Pubblicato il Lascia un commento

Alternanza scuola-lavoro, si va verso il dimezzamento (e oltre) delle ore

liceali generica

Se la Buona Scuola di renziano stampo andava demolita, il primo passo sarà la completa rimodulazione dell’alternanza scuola-lavoro. Il ministro Marco Bussetti più volte negli scorsi mesi lo aveva ribadito: no alla demonizzazione di questi percorsi, ma così come sono attualmente non vanno bene. Anzi, così come saranno fino alla prossima Legge di Bilancio, la cui bozza definitiva sarà a breve chiusa per essere sottoposta alle Camere.

E oltre a Bussetti, quello del cambiare l’Alternanza è stato un cavallo di battaglia anche del vicepremier Luigi Di Maio. L’esecutivo aveva messo già mano all’Alternanza con il Milleproroghe che di fatto escludeva il percorso dai criteri valutativi per l’accesso all’esame di maturità. Salvo poi confermare che potrebbe essere argomento di colloquio orale alla terza prova della nuova maturità.

Come cambia l’Alternanza scuola-lavoro

Secondo le prime indiscrezioni, saranno profondi i mutamenti dell’Alternanza. A partire dal nome: “Percorso per le competenze trasversali e per l’orientamento”. Poi il monte ore annuale: si passerebbe dalle 400 alle 150-180 per gli istituti tecnici e istituti professionali, mentre dalle 200 alle 90 per i licei. Le modifiche potrebbero essere già valide per l’anno scolastico in corso, il 2018-19.

I tempi per i cambiamenti

Volendo abbozzare quindi un cronoprogramma, dall’approvazione della Legge di Bilancio alle Camere alla definizione da parte del Miur delle linee guida possono passare al massimo sessanta giorni. Entro inizio 2019 potremmo quindi già avere la nuova Alternanza.

Il finanziamento

Alle scuole verranno erogati fondi nei limiti necessari per il monte ore minimo. Essendo queste praticamente più che dimezzate, il provvedimento vuol dire anche quindi un notevole taglio ai finanziamenti.

Pubblicato il Lascia un commento

Allerta meteo: come si deve regolare il personale ATA?

La straordinaria ondata di vento e maltempo che ha colpito l’Italia ha portato alla chiusura in decine di città degli istituti scolastici. FederATA, nelle scorse ore ha diramato una nota per fare il punto della situazione su come si devono comportare tutti gli appartenenti al personale ATA delle scuole chiuse, tornando a chiarire quali sono secondo le leggi attuali quale sia la loro posizione in questi casi eccezionali.

“Con la chiusura della scuola – si legge – disposta per eventi gravi e/o particolari (nevicate, alluvioni, trombe d’aria, elezioni politiche ecc .) si vieta l’accesso ai locali a tutto il personale e agli allievi. Tali assenze, comprese quelle del personale ATA, non devono essere giustificate e dare origine a decurtazione economica o richieste di recupero“.

A stabilirlo è la natura civilistica e obbligazionaria del rapporto di lavoro del personale della scuola regolato dal Codice Civile. “L’articolo 1256 precisa che ‘L’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore (dipendente della scuola in questo caso), la prestazione diventa impossibile’“.

“In alcune località – spiega FederATA – si è comunque creato tra il personale interessato un certo disorientamento in merito all’obbligo di recarsi l’indomani a scuola, dovuto anche a comunicazioni inesatte e/o lacunose di addetti e/o ex sindacalisti che hanno dimostrato scarsa competenza in materia scolastica o si sono confusi con la sospensione dell’attività didattica, quando invece la scuola rimane aperta ma non si svolgono lezioni e solo il personale ATA deve recarsi a scuola mentre non lo devono fare allievi e docenti, ci sono pertanto modalità differenti di prestazioni di lavoro a seconda delle decisioni prese dagli organismi preposti (chiusura scuole o sospensione attività didattiche). Inoltre anche in caso di allerta rossa alcuni sindaci hanno deciso di tenere aperte le scuole e certi dirigenti obbligano il personale amministrativo tecnico e ausiliario a recarsi comunque al lavoro assumendosi pertanto una grave responsabilità e disattendendo precise disposizioni”.

“Dunque – secondo FederATA – permane il problema di fondo che si protrae negli anni, cioè la profonda disparità di trattamento fra i docenti e gli ATA dello stesso comparto statale che dovrebbero avere identici diritti e doveri anche e soprattutto in caso di eccezionali eventi atmosferici; infatti nel caso di sospensione dell’attività didattica gli insegnanti possono rimanere a casa senza problemi mentre gli ATA, che inoltre sovente risiedono lontano dalle loro sedi, devono comunque recarsi a scuola, affrontando anche rischi e/o disagi notevoli come è successo in questo periodo a causa dei problemi alla circolazione ferroviaria o stradale, o richiedere giorni di permesso o ferie se impossibilitati a recarsi a scuola”.

“Ci dispiace – conclude la nota – che i sindacati non abbiano nemmeno considerato questa ulteriore tematica quando hanno firmato l’ultimo contratto; ma del resto questa ennesima dimenticanza non dovrebbe stupire nessuno, poiché non hanno nemmeno avuto l’ardire di affrontare ‘l’innovazione del sistema di classificazione professionale del personale ATA’ dopo anni di promesse in tal senso, rimandando tutto per l’ennesima volta ‘convenendo di istituire una specifica Commissione paritetica’, come hanno scritto”.

“Concludiamo riportando le valide parole contenute nella circolare inviata in data 29-10-2108 dal Viminale a tutti i prefetti invitando, ovviamente in questo terribile periodo, a valutare l’opportunita’ di limitare, ‘a tutela della pubblica e privata incolumità, gli spostamenti della popolazione ed il conseguente aumento dei volumi di traffico attraverso l’adozione di provvedimenti di chiusura delle scuole e degli uffici pubblici presenti sul territorio, previe intese con l’Autorità scolastica e gli amministratori locali’ che non hanno bisogno di commenti ma solo di un sincero apprezzamento”.

Pubblicato il 2 commenti

12 novembre, ULM proclama lo sciopero nazionale insegnanti e personale ATA

insegnanti teamworking intesa

L’autunno caldo degli scioperi relativi al comparto istruzione continua: è di poche ore fa la notizia dello stato di agitazione, proclamato dall’ULM SCUOLA per il 12 novembre, manifestazione alla quale hanno aderito i comitati Nastrini Liberi Uniti, DISA 2014, Osservatorio Diritti scuola e il Comitato 8.000 esiliati fase B Docenti Immobilizzati.

L’obiettivo dello sciopero è quello di portare all’attenzione del MIUR le problematiche degli insegnanti dislocati sul territorio, che hanno la necessità di tornare nelle loro città di origine, soprattutto al meridione.

Ancora una volta, dunque, la questione territoriale è al centro: sono numerosissimi i docenti costretti al trasferimento o al pendolarismo pur di poter insegnare e inseguire il sogno di una vita. Insegnanti e personale sottoposti a stress mentale, fisico ed emotivo, perchè la lontananza da casa si fa sentire e non permette di godere appieno di una vita dignitosa e soddisfacente.

Nella nota a firma di Nastrini Liberi Uniti, DISA  2014, Osservatorio Diritti scuola, Comitato 8000 esiliati fase B, Docenti Immobilizzati gruppo fb, che appoggiano lo sciopero della ULM Scuola, si legge: “È la prima volta in assoluto che viene indetto uno sciopero con l’unica motivazione del rientro dei docenti meridionali nelle proprie terre. Ed ora più che mai, in un momento in cui la forbice delle disuguaglianze tra Nord e Sud potrebbe subire un’accelerazione proprio a partire dal sistema scolastico con l’ipotesi di avviare una regionalizzazione iniziando dalle regioni più ricche del nostro paese, è di vitale importanza essere uniti e gridare le nostre ragioni.

Abbiamo preso coscienza delle intenzioni del Ministero e del Governo emerse nell’incontro avvenuto al MIUR il 16 ottobre 2018 con una nostra delegazione di docenti e siamo molto preoccupati: nessun fondo inserito in legge di bilancio e dunque nessuna stabilizzazione di posti (unica soluzione costantemente chiesta dai docenti e veramente utile a tutte le componenti scolastiche), nessuna intenzione di aumentare in modo considerevole le percentuali riservate ai trasferimenti territoriali unita all’intenzione di realizzare un blocco triennale nei confronti del docente che otterrà trasferimento su una sede richiesta volontariamente, negando di fatto la libertà di movimento e la possibilità di riavvicinarsi a tappe nei propri territori. Dopo anni di politiche scolastiche scellerate nei confronti del personale insegnante, si continua a non voler trovare una strada ragionevole ed al contrario ancora ci si indirizza verso la scelta di canali plurimi di reclutamento ed idee che porteranno a perpetuare la guerra tra poveri in atto nel settore scolastico da decenni.

Scendiamo in piazza il 12 novembre per dire basta a tutto questo, per dire che c’è una soluzione concreta da mettere in atto ADESSO per i tanti docenti che, con un’età media intorno ai 50 anni, sono lontani dai propri territori e contesti: l’aumento della quota mobilità.

Non è necessario aspettare gennaio 2019 per dimostrare che c’è la volontà politica di affrontare un piano di rientro e non basta più essere riconosciuti solo come vittime delle politiche sbagliate del passato: i docenti meridionali desiderosi di tornare nelle proprie terre, sono comunque una risorsa e costituiscono attualmente una buona parte del personale a tutti gli effetti alle dipendenze del MIUR che deve dare loro ascolto migliorandone le condizioni lavorative con sicure ricadute positive sulla qualità del servizio reso.

E’ troppo lo scollamento tra quanto dichiarato durante la campagna elettorale ed ancora oggi ribadito nel contesto politico più ampio, e ciò che ormai sappiamo non c’è intenzione alcuna di fare.

Dobbiamo ancora una volta scendere in piazza!

Come comitati e associazioni siamo consapevoli che lo sciopero può riportare al centro del dibattito politico il nostro punto di vista che affermeremo nelle sedi opportune attraverso una ampia piattaforma programmatica.

Per questo, in continuità con le nostre lotte e con le innumerevoli iniziative portate avanti negli ultimi tre anni, aderiamo ad uno sciopero che ha come primario obiettivo rendere pubblico il disagio dei docenti esiliati e riteniamo che la posizione dell’ULM, così autoreferenziale ed intransigente rispetto al coinvolgimento nell’organizzazione e nella partecipazione allo sciopero dei comitati dei docenti esiliati ed immobilizzati, sia per noi in fondo ininfluente e secondaria rispetto alla decisione di appoggiare e promuovere tale manifestazione”.

Pubblicato il Lascia un commento

Allerta meteo e vento forte: i disagi per le scuole

Maltempo a Terracina (foto: Nexting)

L’incredibile ondata di vento e maltempo in tutta Italia ha provocato gravi ripercussioni anche sulla frequenza scolastica. Dopo i danni registrati in tutta Italia nella giornata del 29 ottobre, oggi più di un Comune ha deciso per la chiusura delle scuole. Tra questi anche città come Roma e Napoli, dove tra alberi e crolli i danni che si contano sono elevati.

Le città dove oggi 30 ottobre non si va a scuola

Tra le città più grandi, a scegliere di non mandare i ragazzi a scuola ci sono Roma e Napoli – come detto sopra – ma anche Genova, Brescia, Udine. Anche in Veneto (Belluno, Padova, Rovigo, Treviso, Venezia e Vicenza) le scuole sono rimaste chiuse. E ancora Alghero, Comacchio, Grosseto, Pordenone.

Roma: chiusi il 30 ottobre perché persiste il maltempo

L’amministrazione capitolina ha diramato ieri una nota in cui annunciava che saranno “sospese le attività educative e didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado della città di Roma.  A seguito del Bollettino di criticità idrogeologica e idraulica, della Regione Lazio, che prevede il perdurare di condizioni metereologiche particolarmente avverse, la sindaca di Roma Virginia Raggi ha infatti firmato un’ordinanza che prevede la sospensione dell’attività educativa e scolastica nelle scuole di ogni ordine e grado, compresi asili nido e scuole dell’infanzia, su tutto il territorio cittadino.  Gli istituti saranno comunque presidiati dai dirigenti scolastici e dai funzionari comunali dei servizi educativi e scolastici con l’obiettivo di rilevare e segnalare eventuali criticità. Il provvedimento si è reso necessario per prevenire situazioni di pericolosità per l’incolumità dei bambini e degli studenti, nonché per motivi attinenti alla sicurezza e circolazione stradale”.

Napoli: chiusi il 30 ottobre per le verifiche

Anche Napoli, vessata dal vento, ha optato per una chiusura in via precauzionale delle scuole. In una nota diramata in serata dall’ufficio stampa si legge: “In via di pubblicazione un’ordinanza sindacale che prevede la chiusura per la giornata di domani 30 ottobre di tutte le scuole cittadine di ogni ordine e grado. Lo ha disposto il Sindaco Luigi de Magistris per consentire l’esame dei notevoli danni della non prevista, nella sua eccezionalità, ondata di maltempo, tenuto conto della sola allerta gialla, criticità ordinaria, diramata dalla competente protezione civile.
In questa fase sarà coinvolta l’intera filiera della sicurezza nelle scuole (dai dirigenti scolastici, attraverso i loro responsabili alla sicurezza dei plessi, ai servizi tecnici delle Municipalità, alla protezione civile). Nell’ordinanza sindacale che sarà pubblicata nelle prossime ore si sottolinea l’esigenza della chiusura delle scuole, anche alla luce delle prevedibili difficoltà nella viabilità a causa dei danni registrati in molte strade cittadine”.

L’amministrazione guidata dal sindaco de Magistris ha voluto esprime il più profondo cordoglio per la tragica morte del giovane Davide Natale, morto sotto un albero ad appena 21 anni.

Pubblicato il Lascia un commento

Maturità 2019: addio alla tesina?

Marco Bussetti Miur Ministro

Il 2018 potrebbe essere stato l’ultimo anno della tesina all’esame di maturità. Lo lascia intendere il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Marco Bussetti. Intervistato dal portale Studenti.it, il responsabile del dicastero dell’Istruzione torna a parlare della riforma dell’esame di Stato. Oltre a quanto ormai è già dato certo, per la prima volta Bussetti si sbilancia sull’esame orale.

Le certezze a gennaio 2019

Si tratta di indiscrezioni che Bussetti lascia trapelare, più che altro dichiarazioni di intenti. Le certezze arriveranno all’inizio del 2019, probabilmente già a gennaio, quando saranno diffuse ufficialmente dal Miur le modalità di svolgimento della prova orale. Ma sulla scomparsa della tesina, il Ministro non ha dubbio alcuno.

Più spazio all’alternanza

Come afferma il Ministro, l’idea è quella del colloquio con la commissione d’esame che parta da diversi spunti. Non più, quindi, la discrezionalità dell’allievo nel scegliere un argomento attorno cui sviluppare il suo discorso multidisciplinare. In questo colloquio, spiega il Ministro, anche l’esperienza dell’alternanza scuola-lavoro sarà parte del dibattito.

Più valore al percorso scolastico

Del resto, l’idea perseguita dal Ministero è quella di valorizzare il più possibile l’intera esperienza di studi superiori dello studente esaminando. Quindi, l’esame rispecchierà maggiormente questa volontà del Miur targato Bussetti, così come per l’abolizione della terza prova scritta con conseguente maggior peso, sul voto finale espresso in centesimi, dell’esperienza maturata nell’ultimo triennio di studi (terza, quarta e quinta superiore).

Pubblicato il Lascia un commento

Telecamere a scuola, l’alt dell’Associazione dei Pedagogisti

videocamera di sorveglianza scuole

Il recente caso di Capurso (Bari) – con quattro maestre finite ai domiciliari per violenze sui minori – pone di nuovo al centro del dibattito la possibilità di videosorveglianza nelle scuole.

C’è un disegno di legge, il numero 2574, che è stato approvato alla Camera con 410 voti a favore. Ora la parola definitiva spetta al Senato. In quel ddl, “Misure per prevenire e contrastare condotte di maltrattamento o di abuso, anche di natura psicologica, in danno dei minori negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia e delle persone ospitate nelle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per anziani e persone con disabilità e delega al Governo in materia di formazione del personale”, è previsto l’uso di telecamere (anche a fine probatorio) per prevenire e contrastare la violenza ai danni di minori, anziani e disabili.

Il no dei pedagogisti

Fermatevi, la videosorveglianza è un pugno allo stomaco al patto educativo di corresponsabilità. Un clima sereno ed educante si raggiunge con la presenza dei genitori e il coordinamento/supervisione di un pedagogista”. Lo afferma l’Associazione dei Pedagogisti e degli Educatori Italiani in una lettera aperta pubblicata da Orizzonte Scuola.

Lede il rapporto di fiducia

Secondo quanto sostiene l’Associazione, questa scelta minerebbe il necessario rapporto di fiducia necessario per la crescita del minore tra i vari stakeholder coinvolti.

Il patto di corresponsabilità educativa, richiamato nell’art. 1, ha come condizione primaria proprio la reciproca Fiducia tra coloro che lo firmano, mentre l’installazione di videocamere a scopo probatorio rappresenta l’esatto contrario. Una prospettiva inquietante, che scava un baratro tra insegnanti e genitori, instaurando un clima di sospetti e amplificando i mille episodi di conflitto, che potrebbero essere risolti con la presenza di professionalità adeguate, capaci di creare ponti ed occasioni di incontro. Di piccoli litigi le scuole sono piene, ma se un bambino dovesse tornare a casa con un graffio, chi salverebbe la maestra dal sospetto di “violentatrice”?

Anche se si tratta di una prima sperimentazione e saranno le amministrazioni a decidere se partecipare o meno al progetto, il PDL prevede la partecipazione delle famiglie alle decisioni relative all’installazione e all’attivazione dei sistemi di videosorveglianza negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia, ma non quella degli educatori, né delle insegnanti, rimarcando ancora una volta una separazione tra due fronti contrapposti laddove, invece, sarebbe auspicabile fiducia e collaborazione. Tutto ciò impedendo la possibilità di trovare soluzioni alternative, come prevedere una maggiore partecipazione dei genitori alla vita del nido? Una maggiore loro presenza e coinvolgimento alle attività e alla progettazione educativa? Facendo sì che questi importanti servizi non siano il luogo in cui i bambini vengono lasciati come pacchi postali, per poi essere ritirati al suono della campanella. Riscoprendo fondamentali momenti di condivisione della vita del nido, nei quali spesso le educatrici fanno fatica a coinvolgere i genitori, spiegando l’importanza che la presenza e la partecipazione del papà e della mamma, riveste per la crescita del bambino, e di quanto questo possa costituire una gratificazione per la loro azione educativa.

Pubblicato il Lascia un commento

Protocollo d’intesa LILT – MIUR per portare la prevenzione dei tumori a scuola

sede Miur Trastevere Roma

Riportiamo il comunicato stampa del MIUR:

Il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Marco Bussetti, e il Presidente nazionale di LILT – Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori, Francesco Schittulli, hanno sottoscritto il nuovo Protocollo di intesa volto a promuovere nelle scuole di ogni ordine e grado modelli di informazione ed educazione alla salute, ai corretti stili di vita e alla prevenzione dei tumori. L’incontro si è svolto ieri, 24 ottobre, a Roma presso la sede del MIUR.

Il Protocollo si articolerà in convenzioni singole che daranno vita a progetti nelle scuole che coinvolgeranno la LILT Nazionale, attraverso le sue Sezioni Provinciali, in attività formative e di educazione ai corretti stili di vita.

“Tra i nostri compiti, come Istituzione, c’è quello di realizzare la prevenzione, che si basa su uno stile di vita sano, sull’educazione alimentare e sull’attività fisica. Mi fa molto piacere essere con voi oggi – ha dichiarato il Ministro Marco Bussetti rivolgendosi agli studenti presenti – perché voi sarete ‘ambasciatori’ di questa prevenzione. Dovete promettere che tradurrete in atti pratici i propositi che sottoscriviamo qui. Da oggi sarete un esempio di corretti stili di vita per i vostri coetanei, perché su questi temi l’educazione e la comunicazione tra pari possono essere estremamente utili. La firma di oggi è importante anche perché voi, insieme ai vostri docenti, sarete protagonisti di questo progetto di sensibilizzazione. Ai vostri amici e ai vostri familiari non dovrete fornire solo informazioni ma un modello di comportamento”.

“La firma di questo Protocollo è importante perché, come LILT fa già da tempo, bisogna continuare a parlare ai giovani affrontando i temi dell’educazione alla salute già dalla scuola primaria, con gli studenti, gli insegnanti e le famiglie – ha spiegato Francesco Schittulli, Presidente nazionale LILT -. Con i ragazzi è importante parlare e confrontarsi, insegnare loro ad alimentarsi correttamente, a non fumare, ma anche che bisogna imparare a conoscere il proprio corpo e controllarsi periodicamente. In questi anni sono in aumento le diagnosi di tumore, però la mortalità è in calo, proprio grazie all’educazione alla prevenzione e alla possibilità di fare diagnosi precoci”.

Le attività previste dal Protocollo si tradurranno in progetti che vanno dalla formazione per gli insegnanti, alle attività di sensibilizzazione verso gli studenti, declinate diversamente in base all’età, verso le loro famiglie, passando anche attraverso laboratori tirocini.

L’obiettivo è creare una rete di comunicazione e di dialogo, multidisciplinare e articolata all’interno della scuola, della famiglia e della società, per trasmettere i concetti della prevenzione. Oltre ad una maggior consapevolezza in termini di educazione alla salute, la partecipazione dei giovani a queste attività ha l’obiettivo parallelo di incoraggiarli a unirsi ad attività di volontariato, grazie alla quale tante associazioni come LILT riescono a portare avanti le proprie attività, e che può essere occasione di crescita personale e sociale per i ragazzi.

Tutto questo in continuità con gli obiettivi raggiunti dal precedente Protocollo del 2015, che ha portato a una convenzione per la realizzazione di “Guadagnare Salute con la LILT”, ancora in corso. Alcuni successi di questo progetto sono stati presentati ieri con l’intervento di Sandra Bosi, Responsabile organizzativa del progetto di cui era capofila la Sezione provinciale LILT Reggio Emilia, e la partecipazione di alcuni ragazzi delle scuole, che hanno spiegato nel concreto come avviene l’attività di formazione con gli insegnanti ma soprattutto quella di educazione tra pari, per diffondere comportamenti corretti tra gli stessi ragazzi.

Pubblicato il Lascia un commento

I sindacati in Val d’Aosta: mancano insegnanti nelle scuole paritarie

insegnanti docenti immissione in graduatoria

Mancano gli insegnanti. Ma non nella scuola pubblica, bensì a causa della scuola pubblica. L’inusuale denuncia arriva dalle sigle sindacali della Val d’Aosta FLC Cgil, Cisl Scuola, SAVT ÉCOLE e Snals che attraverso una nota stampa manifestano l’intenzione di sottoporre all’attenzione della amministrazione scolastica regionale il tema delle abilitazioni per il personale docente delle scuole secondarie paritarie.

“In seguito al concorso riservato del 2018 – si legge nel comunicato congiunto – numerosi insegnanti abilitati sono già migrati verso i ruoli regionali della scuola pubblica e molti altri ancora nella graduatorie regionali di merito, verosimilmente, lo faranno nel prossimo futuro. Nel frattempo le scuole paritarie sono dovute ricorrere all’assunzione di nuovi insegnanti, talora senza abilitazione e quindi in deroga alle disposizioni della Legge 62/2000.

Una scelta che però va a scontrarsi con quanto sancito dal Decreto Dignità: “Le scuole investiranno sulla formazione di questi nuovi docenti nell’incertezza che essi possano abilitarsi in tempo utile, perché nel frattempo le disposizioni del decreto dignità hanno ridotto a 24 mesi il termine massimo per la reiterazione dei contratti di lavoro a tempo determinato”.

Per le scuole paritarie – secondo i sindacati – si intravede di fatto una vera e propria emergenza.

“La normativa attualmente – spiegano – in vigore per il reclutamento e la specializzazione degli insegnanti di scuola secondaria, il d. lgs. 59/2017, prevede una procedura apposita per la specializzazione degli insegnanti in servizio nelle scuole paritarie, i quali possono iscriversi ai percorsi di specializzazione (I° anno di FIT) in soprannumero rispetto agli aspiranti che hanno vinto il concorso ordinario per la classi di concorso in questione (art. 15, comma 3 del d.lgs. 59/2017), ‘nell’ordine di una graduatoria stabilita sulla base di un test di accesso gestito dalla università interessate'”.

Chiudono così la nota, chiedendo immediate soluzioni, gli scriventi: “Si pongono adesso due importanti questioni: da una parte il ritardo del Ministero nel bandire i concorsi ordinari e dall’altra in quale modo consentire la specializzazione degli insegnanti in servizio nelle scuole paritarie su classi di concorso per le quali non verrà bandito il concorso ordinario a causa dell’insufficiente fabbisogno,oppure su classi di concorso che non sono presenti nella scuola pubblica valdostana”.

Pubblicato il Lascia un commento

Capurso (Bari): quattro insegnanti ai domiciliari con l’accusa di maltrattamenti sui bambini

bari capurso maestre frame carabinieri

Strattoni, schiaffi, minacce verbali e altro ancora, tutto documentato con telecamere nascoste in fase di indagine dai carabinieri: per questi motivi quattro insegnanti di una scuola materna di Capurso (Bari) sono state raggiunte da un’ordinanza cautelare agli arresti domiciliari.

I fatti a cui si fa riferimento sono tutti relativi all’anno scolastico 2017-18. Protagonisti bambini di tre anni.

Le maestre accusate

Sono quattro le insegnanti che dovranno rispondere dei presunti gravi maltrattamenti perpetrati nei confronti dei bambini. Sono tutte donne e maestre di età compresa tra i quarantasette e i sessantatré anni.

I maltrattamenti

Secondo quanto sostengono i militari dell’Arma, dopo le ricostruzioni e avvalendosi delle immagini delle telecamere nascoste installate nel complesso didattico, “le quattro maestre, sia autonomamente che talora in concorso, nell’anno scolastico 2017/2018, rendevano dolorose e mortificanti le relazioni con i bambini, a loro affidati per cura ed educazione, assumendo comportamenti vessatori e violenti nei loro confronti”.

Dal video è possibile evincere alcuni atteggiamenti “troppo energici” e che descriverebbero esattamente il quadro accusatorio messo in piedi dai Carabinieri. Spintoni e bambini tenuti per la testa sul banchetto, ad esempio.

A questo si aggiunge quanto comunicato dai Carabinieri stessi in una nota stampa.

Le maestre, in maniera sistematica, per esercitare la loro funzione di insegnante, hanno assunto nei confronti dei bambini comportamenti violenti, spintonandoli, strattonandoli, a volte, trascinandoli fino a farli cadere e/o urtare ed, in alcuni casi, percuotendoli con schiaffi alle braccia e sul volto. Ai piccoli, veniva imposto di rimanere con il capo riverso sul banco, in posizione sottomessa ed, in caso di rifiuto, costretti con forza a tenere tale posizione. Altre “punizioni” consistevano nell’imporre ai bambini a rimanere in un angolo della classe con il volto rivolto verso il muro, a volte, con le mani dietro la schiena, per periodo prolungati.

Le maestre hanno anche minacciato i bambini, intimorendoli che “sarebbero stati legati con la corda – che avrebbero avuto le botte – che sarebbe stato portato in caserma dai Carabinieri dove un cane gli avrebbe dato un morso”, oltre a mortificarli platealmente, ed offendendoli con frasi: ”monelli, cattivi, scostumati, maleducati, monellaccio di strada, rimbambiti, pappamolli”.

Spetterà ora all’eventuale processo stabilire l’incontrovertibile verità su come sono andati i fatti.

Pubblicato il Lascia un commento

“Missione” insegnanti, viaggio nel napoletano – Quartieri Spagnoli

quartieri spagnoli di napoli

Napoli è una delle città più complesse dove crescere. Lo dicono i rapporti, l’escalation della fenomenologia delle baby-gang, gli incontri e i piani straordinari che si sono susseguiti negli anni, lo dicono anche i risultati Invalsi che vedono la città partenopea come fanalino di coda dell’intera Nazione. 

Cosa vuol dire essere insegnante a Napoli e in provincia? Abbiamo deciso di metterci in macchina con Corrado Matacena, imprenditore dell’omonimo gruppo di promozioni editoriali, e il suo staff nei suoi giri per la città a visitare scuole e distribuire libri. In questa quarta tappa del nostro viaggio, torniamo nel ventre di Napoli, più precisamente nei Quartieri Spagnoli.

***

Benvenuti nel cuore pulsante della Napoli storica, scoscese strade che dal nobile Corso Vittorio Emanuele scendono giù fino alla nobile via Toledo: i Quartieri Spagnoli. Un tempo alloggio dei militari iberici (da cui il nome) di stanza a Napoli, nei Quartieri oggi vivono circa 14mila persone per un totale di 4.000 famiglie dislocate su una superficie di circa 800.000 metri quadrati.

Quartiere dalla spiccata indole popolare, vive in questi anni una profonda trasformazione, in linea con tutta la città partenopea, che lo stanno trasformando da luogo “pericoloso” a luogo turistico. Vuoi perché è un presidio di napoletanità vero e corale, vuoi perché tra i palazzi che sembrano accavallarsi l’uno sull’altro si nascondono bellezze di rara fattura, vuoi perché la stazione Toledo – la più bella stazione metropolitana d’Europa – ha di fatto piazzato i Quartieri negli itinerari di visita dei viaggiatori.

Da un punto di vista meramente sociale, però, bisogna dire che il rilancio dei Quartieri passa soprattutto – e forse questo è l’aspetto meno riconosciuto – per un lavoro ormai datato nel tempo di educazione dei ragazzi. Questo è un luogo in cui la longa manus della malavita è stata una cappa opprimente per decenni. Ed è un luogo in cui gli insegnanti sono stati il primo baluardo per cercare di arginare le devianze giovanili. In un luogo a metà tra la nobile Partenope e quella avvezza a essere lontana dallo Stato, le immagini dei panni stesi tipiche di questa città si mescolavano a quelle dei ragazzini a tre in motorino senza casco in tenerissima età. E le sacche di resistenza ci sono ancora, sia chiaro. Per questo, docenti come quelli del D’Aosta o del Paisiello, per dire quelli che abbiamo avuto modo di conoscere e apprezzare personalmente, continuano nel loro lavoro di recupero, attraverso la cultura, delle fasce più giovani della popolazione. Che oggi convivono con i turisti rifugiati nei B&B e gli studenti fuori sede che si allontanano da un centro storico sempre meno a loro portata di tasca.

Se oggi i Quartieri si stanno presentando con un nuovo aspetto, già lontano negli anni questo seme di speranza era stato piantato. E non certo dagli amministratori spesso disattenti, ma dagli educatori che – con le associazioni – hanno vissuto e continuano oggi a vivere il territorio.

L’inchiesta Mondodocenti “Missione” Insegnanti a Napoli

Leggi la prima puntata – Giugliano
Leggi la seconda puntata – Centro Storico
Leggi la terza puntata – Pianura