La didattica mista, con studenti a metà tra aula e casa, era da considerarsi “solo una proposta” rivolta principalmente agli “studenti più grandi”. Lo afferma Lucia Azzolina, ministro dell’Istruzione, dopo che l’ipotesi era circolate e criticata nelle scorse ore da parte di alcuni sindacati, dalle opposizioni ma anche da alcuni esponenti della maggioranza.
La querelle è entrata nel vivo dopo l’intervento delle scorse ore della responsabile del Dicastero all’Istruzione in tv, a Sky. La trasmissione ha provocato una serie di reazioni e spinto la Ministra a un lungo post di chiarimento su Facebook.
Ieri hanno fatto discutere alcune mie proposte per la riapertura di cui ho parlato in tv. Non sono decisioni già prese o imposte, sono elementi di dibattito, basati sul lavoro che stiamo portando avanti con il Comitato di esperti che sta collaborando con il Ministero per la ripresa delle attività e il Comitato tecnico scientifico che supporta il Governo dall’inizio dell’emergenza. Di questo ho parlato ieri, di proposte. Le critiche sono sempre utili, basta che non siano pretestuose.
Certo, ci sarebbe piaciuto poter riaprire tutto e farlo subito. Il Presidente del Consiglio Conte, io stessa, gli altri Ministri avremmo potuto inseguire un facile consenso, cavalcando il malcontento di una popolazione comprensibilmente esausta. Ma abbiamo giurato sulla Costituzione di fare l’interesse del Paese, non di curare il tornaconto personale. La salute dei cittadini viene prima di ogni cosa. Di questo siamo convinti.
In merito alle possibili ipotesi per la ripartenza della scuola, Anief ritiene che vi siano diversi punti, enunciati dalla ministra dell’Istruzione, su cui il Governo farebbe bene a cambiare direzione. E l’occasione per farlo c’è ancora, visto che da martedì in commissione Cultura al Senato entrerà nel vivo la verifica degli emendamenti, alcune decine dei quali presentati da Anief, al testo del Decreto Legge n. 22 sulla scuola.
A proposito del rientro in classe a settembre, Anief conferma la sua
linea contraria alla didattica “mista”: il gruppo-classe deve rimanere
unito, svolgendo attività formativa nella sua interezza. Anche perché
perdurando la didattica a distanza, si continuerebbero a danneggiare i tanti
alunni estromesso a causa del problema
del digital
divide. Allora, se proprio non sarà possibile
ospitare nelle aule tutto il gruppo di studenti iscritti, l’unica soluzione
possibile rimane quella di partire da subito con classi riformulate da non
oltre 15 alunni, come ha
chiesto il giovane sindacato ai senatori della VII commissione. Ma anche
come ha da tempo professato e tentato di fare approvare, con un disegno di
legge, la stessa ministra Lucia Azzolina, ferma sostenitricedelle
classi con numeri contenuti di alunni e della necessità di cancellare le classi
pollaio.
Sulla necessità di dare una risposta a tanti cittadini con bambini piccoli che domani torneranno a lavorare, il sindacato ritiene che sia doveroso che il Governo si faccia carico del problema, ma dovrà trovare comunque una soluzione che permetta di non mettere a repentaglio la salute dei bambini e degli educatori che provvederanno ad accoglierli: accelerare il rientro, in condizioni di mancata sicurezza per continuare a prevenire il contagio del Coronavirus, rischia di vanificare la tendenza al ribasso della curva di contagio e quanto di buono fatto oggi in tantissime regioni e province, dove il numero di contagiati risulta lieve.
Una posizione simile riguarda anche l’esame di maturità che il ministero
dell’Istruzione vorrebbe fare in presenza: perché si deve forzatamente
allestire il colloquio dell’Esame di Stato a scuola, dal momento che
abbiamo la possibilità si svolgerlo in modalità telematica, come avviene
sistematicamente da anni per le università, non solo online, e anche per le
sedute di laurea che necessitano della presenza dei numerosi professori che
compongono le commissioni?
Necessita poi dei chiarimenti immediati, con convocazione immediata dei
sindacati, la sempre più possibile introduzione della didattica “mista” da
introdurre a settembre, perché a nostro avviso l’impegno lavorativo del
corpo insegnanti potrebbe subire un’ulteriore impennata, dopo che già
negli ultimi 60 giorni abbiamo assistito ad una maggiorazione del lavoro
preparatorio delle lezioni, nonché di verifica finale degli elaborati e di
tutoring individuale con modalità interattiva sincrona ed asincrona.
Come sarebbe il caso di convocare le organizzazioni sindacali per dirimere
una volta per tutte le polemiche sui concorsi: poiché è assodato che la strada
delle procedure ordinarie e straordinarie in atto porterà nella migliore delle
ipotesi a coprire a settembre solo una parte dei posti liberi nella scuola
secondaria, è evidente che bisogna introdurre delle procedure snelle,
senza prove, che incrementino la platea dei precari da stabilizzare.
“Come Anief – dice il suo presidente Marcello Pacifico – riteniamo che vi
sia ancora tutto il tempo possibile per organizzare una procedura concorsuale
che non comporti prove, peraltro inibite dallo stesso Governo per via
dell’emergenza Covid-19, ma si basi sulla valutazione dei titoli e dei servizi
svolti dal personale. In caso contrario, oltre a ritrovarci a settembre con una
quantità mai vista di supplenze da coprire, molte delle quali tramite Mad, lo
Stato dovrà anche fare i conti con un’ondata di ricorsi”.
Sul rientro in classe ognuno dice la sua. Ed in Parlamento si va oltre.
L’onorevole Luigi Gallo, presidente del M5S in Commissione Istruzione della
Camera, ha presentato un
ordine del giorno, che sembra possa contare sul sostegno di una parte della
maggioranza parlamentare, con il quale chiede il rientro a scuola prima di
settembre per gli alunni non raggiunti dalla didattica a distanza.
GALLO (M5S): NUOVA DIDATTICA
Inoltre, sempre il presidente della Commissione istruzione di Montecitorio in un’intervista a Fanpage ha detto che si sta lavorando “in Parlamento per un graduale ritorno alla presenza a scuola con un numero ridotto di studenti per aula per garantire la sicurezza dato il rischio di contagi da Covid-19.Sarà necessario un cambio di organizzazione, ad esempio, sugli orari e sugli spazi.La stessa didattica in presenza sarà strutturalmente accompagnata dalla didattica a distanza con studenti in aula e studenti in remoto”.
LARGO AL SISTEMA IBRIDO
Si agisce, in pratica, per realizzare un sistema ibrido, con le lezioni in
presenza, in aula, solo per una parte di alunni: si lavora, in conclusione, per
un’organizzazione didattica a “targhe alterne”, con le classi spezzettate in
sotto-gruppi. Anief ritiene che assegnare qualche decina di tablet nelle
scuole, in certi casi pure chiedendo incautamente onerose
cauzioni agli alunni non abbienti, attraverso degli stanziamenti nazionali,
come accaduto a marzo con gli 85 milioni di euro suddivisi poi per le 8.200
istituzioni scolastiche, possa essere la soluzione all’annoso problema.
IL COMMENTO DEL PRESIDENTE ANIEF
“La verità è che oggi su otto milioni di alunni, ben due milioni e mezzo non
detengono il computer fisso – ricorda Marcello Pacifico, presidente nazionale
Anief – e siccome la didattica online non si può svolgere con lo smartphone
è chiaro che servono dei device appropriati. Come è chiaro che
partecipare ad una lezione via internet, con il docente collegato da
piattaforma, non si limita ad avere a disposizione un computer o un tablet.
Servono telecamere, software, i soldi per la connessione ad Internet. Senza
dimenticare un minimo di competenze che, quando si tratta di alunni in
condizioni familiari sfavorevoli, oppure di giovani con sostegno, ma anche Dsa
e Bes, sono tutt’altro che scontate e facilmente trasmissibili”.
LA PROPOSTA DI DE LUCA
La soluzione al problema indicata dal giovane sindacato è stata accolta anche da alcuni ambienti politici. È di queste ore la richiesta scritta del governatore della Campania, Vincenzo De Luca, alla ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, sulle modalità di ripartenza per il prossimo anno scolastico. “Ho scritto al Ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina, – riporta la pagina ufficiale del Governatore Vincenzo De Luca – per chiedere che, nelle ipotesi al momento allo studio per la ripresa del prossimo anno scolastico, non vi sia la previsione di riduzione degli organici, ma esattamente il contrario, cioè un potenziamento delle docenze. L’impossibilità di consentire assembramenti che costituirebbero un pericolo per la salute pubblica, come più volte Lei ha sottolineato, comporta, come prima logica conseguenza quella di evitare le cosiddette “classi pollaio”. A maggior ragione nel caso in cui dovessero pervenire indicazioni nazionali che prevedessero una didattica in presenza da garantire anche attraverso un “dimezzamento” di alunni per classe e doppi turni. Sarebbe quindi necessario, un potenziamento degli organici”, ha saggiamente chiesto Vincenzo De Luca.
Il ritorno sui banchi in sicurezza è la vera incognita che pesa sul futuro
della scuola italiana e sulla sua riapertura: ma come saranno le classi del
futuro prossimo? Secondo delle indiscrezioni che leggiamo oggi su La
Repubblica il piano che sta prendendo “forma prevede di affrontare
prima la collocazione della fascia di alunni 3-14 anni, dall’infanzia alle
scuole medie, trattata come un blocco generazionale unico per la mancanza di
un’autonomia sufficiente sia per muoversi verso il proprio edificio scolastico
che per gestire eventuali lezioni a distanza; infatti sembrerebbe che task
force ministeriale”.
L’annuncio del premier Giuseppe Conte del rientro in classe a settembre ha aperto le porte alle ipotesi sulle modalità di didattica in presenza: “nei mesi di settembre-ottobre si potranno immaginare ore di Geografia, Scienze e Arte non solo in giardini (interni ed esterni all’istituto) e piazze delle nostre città, ma anche in musei e teatri non utilizzati la mattina. Questo comporterà un utilizzo più ricco di docenti abituati alla lezione frontale che si trasformerà, giocoforza, in un ampliamento del monte orario (oggi 18 ore per le superiori) che andrà pagato meglio (con una chiusura generosa del contratto, a cui stanno lavorando i sindacati)”.
Intanto, gli epidemiologi ci dicono che la pandemia ci accompagnerà ancora
per qualche tempo. Soprattutto a scuola, un luogo dove la diffusione del
Covid-19 può essere elevata: quella del distanziamento in classe diventa quindi
la soluzione migliore, se non l’unica, da adottare. Quindi, il ritorno in
classe si prospetta con meno banchi in aula, considerando una distanza minima
di quasi due metri su tutti i lati di ogni alunno. Stando così le cose, è una
ipotesi fattibile attuare il dimensionamento anche nelle 20 mila classi
pollaio, che non rappresentano di certo l’eccezione? La risposta è ovviamente
negativa.
“Il problema non sono le aule, ma il numero ridotto del personale – commenta
Andrea Messina, segretario generale Anief – e non saranno di
certo i
concorsi confermati ieri sera dal premier Giuseppe Conte a risolvere la
situazione. Ma ci siamo dimenticati che negli ultimi anni abbiamo perso più di
50 mila immissioni in ruolo a causa della non corrispondenza tra posti liberi e
docenti inseriti nelle graduatorie? Classi meno affollate equivale infatti a
più insegnanti. Ma necessariamente di ruolo, non supplenti, nominati non di
rado anche a ridosso di Natale e che cambiano continuamente scuole. I doppi
turni, metà in classe e metà sul web, sono soluzioni che non ci piacciono e che
di certo non vanno nello spirito dell’obiettivo 4 dell’agenda 2030; fornire
un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per
tutti significa garantire ora più che mai stessi mezzi per tutti e soprattutto
continuità didattica”.
Marcello Pacifico (Anief): “Se si prende come media una classe di sette metri per cinque, quindi da 35 metri, e va applicato il distanziamento di un metro e mezzo da ogni studente in tutte le direzioni, quindi anche da ogni uscita, si riesce a far stare non più di 16 alunni. Poi però c’è anche il docente, anzi possono essercene due o tre, considerando le eventuali compresenze e il sostegno agli alunni disabili, più l’assistente educativo culturale. Ecco perché al massimo possono esserci 15 allievi per classe, come abbiamo detto la settimana scorsa ai senatori della VII commissione di Palazzo Madama con un preciso emendamento al Decreto Legge sulla Scuola n. 22”.
La Ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina ha scritto una lettera indirizzata ai dirigenti scolastici, a tutti i docenti, al personale, alle famiglie e agli studenti, con riferimento alla tutela del diritto allo studio degli alunni con disabilità. Riportiamo il testo, pubblicato interamente sul sito del Miur.
Carissimi,
sento la necessità di tornare a rivolgermi a Voi su un tema delicato che coinvolge, in primo luogo, tutti noi direttamente, come persone di scuola, ciascuno nel proprio ruolo professionale di garante del diritto allo studio, ma che riguarda tutta la comunità. Mi riferisco al tema della didattica a distanza rivolta agli alunni con disabilità. Come tutti sapete, sono stata insegnante di sostegno e ho potuto constatare come, anche nelle circostanze più difficoltose da affrontare, la vera cifra dell’inclusione sia la risultante di moltissimi fattori: la costruzione della fiducia tra docenti, alunno e famiglia; la presenza e la disponibilità di mezzi e strumenti per una didattica personalizzata; una collaborazione leale e concreta tra tutti gli adulti cui gli alunni con disabilità sono affidati. Abbiamo lavorato al fine di garantire la soluzione dei primi problemi legati alla mancanza di connettività e di strumenti tecnologici adeguati, per mezzo di appositi provvedimenti economici che stanno progressivamente portando i primi frutti. Le scuole hanno iniziato infatti ad operare per procurarsi tali strumenti, al fine di metterli quanto prima a disposizione delle famiglie in difficoltà. Abbiamo inoltre mantenuto un contatto diretto con le principali Federazioni e Associazioni che rappresentano le persone con disabilità, con le quali intendiamo continuare a collaborare per migliorare – anche in questa emergenza – la qualità dell’inclusione scolastica. Come noto, ho insediato un comitato di esperti per studiare delle proposte che consentano di programmare in rientro a scuola in condizioni di sicurezza e serenità, per tutti. Il Coordinatore del comitato, prof. Patrizio Bianchi, avvierà nei prossimi giorni le interlocuzioni e le audizioni – che ritengo doverose – con tutti gli attori istituzionali che rappresentano le persone con disabilità. Dai nostri monitoraggi, dalle esperienze che molte famiglie ci hanno raccontato direttamente scrivendo al Ministero, dai social media, dalle Associazioni stesse, sono pervenute tante storie diverse, racconti di vita reale, stimoli fortissimi che hanno contribuito a formare un quadro variegato dell’inclusione scolastica in questo particolare momento. Pur certa e convinta che quanto si è fatto e si continuerà a fare per garantire l’inclusione nelle classi e nelle sezioni della scuola italiana sia il frutto del massimo impegno da parte di tutti i docenti e i dirigenti scolastici, sento l’esigenza di condividere con voi alcune riflessioni che nascono da questa fitta trama di testimonianze, poiché credo che possano contribuire a sanare alcuni disallineamenti riscontrabili nelle pratiche didattiche quotidiane e anche stimolare alla costruzione di strategie utili a recuperare quanto, in termini di socializzazione e didattica inclusiva ha, malgrado l’impegno di tutti, perso di efficacia. In tutte le scuole del sistema nazionale di istruzione è previsto che i docenti di sostegno siano garanti del diritto allo studio degli alunni loro affidati, ora più che mai, in un momento in cui la contitolarità formale sulla classe, prevista dalla norma, deve tradursi in un atteggiamento di inclusività che si sostanzi in contatti diretti con i bambini e i ragazzi, attraverso stimoli visivi, in maniera sincrona, sia per fini didattici che per fini più squisitamente relazionali e sociali. Nella didattica, in particolare, è opportuno che il docente di sostegno si affianchi alle attività di tutta la classe, in presenza dell’alunno con disabilità, non solo per facilitare e fornire feedback sui contenuti, per mediare con strumenti e metodologie individualizzati la trasmissione del sapere, ma anche per riportare l’attenzione dell’intero gruppo classe sulla possibilità di creare occasioni di rinnovata socializzazione in un ambiente condiviso, seppure virtuale. Il principio della contitolarità educativa sulla classe, e per tutti gli alunni, coinvolge direttamente anche i docenti curricolari, i quali dal canto loro sono chiamati a intervenire direttamente anche in attività didattiche inclusive “dedicate”, poiché rivestono il ruolo di adulti di riferimento di tutta la classe e il contatto con loro restituisce all’alunno con disabilità una prima misura di inclusione nel suo contesto di appartenenza. È evidente che il docente di sostegno ha la piena facoltà, nonché il dovere dettato da questa condizione di specialità che stiamo vivendo, di curvare e ricalibrare il PEI, coinvolgendo il dirigente scolastico e il consiglio di classe nelle scelte e informandone le famiglie, man mano che emerga la necessità di ripensare la didattica, i contenuti e le metodologie. E’ importante, in ogni caso, che le scelte siano compiute nella piena condivisione tra docenti, famiglie e alunni, nell’interesse esclusivo di questi ultimi. Ritengo che, mai come in questo caso, non sia importante la quantità bensì la qualità delle attività predisposte, delle relazioni attivate, delle valutazioni, le quali dovranno essere sempre coerenti con gli obiettivi e ben suffragate da solide basi di carattere metodologico. Ai dirigenti scolastici, già impegnati a tenere le redini di questa difficile situazione, direi quasi a mettere a sistema tutte le energie in gioco, equilibrandole con le insicurezze e le paure dei ragazzi e delle famiglie, chiedo lo sforzo ulteriore di garantire con celerità le operazioni finalizzate a coprire l’eventuale gap tecnologico di tutte le famiglie, in particolar modo di quelle degli alunni con disabilità, e di assumere ogni utile iniziativa volta a sollecitare e ad attivare interventi didattici a loro favore, ove ancora non fatto. Tutto il Governo ha lavorato e lavora perché nessuno resti indietro o si senta escluso. Mi sembra doveroso, in ultimo, richiamare l’attenzione sul fatto che già una norma di legge, recentemente varata tra i provvedimenti emergenziali, prevede che si possano coinvolgere gli assistenti educatori e alla comunicazione nel lavoro quotidiano di garanzia della didattica a distanza, in raccordo con gli enti locali. Con gli assistenti alla comunicazione, in particolare per quanto riguarda alunni e studenti con disabilità sensoriali, la collaborazione potrà avvenire attraverso sistemi di condivisione delle piattaforme digitali in uso tra i docenti, in modo che gli assistenti medesimi possano operare a loro volta a distanza con gli allievi e i docenti medesimi, utilizzando il canale comunicativo più adeguato alle varie circostanze. Chiedo ai dirigenti scolastici di valutare la strada migliore per la garanzia di coinvolgimento di personale assistente alla comunicazione, il quale seppur non direttamente dipendente dall’Amministrazione scolastica, svolge un fondamentale lavoro di supporto a garanzia del diritto allo studio degli studenti con disabilità, un lavoro prezioso che non va disperso ma valorizzato e messo a frutto. Ricordo, in ultimo, che sul sito del Ministero dell’Istruzione è stata predisposta un’apposita pagina web, caratterizzata dall’essere un work in progress, dedicata proprio alla didattica a distanza per alunni e studenti con disabilità. I collegamenti e le iniziative lì proposti consentono di raggiungere e utilizzare, a titolo totalmente gratuito, le piattaforme e gli strumenti messi a disposizione delle istituzioni scolastiche e delle famiglie. Nel ringraziare, in ultimo, le famiglie degli alunni che, con pazienza e sempre silenziosamente, stanno collaborando in modo propositivo e fattivo con i docenti e con le scuole per superare le difficoltà, desidero rivolgere a tutti un augurio di buon lavoro e comunicare la mia ferma convinzione che la Scuola italiana – al netto degli impedimenti, che avremo il tempo di superare – uscirà rafforzata dalla prova che sta vivendo, per merito di tutti i cittadini che quotidianamente si impegnano, ciascuno nel proprio dovere, a renderla migliore.
Le scuole riapriranno a settembre: precedendo la conferenza stampa e il Dcpm di rito, lo ha detto oggi il premier Giuseppe Conte in un’intervista alla stampa nazionale: Conte ha spiegato che “la scuola è al centro dei nostri pensieri e riaprirà a settembre”: ha tenuto a dichiarare che la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina “sta lavorando per consentire che gli esami di Stato si svolgano in conferenza personale, in condizioni di sicurezza”. Il premier ha detto che “non siamo ancora nella condizione di ripristinare una piena libertà di movimento, non sarà un ‘liberi tutti’”. Ecco perché non si potrà tornare a maggio: “tutti gli scenari elaborati dal comitato tecnico-scientifico prefigurano rischi molto elevati di contagio, in caso di riapertura delle scuole. È in gioco la salute dei nostri figli, senza trascurare che l’età media del personale docente è tra le più alte d’Europa. La didattica a distanza, mediamente, sta funzionando bene”.
Il rientro in classe per l’avvio del prossimo anno didattico è sempre stato
ipotizzato, ma non sono mai stati approfonditi i modi in cui ciò avverrà. Anche
stavolta, commenta Orizzonte
Scuola, “non è stato chiarito ancora se si possa procedere con doppi turni,
con un’integrazione della didattica a distanza, eccetera. In buona sostanza non
è ancora stabilito in che modo possano essere rispettate le norme di sicurezza
sanitaria. Infatti, l’uscita graduale dal lockdown a partire dal 4 maggio non
sarà un ritorno alla normalità”.
Nemmeno a settembre si rientrerà nella normalità. In un intervento sulla stampa specializzata, Annamaria Palmieri, assessore alla scuola e all’istruzione del comune di Napoli, si sofferma su tanti dubbi, sinora non affrontati dai Comuni, su cui è giunto il momento di ragionare: sugli spazi, con “gli ambienti scolastici che dovranno essere predisposti in modo adeguato, specie negli spazi comuni di passaggio e nei servizi igienici o negli impianti: areazione sterilizzata, igienizzazione”; sui Bisogni Educativi Speciali, dopo che per molti ragazzi in condizioni di disagio e privi di una buona mediazione familiare l’esperienza della DaD è stata già pesante; suitrasporti, perché bisognerà investire su mobilità pubblica e tecnologie digitali, e incentivare mobilità ciclopedonale anche con azioni decise di contenimento e contrasto all’utilizzo dell’auto; susicurezza e prevenzione igienico-sanitaria, chiarendo se la spese per “mascherine e guanti per studenti e personale, sistemi di test efficaci e ripetuti” verrà coperta con “bilanci regionali fondi per il mantenimento degli standard previsti o viceversa si ipotizza che poi le spese se le caricheranno le singole scuole o i Comuni o, ancor peggio, le famiglie”; sull’inclusione sociale, perché “la scuola è anche uno degli spazi di welfare più significativi di questo Paese, spazio di inclusione per eccellenza: ad essa si affianca il lavoro del privato sociale, di tante associazioni, di tanti centri che la supportano”.
Il sindacato Anief ritiene che le istituzioni che governano la scuola e gli stessi enti locali debbano fornire sollecite risposte a questi dubbi organizzativi, da dirimere il prima possibile. Senza procedere a pericolose accelerazioni. Rimane oggettivamente impensabile ora, come ci dicono gli epidemiologi, che si possano realizzare fughe in avanti, come stanno progettando alcuni Comuni o Regioni.
Causa Coronavirus, i test Invalsi di quest’anno scolastico potrebbero
svolgersi a settembre. Le prove, riporta Orizzonte
Scuola, potranno permettere ai docenti di verificare gli apprendimenti
degli studenti relativi alla classe frequentata nel 2019/20 e potranno essere
somministrate all’inizio del nuovo anno scolastico: “Per l’avvio dell’anno
scolastico – hanno spiegato i rappresentanti dell’istituto ai componenti
della VII commissione del Senato – Invalsi sta lavorando alla messa a punto
di prove da mettere a disposizione delle scuole e dei docenti per saggiare l’acquisizione
delle competenze apprese”.
“Le prove che potremmo offrire si riferiscono a ciascun grado e potrebbero essere utilizzate nel periodo iniziale della classe successiva rispetto a quelle in cui sono previste, per dare la possibilità ai docenti di avere una bussola di riferimento che informi in modo attendibile su quanto gli studenti hanno appreso. Queste prove non rivestono funzione classificatoria e valutativa ma informativa per i docenti”, hanno concluso i rappresentanti dell’Invalsi.
“Anief – scrive il sindacato in una nota stampa – ritiene questa proposta del tutto inappropriata. Perché come si andrebbero a valutare dei contenuti che negli ultimi due mesi, e probabilmente andrà così sono alla fine dell’anno scolastico, per ovvi motivi, sono stati offerti e fruiti in condizioni non certo omogenee: come si può pensare che un maestro precario della scuola primaria, magari privo di computer e di connessione, senza avere accesso alla carta docente annuale, possa avere attuato la stessa didattica a distanza di un collega di ruolo delle superiori già esperto in teledidattica?”.
Si è insediato ieri il comitato di esperti nominato dalla Ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina per lavorare alla ripartenza della scuola dopo l’emergenza coronavirus, comitato che avrà anche il compito di portare al miglioramento del sistema di Istruzione e che è già al lavoro.
“Ho partecipato alla riunione di insediamento – spiega Azzolina in una nota stampa – e ringrazio il Professor Patrizio Bianchi, che coordina i lavori, per aver messo subito in moto gli esperti coinvolti”.
“Il comitato opererà con rapidità – assicura il coordinatore Patrizio Bianchi – ci daremo tempi stretti perché sappiamo che c’è molta attesa da parte di famiglie, personale scolastico, studenti”. Il tavolo farà velocemente le prime proposte e ha già un fitto calendario di lavori.
“Lavoreremo a come ripartire e a come farlo in sicurezza, tutelando la salute di tutti – aggiunge la Ministra -. Daremo risposte al personale, alle famiglie, ad alunni e studenti, dai più piccoli, i bambini, ai più grandi, i ragazzi dell’ultimo anno di scuola. È un lavoro delicato e importante. Abbiamo subito due priorità: sostenere le famiglie coinvolte dalla chiusura delle scuole e lavorare per garantire gli Esami di Stato del secondo ciclo, che noi auspichiamo si facciano in presenza”.
Didattica a distanza, serve almeno un assistente tecnico per ogni istituto comprensivo. È in considerazione della crescente presenza della componente digitale on line nell’offerta formativa che Anief chiede una presenza stabile del personale tecnico in tutte le istituzioni scolastiche, anche quelle in cui fino a poche settimane fa non era previsto, come le scuole che comprendo gli alunni dai 3 agli 11 anni: lo rivendica il giovane sindacato, con un emendamento proposto alla VII commissione del Senato che nei prossimi giorni esaminerà il Decreto Legge n. 22 sulla Scuola già approvato dal Consiglio dei ministri.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “la crescente presenza della didattica in modalità telematica richiede una presenza stabile del personale tecnico in tutti gli istituti, a supporto dei docenti, del personale, dei dirigenti, degli alunni e anche, seppure indirettamente, delle famiglie. Soprattutto in quelle sedi, come la scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado, dove non ci sono ancora a oggi unità di tale figura professionale. Se fino a due mesi fa era da considerare preziosa, ora la presenza di almeno un assistente tecnico informatico negli 8.200 istituti scolastici italiani, nessuno escluso, è diventata indispensabile. I mille tecnici assunti a cavallo di Pasqua, in questa fase emergenziale con decreto del Governo, fino al 30 giugno prossimo, sono solo il punto di partenza”.
Cmbia la composizione della commissione dell’Esame di Stato del secondo ciclo, dopo che la Ministra Lucia Azzolina ha firmato l’ordinanza, attuativa del decreto legge dell’8 aprile su Esami e valutazione, che in ragione dell’emergenza coronavirus e dell’impatto che ha avuto sulla scuola prevede, per quest’anno, una commissione formata da 6 commissari interni e dal presidente esterno.
“In questo modo – spiega la Ministra – gli studenti saranno valutati da docenti che conoscono il loro percorso e quanto realmente fatto durante questo particolare anno scolastico. Vogliamo un Esame di Stato vero, serio, ma che tenga conto anche delle difficoltà affrontate a causa dell’emergenza ancora in atto”, spiega.
I presidenti saranno nominati dagli Uffici scolastici regionali, i commissari dai consigli di classe. Nella composizione della commissione si terrà conto dell’equilibrio fra le varie discipline di ciascun indirizzo. In ogni caso, sarà assicurata la presenza del commissario di Italiano e di uno o più commissari che insegnano le discipline di indirizzo.
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