’accademia Europa della Cesi, durante un’intervista concessa all’agenzia Teleborsa, a margine dell’evento del Congresso che cade nel trentennale della fondazione dell’organismo a capo dei sindacati indipendenti, con oltre 5 milioni di dirigenti e lavoratori europei. Tra i progetti che secondo il sindacato vanno attuati c’è sicuramente la regolamentazione dello smart working, dopo che il lavoro ‘agile’ si sta imponendo non solo nella pubblica amministrazione, ma anche nel settore privato. Vanno riviste quindi quelle indicazioni che l’Europa aveva fornito anche sull’orario di lavoro, sulle sedi e sulla sicurezza, certamente partendo dalla Direttiva 88 del 2003. Ancora di più perché l’emergenza Covid-19 ha cambiato l’organizzazione dell’orario di lavoro e i rapporti di lavoro nel settore pubblico e privato al punto che risulta necessario proporre modifiche alla vigente legislazione comunitaria.

“Nel momento in cui il lavoro diventa sempre più ‘agile’ e svolto da casa – dice Pacifico – c’è ancora maggiore bisogno dell’azione del sindacato, che connetta non solo i lavoratori ma anche i vari sindacati europei, quindi l’elaborazione di una piattaforma per fare in modo che questo lavoro a distanza non vada a penalizzare i dipendenti. Sono questi gli atti fondamentali della mozione con cui abbiamo impegnato la Cesi: considerato che la mozione è stata approvata, continueremo quindi anche in Europa con quella battaglia che in Italia portiamo avanti come Anief e Udir per i dipendenti della scuola, quali sono i docenti, gli amministrativi e i dirigenti scolastici. Assieme sempre alla Cesi”.

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Allerta meteo e didattica a distanza, Anief spiega i motivi del no

Sulla polemica esplosa in Campania sulla questione maltempo – DAD interviene l’Anief. Carte alla mano, il sindacato prova a spiegare le motivazioni che hanno portato i docenti a rifiutare di fare lezione se la causa dell’impossibilità di andare a scuola è dettata da situazioni emergenziali che non siano la pandemia da Covid-19.

Ricordiamo cosa è accaduto: a ridosso della riapertura delle Scuole il sindaco di Napoli Luigi de Magistris e altri suoi pari hanno ordinato la chiusura delle stesse per un’allerta meteo diramata dalla Protezione Civile della Regione Campania. La DAD però non è stata attivata.

“Per tutte quelle situazioni emergenziali che non siano l’emergenza pandemica – spiega Anief – appare evidente che non si possa applicare il CCNI sulla DDI che è, sia nelle premesse, sia per espresso disposto normativo, applicabile solo in relazione all’emergenza sanitaria da Covid-19 in corso”. L’Ipotesi di Contratto Collettivo Nazionale Integrativo sottoscritto da Anief, CGIL e Cisl, infatti, espressamente prevede “le modalità e i criteri sulla base dei quali erogare le prestazioni lavorative e gli adempimenti connessi resi dal personale docente del comparto “Istruzione e ricerca”, nella modalità a distanza, fino al perdurare dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020, dovuto al diffondersi del virus COVID-19” e lo stesso art. 1 dell’ipotesi di CCNI sulla DDI sottoscritta, chiarisce che “Fino al perdurare dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri, dovuto al diffondersi del virus COVID-19, l’attività didattica sarà effettuata a distanza attraverso la modalità di didattica digitale integrata”, dunque non è possibile ricorrere, in ogni caso che esuli completamente dall’emergenza sanitaria, alla DDI.

“Il rapporto di lavoro del personale della scuola – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – è di natura civilistica ed è soggetto al principio giuridico di cui all’art. 1256 del Codice civile: ‘L’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile” e questo è il caso di chiusura delle scuole per maltempo o gravi calamità naturali. Le assenze del personale docente e ATA, in questi casi, non solo non devono essere giustificate, ma a esse non si può applicare alcuna decurtazione economica o recupero della prestazione mancata e l’anno scolastico resta comunque valido’. La Nota Miur n. 1000/2012, infatti, ha già chiarito che in caso di “eventi imprevedibili e straordinari (ad esempio gravi calamità naturali, eccezionali eventi atmosferici) che inducano i Sindaci ad adottare ordinanze di chiusura delle sedi scolastiche […] è fatta comunque salva la validità dell’anno scolastico, anche se le cause di forza maggiore, consistenti in eventi non prevedibili e non programmabili, abbiano comportato, in concreto, la discesa dei giorni di lezione al di sotto del limite dei 200, per effetto delle ordinanze sindacali di chiusura delle scuole”.