Mentre l’introduzione dell’Educazione Civica, già obbligatoria per legge, e i suoi tempi restano parte dolente di una discussione istituzionale e politica avviata ormai da tempo, chi si occupa di libri scolastici è già pronto per offrire le migliori soluzioni didattiche per i nostri ragazzi di scuola primaria.
Il rinvio dell’introduzione è stato necessario perché, nel caos che vive la scuola in questa fase di rinnovo e cambiamento, trovare una soluzione per garantire l’insegnamento obbligatorio di Educazione Civica è complesso. Ma la macchina degli editori si è già messa in moto producendo volumi di importante spessore e di interesse pedagogico elevato. Come, si veda Gruppo Raffaello, questo volume anche economicamente vantaggioso che è Cittadino 10 e lode. Un pratico volume per conoscere la Costituzione italiana e per crescere rispettando le persone, l’ambiente e le regole della convivenza civile, che spiega ai piccolissimi con un linguaggio semplice e diretto: diritti e doveri dei cittadini, ordinamento dello Stato, parità di genere, rispetto dell’ambiente, educazione alimentare e ha inoltre importanti accenni all’Agenda 2030 dettata dalle Nazioni Unite per lo Sviluppo Sostenibile.
È online il bando per la
presentazione delle domande di partecipazione alla seconda edizione di
FS Mobility Academy, il percorso di formazione gratuito nato dalla cooperazione
tra FS Italiane S.p.A. e l’Università degli Studi di Napoli Federico II.
Dopo il successo della prima
edizione terminata con il 100% di allievi occupati a tempo
indeterminato entro i 30 giorni dalla chiusura della fase di formazione, sono
aperte le selezioni per il nuovo percorso.
Il bando di selezione è aperto a laureati
magistrali/specialistici di numerose classi di laurea in ingegneria ed economia.
Il corso di alta formazione è mirato a formare competenze specialistiche sulla
mobilità ed il trasporto integrato e multimodale di persone e merci. La seconda
edizione rivolge particolare attenzione ai temi della innovazione tecnologica e
della sostenibilità dei trasporti. La didattica è orientata ad un approccio
innovativo e fondato su tecniche di apprendimento attivo ed esperienziale. Il
corso prevede 320 ore tra lezioni frontali, seminari e visite tecniche ad
impianti, 480 ore di laboratori di sperimentazione e 450 ore di project work
presso le aziende del Gruppo FS.
Il percorso formativo si terrà da marzo a novembre 2020. Le fasi
didattiche che precedono i project work in azienda si svolgono nel Polo Universitario della Federico II di San
Giovanni a Teduccio, nel centro del sistema delle Academy federiciane.
Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) e il Dipartimento per le Politiche Europee della Presidenza del Consiglio dei Ministri lanciano il concorso nazionale “Comunica l’Europa che vorresti”, rivolto agli studenti delle scuole secondarie di secondo grado.
L’iniziativa intende stimolare un approfondimento e la condivisione dell’idea di Unione Europea, per analizzare in maniera propositiva il suo presente e il suo futuro, nonché individuare una modalità efficace di comunicare tali riflessioni.
Gli studenti sono chiamati a elaborare un video della durata massima di 3 minuti, da realizzare con smartphone, videocamera o con il software di video editing ritenuto più appropriato, che comunichi in modo emozionale, creativo e coinvolgente una visione dell’UE di chi è “nato europeo” e desidera illustrare ai suoi coetanei la propria idea di Europa.
Il video dovrà essere inviato entro il 30 marzo 2020 secondo le modalità indicate nel bando del concorso, dove sono anche segnalati i materiali di approfondimento da consultare.
I lavori presentati saranno valutati da una Commissione esaminatrice che selezionerà i migliori tre video prodotti. Le classi vincitrici saranno premiate con una visita alle istituzioni europee a Bruxelles, organizzata dal Dipartimento per le Politiche Europee e dal MIUR, in collaborazione con gli Uffici del Parlamento europeo e della Commissione europea.
Si intravede uno squarcio di luce per gli stipendi dei dipendenti, in particolare per quelli della scuola che percepiscono tra i redditi più bassi sia rispetto ai colleghi d’oltreconfine sia all’interno del comparto pubblico: i tecnici del Mef starebbero lavorando al decreto attuativo per il taglio del cuneo fiscale, con possibili estensioni dei beneficiari dagli attuali 26.600 euro fino a coloro che percepiscono redditi superiori a 35 mila euro e forse anche di più. Per fine settimana potrebbe già esserci l’incontro con i sindacati.
L’operazione del taglio del cuneo fiscale potrebbe stavolta riguardare molti più lavoratori rispetto alla platea ristretta prevista durante il Governo Renzi.
VIA I PALETTI
Secondo le anticipazioni del Sole 24 Ore, è possibile che venga
estesa anche ai lavoratori con redditi superiori a 35 mila euro, quindi si
estenderebbe di molto l’attuale platea di beneficiari del bonus oggi ridotta a
coloro che percepiscono 26.600 euro l’anno. “Questo per far sì che non vengano
messi paletti troppo rigidi a chi guadagna un po’ più della soglia al momento
prevista”, commenta la rivista Orizzonte
Scuola, particolarmente interessata all’eventuale provvedimento governativo
poiché ne beneficerebbero quasi tutti i lavoratori della scuola, escludendo probabilmente
solo parte dei dirigenti scolastici.
ALTRE NOVITÀ IN ARRIVO
Un’altra novità dal cuneo fiscale potrebbe esserci per coloro che già
percepiscono il bonus Renzi, cioè circa 9 milioni di lavoratori che guadagnano
tra gli 8.200 euro e i 26.600 euro: con le risorse stanziate in Legge di
Bilancio potrebbero esserci ulteriori 20 euro al mese, oltre agli 80 di bonus.
I tempi di attuazione del progetto sarebbero stretti: per fine settimana è
previsto l’incontro tra sindacati e Governo. Entro fine mese dovrebbe essere
pubblicato il provvedimento.
LA POSIZIONE DEL SINDACATO
Il sindacato Anief reputa sostanzialmente in modo positivo il taglio del
cuneo fiscale, con il cosiddetto bonus Renzi da 80 euro netti da estendere
anche a lavoratori che guadagnano oltre i 35 mila euro. Accogliamo con
soddisfazione l’ipotesi al vaglio dell’esecutivo. Tuttavia, è ovvio che, almeno
per i pubblici dipendenti, ad iniziare da quelli della scuola che guadagnano
meno di tutti rispetto all’area Ocde, si tratterebbe solo di una parte degli
incrementi stipendiali.
IL PARERE DEL PRESIDENTE
“Nel Def dei prossimi mesi – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale
Anief – bisognerebbe prevedere altri 4 miliardi, che corrispondono ad aumenti medi
netti mensili di 240 euro. Solo a quel punto – superata con slancio la
proposta attuale di fermarsi ai 70
euro di incrementi mensili già finanziati – potremmo dire che le buste
paga di un milione e 300 mila insegnanti, amministrativi dell’istruzione,
università e ricerca saranno finalmente riallineate al costo della vita, in
particolare all’inflazione registrata dal 2008, e orientare nella scuola gli
stipendi alla media UE, rispetto alla quale si continua a registrare un gap
notevole, perché a fine carriera c’è un disavanzo di mille
euro medi in meno al mese”.
“Il nuovo anticipo pensionistico su cui starebbe lavorando il Governo è una
polpetta avvelenata, perché rispetto a Quota 100 contiene una doppia grave
penalizzazione: innalza da 62 anni a 64 anni la soglia minima d’accesso e
riduce fortemente l’assegno di quiescenza, poiché ricalcolato esclusivamente
con il sistema contributivo”: è questa la risposta di Marcello Pacifico,
presidente nazionale Anief, alla volontà dell’esecutivo di introdurre una sorta
di “Quota
102“.
L’ipotesi su cui si sta lavorando è quella di introdurre una nuova età
anagrafica minima a 64 anni, anziché i 62 attuali. Si starebbe anche ragionando
su un ricalcolo per intero delle pensioni future con l’esclusivo sistema di
calcolo contributivo, quindi totalmente in base ai contributi versati dal
lavoratore tagliando così fuori tutti coloro che hanno diversi lustri da farsi
considerare con il sistema retributivo più conveniente.
“Riteniamo la proposta offensiva per i lavoratori italiani – commenta il
presidente del sindacato autonomo Anief – perché si sta semplicemente tentando
di poterli mandare in pensione sempre più tardi e con assegni quasi dimezzati
rispetto a chi ha lasciato l’attività lavorativa solo pochi anni fa. Invece di
agire legislativamente sulla riforma Fornero, si stanno strategicamente
escogitando dei modelli di anticipo irricevibili: un lavoratore con oltre 35
anni di contributi ha pieno diritto di andare in pensione, senza essere per
questo vessato da norme inique. L’assegno di coscienza non deve prevedere
ricalcoli perdere e i gli attuali 62 anni minimi di ‘Quota 100’ non vanno
toccati”.
“È bene anche – continua il sindacalista autonomo – che la Commissione
tecnica sulla previdenza, che secondo la Legge di Bilancio 2020 si dovrà
costituire entro fine mese per rivedere i lavori gravosi oggi limitati a 11, allarghi al più
presto le categorie da considerare come tali. Prevedendo come gravoso anche
l’insegnamento a tutti i livelli, non solo quello della scuola dell’Infanzia,
come del resto indicato più recenti indagini scientifiche sullo stress da
lavoro correlato, partendo dal fatto che stiamo parlando di una professione
particolarmente incline a determinare stress e burnout,
oltre il fatto che in Italia abbiamo personale
docente più vecchio al mondo. Chi insegna in Italia dovrebbe andare in
pensione a 58 anni e con l’80 per cento dell’ultimo stipendio, con una
tassazione agevolata al 20% come in Germania dove però a fine carriera si
guadagna persino il doppio”.
“Una lettera di un ministro non vuol dire che le dimissioni debbano essere accettate, per me era anche un modo per dire ‘faccio sul serio, sono serio su questa cosa’: anche nella speranza che il Governo si ricredesse. Evidentemente non è stato così”. Hanno quasi del paradossale le parole dell’ormai ex Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Lorenzo Fioramonti.
Lo racconta durante la trasmissione di Lucia Annunziata “Mezz’ora in più” della scorsa domenica. “Le mie dimissioni – spiega – nascono da lontano. Io già da viceministro del governo Conte I, nella primavera del 2019, avevo indicato chiaramente che bisognava fare uno sforzo importante per l’università e la ricerca: a suo tempo io ero viceministro con quella delega. Creato il Conte II, diventato ministro, ho preso questa cosa ancora più seriamente. Servivano più risorse e almeno 2 miliardi per la scuola”.
Da qui la sua volontà di dare un segnale forte. Ma evidentemente frainteso dall’Esecutivo a cui apparteneva fino allo scorso dicembre.
Attualmente, Fioramonti è un ex-M5S passato al Gruppo Misto in Parlamento.
Il nuovo Ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina non ha fatto nemmeno in tempo ad insediarsi che è finita sotto il fuoco incrociato dell’opposizione, messa nel mirino direttamente dall’ex alleato di Governo del M5S Matteo Salvini che con una dichiarazione al vetriolo afferma: “Non ha diritto a fare lezioni” e “fare peggio del ministro Fioramonti sembrava impossibile. E invece Azzolina ci stupisce: si vergogni e vada a casa”.
Segue il suo leader tutta la Lega che chiede le dimissioni del neo-ministro da una manciata d’ore. La replica di Azzolina arriva direttamente da Auschwitz, dove la responsabile del Dicasterto dell’Istruzione accompagna la delegazione italiana nelle celebrazioni del “Viaggio della Memoria”. “Non fatevi prendere in giro – spiega -, non é né una tesi di laurea, né un plagio. Ho sentito tantissime sciocchezze in queste ore, d’altra parte non mi stupisce che Salvini non sappia distinguere una tesi di laurea da una relazione di fine tirocinio Ssis (scuola di specializzazione all’insegnamento secondario). Non ha mai studiato in vita sua e sarebbe strano se le distinguesse”.
“L’unica cosa che mi dispiace – aggiunge – è parlare qui dal viaggio della memoria ad Auschwitz. D’altra parte l’anno scorso il ministro leghista Bussetti non si è presentato, e a maggior ragione era importante che io fossi qui oggi”.
Sul sostegno a 280 mila alunni disabili, si sta realizzando quello che l’Anief sostiene da anni: sebbene sia conclamato l’aumento esponenziale dei posti vacanti, con otto posti su dieci assegnati a supplenti senza titolo, le istituzioni continuano ad affrontare l’enorme problema con provvedimenti minimali ed errati. I numeri del disastro sono stati pubblicati in queste ore dal quotidianoRepubblica: “Nel 2015/2016 – scrive la testata romana – la quota di insegnanti di sostegno a tempo determinato ammontava al 29%, due anni dopo saliva al 43% e quest’anno siamo a quota 48% (77.705 su 163.344, secondo i dati forniti dall’Ufficio statistica del Miur): quasi uno su due. Al Nord la situazione è ormai insostenibile. Con quasi 24 mila supplenti in servizio, la quota di precari sale addirittura al 62%. Piemonte, Lombardia e Toscana si va addirittura oltre. A Torino a dintorni, su cento insegnanti di sostegno 69 sono precari. E anche nelle regioni dell’Italia centrale siamo oltre la metà dell’intera pianta organica: il precariato è del 52%”.
Il problema è che il ministero dell’istruzione, invece di affrontare l’emergenza presente nei territori più in difficoltà, di recente, nell’organizzare l’ultimo bando di specializzazione dei docenti, il IV Tfa, è stato addirittura capace di penalizzarli: in quell’occasione, come denunciato dall’Anief, i 14.224 posti utili a specializzarsi come docente di sostegno, autorizzati con il decreto n. 92/2019, furono gestiti facendo prevalere l’offerta degli atenei rispetto alle esigenze derivanti dai posti vacanti e quindi dalla necessità di produrre un maggior numero di insegnanti specializzati in determinati territori, come prevede la legge.
LE DISCREPANZE TERRITORIALI DELL’ULTIMO CORSO DI SPECIALIZZAZIONE
L’esempio del Piemonte è eclatante: dal dicastero di viale Trastevere arrivò l’incredibile autorizzazione per specializzare appena 200 docenti, di cui solo 15 nella scuola dell’infanzia, peraltro tutti concentrati nell’Università di Torino. Eppure, in provincia di Torino, nello stesso anno scolastico sul sostegno sono state assegnate circa 3 mila supplenze, quasi tutte affidate a insegnanti non specializzati e senza titolo sulla didattica speciale. E oggi la situazione è peggiorata, visto che due cattedre su tre di sostegno vanno ai precari.
I numeri fortemente insufficienti di posti assegnati, sempre in occasione dell’ultimo ciclo di Tfa sostegno, hanno riguardato anche altre regioni: solo 110 poste furono accordarti al Trentino, solo 260 in Liguriae 320 in Emilia Romagna. Pure le regioni meridionali sono stati penalizzate: scorrendo la “tabella riassuntiva dell’offerta formativa dell’ultimo corso di specializzazione sul sostegno”, ha destato scalpore la quota assegnata alla provincia di Palermo, dove nella scuola secondaria, a fronte di complessivi 2.350 posti liberi, tra vacanti e in deroga, il Miur non ha attivato alcun corso. Stesso trattamento è stato riservato ad altre province sparse per l’Italia. Questo comportamento fa ancora più scalpore, perché proprio in Sicilia Anief aveva ottenuto, con la sentenza del Tar 140/19, l’annullamento della circolare degli organici dell’Ufficio scolastico regionale per palese violazione delle effettive esigenze dei 24 mila alunni con disabilità certificata.
GLI ALTRI ERRORI COMMESSI
È chiaro che nell’assegnazione dei posti il Miur ha tenuto conto solo dell’offerta formativa delle Università e non delle necessità pratiche derivanti dalle mancate coperture dei posti dei vari territori, peraltro anche sottostimate per via della presenza dell’organico di fatto il luogo di quello di diritto. A conferma di questo, basterebbe andare a vedere le graduatorie di merito, derivanti dai concorsi pubblici, e le graduatorie ad esaurimento prive di candidati in molte regioni, nonché il numero delle supplenze, per comprendere l’irragionevole distribuzione dei posti. All’insufficienza dei posti di sostegno messi a bando per i docenti da specializzare, poco più di 40.000 in tre anni, si è così aggiunto un altro problema. Così le scelte errate del ministero, nello specializzare i propri insegnanti, non hanno fatto altro che peggiorare la situazione, con una continuità didattica sempre più deficitaria e le dirigenze scolastiche costrette a reperire insegnanti anche tre mesi dopo l’inizio dell’anno scolastico.
Senza dimenticare l’assurda realizzazione delle prove di accesso agli stessi corsi del IV Tfa sostegno. Dopo avere adottato una soglia “mobile” per la preselettiva, costringendo il sindacato a ricorrere in tribunale per fare ammettere tutti coloro che hanno raggiunto almeno la sufficienza, organizzato in modo maldestro i test, con tanto di prove annullate in tre atenei, nel D.M. n. 92/2019 è stato previsto che candidati ammessi allo scritto avrebbero dovuto raggiungere la soglia 21/30 per passare allo step successivo, la prova orale, andando così oltre la sufficienza considerata invece utile in tutti i concorsi pubblici. Una decisione senza senso, che ha portato a respingere candidati che avevano fatto conseguire nel test accesso di accesso il punteggio di 27/30 ed invece ammettere chi, negli atenei con pochi candidati, ha risposto ai test solo per onore di firma.
IL PROSSIMO CORSO SPECIALIZZANTE
A seguito di quanto accaduto con l’ultima tornata di specializzazione, Anief chiede preventivamente ai nuovi ministri, Lucia Azzolina e Gaetano Manfredi, di non cadere negli stessi errori, nell’attivazione del V ciclo di specializzazione dal quale dovranno uscire oltre 20 mila docenti, ammessi solo se in possesso dell’abilitazione all’insegnamento oppure della laurea comprendente 24 CFU universitari, di intervenire tempestivamente, perché lo scorso mese invece di comunicare alle università il numero dei posti disponibili, in base ai quali attivare i corsi specializzanti, dal Miur ancora una volta è stato chiesto agli atenei di indicare il numero massimo di studenti che potrebbero frequentare i corsi.
IL PRESIDENTE ANIEF METTE LE MANI AVANTI
“Con questi presupposti, abbiamo timore – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – che ad essere prevalenti nel V ciclo dei corsi di specializzazione di sostegno siano anche stavolta le disponibilità degli atenei e non i posti effettivamente da coprire a livello territoriale. Quello che va evitato è che vi siano delle province senza particolari esigenze a cui venga assegnato un numero maxi di posti, mentre laddove vi sono diverse migliaia di posti vacanti e di aspiranti siano invece pochissimi i posti messi a bando. L’Anief si è opposta in tribunale, con il primo atto favorevole dopo avere presentato ricorso”.
“Anche stavolta, se il grave errore dovesse ripetersi, Anief non starà a guardare. Considerando poi l’eccezionale numero di cattedre libere, rimaniamo dell’idea che bisogna avere il coraggio di permettere a tutti di conseguire la specializzazione su sostegno, senza numero programmato, a partire proprio da quei precari che si sono ritrovati a fare i supplenti senza titolo. Contemporaneamente, riteniamo irresponsabile da parte del governo il voler affrontare la questione con provvedimenti di facciata, come l’ultimo inserito nella Legge di Bilancio 2020, con la quale, in presenza di oltre 60.000 posti vacanti, ci si è limitati a trasformare in organico di diritto appena un migliaio di cattedre, in base alle sentenze passate in giudicato, molte delle quali ottenute, peraltro, dai legali Anief. Tutto questo si aggiunge alla mancata assegnazione delle ore di sostegno settimanale sulla base delle indicazioni presenti nei Programmi educativi individualizzati, ignorando la Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 25101, ha spiegato che non è possibile fare modifiche quando il Pei dello studente disabile è stato stabilito”, conclude Pacifico. Replicare gli errori commessi dall’ex ministro Marco Bussetti non farà altro che alimentare la pratica del ricorso in tribunale, per colpa di uno Stato sempre più in confusione di fronte alle esigenze dei suoi alunni più bisognosi. Una situazione che ha costretto l’Anief a riavviare l’iniziativa gratuita ‘Sostegno, non un’ora in meno!’, proprio per far rispettare le ore di sostegno indicate nella diagnosi funzionali di ogni allievo.
Le segreterie nazionali di FLC CGIL, CISL FSUR, UIL Scuola RUA, SNALS Confsal e Federazione GILDA-Unams, riunite congiuntamente, esprimono forte preoccupazione riguardo alla procedura e ai tempi con cui si sta realizzando il passaggio di testimone alla guida del Ministero dell’Istruzione.
In un telegramma inviato al presidente del Consiglio e ministro ad interim del MIUR, Giuseppe Conte, hanno chiesto un incontro urgente per l’attivazione dei tavoli previsti dagli accordi sia pure in attesa del giuramento dei nuovi ministri.
I segretari generali dei cinque sindacati, nel fare il punto della situazione alla luce del cambio al vertice di viale Trastevere e degli impegni presi dall’ex titolare del MIUR, denunciano la gravità del ritardo che sta incidendo in termini negativi sulle procedure attuative degli accordi sottoscritti tra il Governo e le organizzazioni sindacali, intese che hanno determinato la sospensione delle iniziative decise nell’ambito dello stato di agitazione.
L’attività di confronto può essere attivata, a parere dei sindacati, anche nelle more dell’avvicendamento al vertice del Dicastero, per il rispetto degli impegni e dei tempi di attuazione degli accordo sottoscritti.
La scuola – affermano i sindacati – non può essere messa in stand-by: è la politica che deve rispettare i tempi della scuola e non viceversa. Il ritardo che sta subendo l’iter dei bandi del concorso ordinario e di quello straordinario, che meritano insieme alle procedure di abilitazione un approfondito confronto di merito, rischia di far slittare la stabilizzazione dei precari e far partire il prossimo anno scolastico con un numero di cattedre scoperte ancora più alto.
È urgente che il Governo si faccia carico concretamente del fenomeno del precariato nella scuola, che sta assumendo dimensioni sempre più allarmanti: mortifica migliaia di insegnanti, mina la continuità didattica e pregiudica il diritto all’istruzione di studentesse e studenti.
Fondamentale, inoltre, accelerare anche la procedura per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro, reperendo le risorse economiche necessarie per colmare il divario tra le retribuzioni del personale del comparto Istruzione e Ricerca e quelle del resto del pubblico impiego, con l’obiettivo strategico di allineare gli stipendi di tutto il personale, a partire dai docenti, a quelli dei loro colleghi europei.
I segretari generali dei cinque sindacati più rappresentativi del comparto si dicono pronti, in mancanza di risposte concrete sui temi sopra enunciati come sul concorso riservato ai facenti funzione di DSGA e in mancanza della convocazione immediata dei tavoli previsti dagli accordi, a riprendere le iniziative di mobilitazione di tutto il personale.
Lo comunicano le sigle sindacali unite in una nota.
Gli allarmi si chiamano supplentite e precariato. Problemi che non s’arrestano, anzi. Il 2020, per Anief, sarà un ennesimo anno in cui contrastare queste emergenze.
“Noi preghiamo il presidente del Consiglio – sottolinea Pacifico – che
ha l’interim in di questo momento, e i futuri ministri Azzolina e Manfredi, di intervenire
subito con soluzioni tampone, che non possono essere diverse da quelle
indicate da Anief. La prima cosa importante per il personale docente è consentire
il reclutamento dalle graduatorie d’istituto: non si possono aspettare
due o tre anni e avere quasi 300 mila supplenti in attesa dei nuovi concorsi,
se anche i concorsi si dovessero fare nel minor tempo possibile servirà oltre
un anno e mezzo. C’è la possibilità entro giugno di
consentire alle graduatorie d’istituto provinciali di dare
supplenze annuali o fino al termine delle attività, ma
anche scorrerle nel momento in cui sono esaurite le
graduatorie ad esaurimento. In questo modo andremo a decurtare
subito tutti i precari di seconda e terza fascia e andremo
finalmente a diminuire quella supplentite che
caratterizza la scuola italiana”.
L’auspicio è passare presto a una fase operativa, con la riapertura dei
tavoli al Miur, anche se servirà ancora un po’ di tempo. “Il problema del
precariato – osserva il leader del giovane sindacato rappresentativo – non è
stato risolto. L’Anief lo ha denunciato durante lo sciopero del 12 novembre,
durante le audizioni parlamentari, all’opinione pubblica e attraverso la
stampa. Il problema del precariato è veramente grande, molto probabilmente ci
vorranno ancora diversi giorni prima che si possa di nuovo riaprire
tutti i tavoli al Ministero, visto lo spacchettamento tra
Ministero dell’Istruzione e Ministero dell’Università e Ricerca”.
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